Quando sale la paura che nostro figlio autistico sia vittima di un abuso sessuale
Se c’è una cosa che mi fa incazzare è dovermi occupare dei miei figli dopo una certa ora. Voglio dire: passo le giornate a ritagliare fazzoletti di tempo per lavorare nei momenti in cui sono impegnati, altrimenti sono a loro completa disposizione. Ma dopo aver cenato, fatto la cucina, aver dato la buonanotte, non voglio sentire neanche la loro presenza. Lo so, sono una mamma antipatica. Pazienza.
L’altra sera eravamo io e Dan tranquilli a vedere la tele e arriva Luca pieno di cacca. Spegniamo la tele, sacramentando, e mentre Dan lo porta a fare una doccia io prendo il moccio e un sacchetto della pattumiera e mi fiondo in camera sua a pulire. Quando Luca e Dan tornano in camera, Luca comincia a dire: “SHHH QUIET! PENIS!”, e si tocca il pisello con un’aria un po’ preoccupata.
Mi si è congelato il sangue nelle vene. Sì, perché anni fa tornava a casa e diceva la stessa cosa e io e Dan abbiamo creduto (io non avevo dubbi) che fosse stato molestato sessualmente dall’allora guidatore del pulmino (con cui era da solo) o dal terapista maschio che denudava Luca e lo chiudeva in bagno con lui (“per insegnargli ad andare in bagno) o da qualche insegnante a scuola. Avevamo fatto talmente tanto casino, che il distretto scolastico aveva allontanato il terapista, aveva aggiunto una persona in un pulmino nuovo con un nuovo guidatore e la scuola aveva assicurato che con tutte le videocamere in giro anche volendo nessuno avrebbe potuto fare nulla. Infatti, Luca aveva smesso di toccarsi le parti più intime e aveva anche smesso di dire QUITE, PENIS! Aveva anche smesso di piangere ininterrottamente.
E l’altra sera l’ha ridetto, per la prima volta.
Non credo, a dire il vero, che qualcuno stia abusando di Luca: a scuola ci va molto volentieri, conosciamo tutti gli insegnanti da anni, ed è lampante il fatto che tutti sono molto affezionati a mio figlio, che si fa sempre voler bene. Non ci sono nuovi terapisti né a casa né a scuola, per cui non è cambiato nulla.
Per precauzione e anche per sentirci rassicurati, Dan ha comunque mandato un’email ai suoi insegnanti per spiegare la situazione. Tutti e tre lo hanno immediatamente chiamato tranquillizzandolo che a scuola Luca non è mai solo con una persona, e che loro non lo hanno mai sentito dire una cosa del genere. Hanno anche detto che capiscono perfettamente il terrore che i genitori hanno quando una persona come nostro figlio è completamente nelle mani di persone che potrebbero fargli del male, e ci hanno invitato a passare un po’ di tempo a scuola con loro per capire bene come è la routine di Luca. Questo, dicevano, ci avrebbe certamente rasserenati. Sono stati molto carini, a dire il vero.
Il fatto è che, malgrado la loro gentilezza e la loro apparente sincerità, il dubbio rimane sempre: mica tutti quelli che molestano i ragazzi come i nostri hanno la faccia da mostri o si comportano in modo strano. Sono tanti i pedofili che si nascondono dietro alle belle maniere. Questo dubbio, questa vulnerabilità mi trafigge il cuore. Se avessi avuto dei dubbi che qualcuno abusasse di una delle mie due figlie, avrei potuto chiedere a loro, informarmi, denunciare, mandare della gente in galera. La loro scuola manderebbe degli avvisi a casa, ci sarebbe un casino pazzesco. Ma per i ragazzi come i nostri, che spesso non vengono neanche creduti, non ci sono che parole consolatorie, e l’assicurazione che la scuola non c’entra nulla. L’ho detto altre volte e non mi stancherò mai di ripeterlo: la disabilità più atroce dei nostri figli è proprio la loro vulnerabilità. Anche quando ci vengono a dire una cosa del genere, la loro parola vale sempre meno di quelli che lo contraddicono, anche perché se chiedo a Luca: “Ti pace la scuola?” mi risponde di sì e poi lo richiedo dopo tre secondi e mi risponde di no, per cui non si capisce mai niente.
Nell’ultimo articolo parlavo di come le persone disabili non hanno accesso a una vita sessuale, e mi chiedo se questa è l’unica vicinanza a un rapporto sessuale che hanno a disposizione. Sarebbe veramente una tragedia se così fosse.
Riporto questo studio fatto da The World Organization:
“Una ricerca sulla prevalenza e il rischio di violenza nei confronti delle persone con disabilità, pubblicata nel 2012, mostra che i bambini con disabilità hanno quattro volte più possibilità di essere abusati rispetto ai loro compagni non disabili. Lo studio rivela che bimbi con disabilità hanno 3,7 più possibilità di essere vittime di qualsiasi tipo di violenza rispetto ai bambini senza disabilità, 3,6 più possibilità di essere vittime di violenza fisica, e 2,9 più possibilità di essere vittime di abusi sessuali. I bambini con disabilità mentale sembrano essere tra i più vulnerabili, 4.6 più possibilità di essere abusati sessualmente rispetto ai bimbi della loro età non disabili. […] Alcuni dei fattori che rendono i bambini disabili più vulnerabili sono: stigma, discriminazione, ignoranza nei confronti della disabilità e mancanza di supporto sociale per chi si occupa di loro. Inserire persone con disabilità in istituti aumenta la loro vulnerabilità alla violenza. In questi ambienti e in altri, persone con problemi comunicativi hanno pochi strumenti per denunciare esperienze abusive.”
Per cui, sarebbe importante che anche le persone con disabilità abbiano accesso a un’educazione sessuale, per quanto possibile e che abbiano almeno gli strumenti per farci sapere se succede qualcosa. E che la popolazione mondiale impari qualcosa rispetto al mondo delle persone disabili. Ma ho la sensazione che tutto stia andando molto lentamente e mi sembra che importi solo a noi genitori.
Ho abbracciato Luca, gli ho dato la buonanotte, ho spento la luce e me ne sono andata a letto.
A piangere, tanto per cambiare.
Marina Viola
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