Chi mi dice devo farne del pisellone di Luca? La mamma di un autistico chiede aiuto
Lo so il titolo può gettare nel panico, ma è quello che mi ha scritto una delle mie più care amiche-colleghe: Marina Viola da da Boston…Nemmeno io che sono maschio e ho un figlio maschio ho saputo risponderle, per fare lo sciolto le ho risposto: “Affidalo a qualche tua amica!”, consapevole che non è una risposta. Ma quando nessuno ha risposte ci si può anche lasciare andare a facezie idiote. P.S La lettura è sconsigliata alle persone particolarmente sensibili.(GN)
“Gianna non perdeva neanche un minuto per fare l’amore!”, urla l’iPad di Luca. È la sua frase preferita di tutta la canzone, cosa che mi fa pensare che forse l’italiano non è una lingua poi così straniera per lui. “Amore” è come lo chiamano mia mamma e mia sorella Anna, per cui credo che poco abbia a che fare con erotismo o robe del genere. Eppure, non c’è dubbio: anche lui ha i suoi bisogni sessuali. Mi viene da dire purtroppo, perché per persone come mio figlio, che non sa neanche lavarsi i denti da solo, è molto complesso incontrare una persona, fare la corte, baciarla e poi convincerla ad andare di sopra a vedere la collezione di farfalle sperando che una cosa tiri l’altra. La sessualità delle persone disabili, poi, è il tabù dei tabù.
Essere autistico significa avere gravi problemi di comunicazione, significa non capire le regole sociali, significa spesso (ma non nel suo caso) avere difficoltà sensoriali molto pronunciate: essere abbracciati, toccati o soltanto annusare certi odori e assaggiare certi sapori può scatenare in loro reazioni di panico o di fastidio. Non c’è nulla di più sensoriale dell’atto sessuale, niente di più intimo e comunicativo. Ma mettiamo anche che per magia riuscissero a superare tutti questi ostacoli, chi vorrebbe fare l’amore con una persona disabile? A volte, malgrado la stazza o il carattere tutt’altro che facile, non so perché, le persone come mio figlio non sono molto seducenti, ma fanno tenerezza, perché sono così innocenti. Tenerezza un corno, tra l’altro: provate voi a pulire la stanza cosparsa di cacca di Luca alle 3 di notte mentre lui, bello sporco, ride. Eppure, non c’è nulla da fare, per chi non li frequenta sono come degli angeli, e quindi, tra le altre cose, anche asessuati.
Angeli teneri che però fanno una certa impressione, a volte addirittura schifo, per esempio quando sbavano un po’, o quando si mettono le mani nelle mutande e poi ti rubano il telefono per fare la foto. Diciamocelo: in generale i miei amici autistici non sono persone particolarmente sexy. Malgrado questi ostacoli, purtroppo quindi la loro disabilità non intacca il loro desiderio sessuale, che invece si sviluppa normalmente. Almeno, non intacca quello di Luca, che infatti è ossessionato dalla voglia di toccarmi i capelli, di abbracciarmi, di avere contatto fisico con me: “Lie down! Lie down!” mi implora ogni volta che entro in camera sua. Tutti alzano le sopracciglia in disgusto, ma credo che si tratti davvero di un desiderio incestuoso senza però la cognizione di cosa significhi. Lucas segue semplicemente i suoi istinti.
Ricordo con ansia la sua prima erezione: era estremamente confuso, correva (a modo suo) da una parte all’altra della casa con gli occhi spaventati senza capire cosa stesse succedendo e senza sapere cosa fare per affrontare questa incredibile situazione. Il mio istinto sarebbe stato quello di spiegargli, fargli vedere come fare. Ma poi cosa vuol dire, che molesto mio figlio? È compito mio spiegargli cosa fare? Io sono una brava ragazza, di estrazione borghese e cattolica: non ho gli strumenti per insegnare a mio figlio a masturbarsi. Per cui ero anche io a penare con lui, a dirgli di non preoccuparsi, di andare in camera sua, chiedersi dentro e togliersi i pantaloni. Troppi passaggi perché lui capisse cosa gli stessi chiedendo, e troppo nel panico per fermarsi un secondo ad ascoltarmi.
Poi con il tempo, ha trovato il suo modo di gestire quella parte strana del suo corpo, e si è calmato, per fortuna. E per fortuna, senza che io gli dovessi spiegare nulla, ha capito che è una cosa che si fa privatamente, in camera propria con la porta chiusa. Questo, ovviamente, non vuol dire che ha imparato ad uscire dalla propria stanza senza vestiti: se ne scendeva le scale, tranquillo come una Pasqua, con il suo gioiello di famiglia bello in mostra, e quando gli chiedevo di tornare in camera sua a vestirsi, tornava dopo una decina di minuti con una calza e una scarpa, perché non capiva cosa non potesse mostrare, o perché. Adesso, invece ho imparato a essere più specifica a e dirgli di mettersi le mutande e devo dire che la maggior parte delle volte funziona.
Ho passato vent’anni a parlare con medici, psicologi, terapisti, direttori di scuole per leggere il libretto delle istruzioni di una persona autistica. Si è parlato di tutto e l’obiettivo era sempre lo stesso: come insegnare a un essere umano diverso da noi a comportarsi adeguatamente in questo mondo. Abbiamo iniziato dalle cose più rudimentali: si saluta, ci si guarda negli occhi, non si scappa dai genitori. E siamo andati avanti su quella strada, senza pensare, nessuno di noi, a come affrontare la sessualità di mio figlio.
So che ci sono terapisti apposta, che ci sono tecniche e diverse metodologie per aiutarlo. Nessuno mi ha mai proposto nulla, e quando ho chiesto, chiedendole se secondo lei questa compulsiva voglia di toccarmi sia dovuta alla mancanza di rapporti sessuali, la terapista è scoppiata in una risatina un po’ imbarazzata e mi ha detto: “Ma, non so, sicuramente trovi qualcosa in Internet…Chiedo alla mia capa…Non saprei…”.
Lancio dunque un appello: Mi piacerebbe sapere se qualcuno ha affrontato questo tema, e come. La vostra esperienza potrebbe aiutare altre persone in difficoltà.
Ringrazio in anticipo e saluto cordialmente.
Marina Viola
http://pensierieparola.blogspo