Quell’intuizione di Borges sul “Cervello ribelle” Ireneo Funes
Ancora una rilettura di un classico della letteratura: “Funes, l’uomo della memoria” di Jorge Luis Borges, racconto nel quale il protagonista mostra aspetti di neurodiversità.
Mi disse che il ragazzo del vicolo era un certo Ireneo Funes, noto per alcune stranezze, come quella di non frequentare nessuno e quella di sapere sempre l’ora come un orologio.
Ireneo, rimasto paralizzato a seguito di una caduta da cavallo, acquisì delle sorprendenti qualità, quali la memoria prodigiosa e la sinestesia, ossia la fusione in un’unica sfera sensoriale delle percezioni di sensi distinti.
Noi in un colpo d’occhio percepiamo tre bicchieri su un tavolo. Funes, tutti i rami e i grappoli e i frutti di un pergolato. Sapeva le forme delle nuvole australi dell’alba del 30 aprile 1882 e poteva paragonarle nel ricordo con le venature di un libro rilegato in pelle che aveva visto una sola volta o con il tracciato di schiuma che un remo sollevò nel Rio Negro alla vigilia dell’impresa del Quebracho.
Ogni nostra attività percettiva può essere considerata un’attività sinestesica; infatti, anche se le diverse modalità sensoriali vengono di solito studiate separatamente, la percezione avviene per lo più sinesteticamente, in quanto la maggior parte degli stimoli eccitano più di un canale sensoriale e ognuno di noi “percepisce insieme” suoni, colori, odori e sapori.
La forma più frequente di sinestesia è quella musicale. C’è poi una sinestesia cromatica per le lettere dell’alfabeto, i numeri e i giorni della settimana.
Francis Galton, tristemente famoso per le sue idee sull’eugenetica, è stato il primo a dare delle descrizioni sistematiche sulla sinestesia. Gli studi sulla costruzione di immagini mentali lo portarono a scoprire che alcuni individui vedevano certi numeri di un colore particolare, sempre lo stesso, a prescindere dal fatto che lo stesseo guardando o solo immaginarlo. Al principio Galton attribuì il fenomeno alla semplice immaginazione, ma ben presto si convinse che si trattava di un fenomeno fisiologico. Negli anni ’80 Richard Cytowic effettuò i primi studi neurofisiologici su soggetti sinestetici nei quali dimostrò che, in concomitanza con l’esperienza sinestetica, si attivavano nel cervello aree sensoriali diverse.
Recentemente tecniche di neuroimaging funzionale hanno dimostrato che quando i sinesteti associano dei colori come risposta alla musica o al linguaggio verbale, si attivano delle specifiche aree del cervello per un eccesso di arruolamento di connessioni neurali. Questo eccesso di connessioni è fisiologico nei primi anni di vita, dopo di che si opera una specie di “potatura” che interrompe la comunicazione tra aree diverse, distanti tra loro.
La sinestesia coinvolge un gruppo di geni, alcuni dei quali particolarmente significativi che possono essere trasmessi in toto ai discendenti di una stessa famiglia. Si parla di quattro regioni correlate con la suscettibilità alla sinestesia, tra cui quella sul cromosoma 2, correlato all’autismo.
Diversi studi avevano rilevato un’aumentata prevalenza della sinestesia nei soggetti autistici suggerendo che, nonostante non siano sempre collegate, le due condizioni si verificassero in contemporanea più spesso di quanto ci si era potuto aspettare. Nel 2017 uno studio condotto da esperti di fama mondiale, tra i quali il professor Simon Baron-Cohen, direttore del Centro di Ricerca sull’Autismo, ha tentato di dimostrare un legame definitivo tra le due condizioni.
La sinestesia e l’autismo appaiono in superficie come aspetti piuttosto diversi tuttavia, in entrambe le situazioni, si rileva una eccessiva sensibilità sensoriale: ad esempio, un’avversione verso certi suoni e luci normalmente non fastidiosi. In entrambi i casi i soggetti sperimentano sensazioni sensoriali simili nonostante chiare differenze nelle capacità comunicative e nelle abilità sociali.
La sinestesia è stata tradizionalmente considerata più un dono che una menomazione; lo stesso non è mai stato affermato l’autismo. La ricerca del 2017 ha mostrato che le due situazioni hanno molto più in comune di quanto si sia pensato in precedenza e che molti dei tratti sensoriali che le persone autistiche possiedono si trovano anche in coloro che sperimentano la sinestesia. La possibile associazione tra autismo e sinestesia potrebbe essere d’aiuto per comprendere meglio alcuni aspetti della neurodiversità, quali la sindrome savant.
Gabriella La Rovere
I collegamenti concreti tra i sintomi dell’autismo e della sinestesia sono stati scoperti e chiariti per la prima volta, secondo una nuova ricerca degli psicologi dell’Università del Sussex.
Lo studio, condotto da esperti di fama mondiale in entrambe le condizioni presso il Sussex e l’Università di Cambridge e pubblicato sulla rivista Scientific Reports (clicca qui per lo studio).