Solo a “L’ isola che non c’è” tutto funziona a meraviglia per gli autistici
Giorni fa ho pubblicato una serie di messaggi a mio indirizzo. Mi si accusava di “sciacallaggio” per aver accennato alla vicenda tragica della madre figlicida e suicida di cui si sono ampiamente occupate tutte le cronache. Tra i tanti che ne hanno scritto il mio difetto era, a detta di chi mi dava dello sciacallo, di aver potuto far intendere che il gesto fosse causato da una disattenzione sociale e istituzionale specifica della Sardegna. Premesso che mai mi sono sognato di pensarlo, ma nemmeno l’ho fatto intendere, ho accettato di confrontarmi con queste persone. Sono restato e resto della convinzione però che dietro a tante reattività ci fossero questioni di gestione dell’associazionismo di famiglie di soggetti disabili tipicamente insulari che probabilmente non immaginavo, o potevo forse avere solo intuito. (la storia del centro fantasma per autistici). Mi ero ripromesso di non occuparmene più, quello che volevo dire come sempre l’avevo ampiamente già detto e alla fine mi riguardano poco le beghe locali.
Certo è che sentirmi dare dello sciacallo è per me una cosa nuova, sentirmelo dire poi su un argomento come la disabilità che tratto da anni con l’attenzione di chi è vicino al problema, sinceramente non mi è ancora andato molto giù. Soprattutto ho trovato singolare che proprio le due persone che mi tartassavano su Facebook accusandomi di cercare visibilità sulle disgrazie, erano lo stesso giorno ampiamente presenti in intere pagine dei giornali locali ( Titolo1 – Titolo2 ) a commentare la stessa tragedia, ma per raccontare quanto tutto funzionasse bene nelle rispettive associazioni.
Non discuto sull’opportunità di farlo o meno, credo nel diritto di esprimere opinioni, ma non accetto che si insinui in me malafede, almeno su questo tema. Per questa ultima ragione mi sento di aggiungere al giudizio di quanti hanno seguito la storia in queste pagine la lettera che pubblico qui sotto. L’ha scritta come commento Speranza Ortu, che una volta ho conosciuto come costruttrice di barche. Mi fa capire un punto di vista differente dalle certezze di chi ce l’aveva con me. Nulla di nuovo d’altronde, è così ovunque per noi autistici, per cui isole felici ancora non esistono. Con la buona volontà e la tenacia si può tentare di migliorare, purché nessuno punti il dito e dica di essere il più bravo di tutti. (GN)
PS
adesso per piacere non ricominci da capo il coro degli indignati; ancora siamo tutti cittadini dello stesso paese e viviamo tutti le stesse miserie come pure gli stessi splendori
Mi accingo a scrivere con grande fatica dopo un episodio così tragico, ogni volta che accadono simili avvenimenti si rinnova il dolore, la sofferenza per alcune situazioni conosciute abbastanza da vicino. Ma di questa tragedia non voglio parlare, ringrazio Mirella Vezza per le sue commoventi parole e accolgo il suo invito a fare silenzio. Non voglio neanche difendere Gianluca Nicoletti, al quale esprimo tutta la mia stima, non ha certo bisogno di essere difeso da me, condivido ogni parola di ciò che ha scritto, è una persona di grande spessore culturale e ha dialettica da vendere per difendersi dalle meschinità postate su Facebook. Condivido in pieno anche ciò che ha scritto Benedetta Demartis “dobbiamo costruire i supporti per il sostegno alla persona e alla famiglia”.
Di una cosa mi sento però di parlare, per fare finalmente chiarezza e cioè di come stanno veramente le cose in Sardegna. A quanto pare sono in molti e proprio in Sardegna ad ignorare cosa sia la realtà sarda, soprattutto quelli che continuamente sventolano cifre come vessillo (i milioni di euro che la Regione Sardegna spende per la disabilità) e non perdono occasione per dare dell’ignorante agli altri. Hanno la presunzione di avere la verità in tasca e di sapere solo loro cosa è utile o inutile per l’autismo e non sanno dove sta di casa il rispetto. é vero la Sardegna stanzia parecchi soldi per la disabilità e ad onore del vero il “ritorno a casa” che riguarda le disabilità più gravi, come le patologie degenerative, è tra i progetti migliori che la nostra regione abbia messo in atto. Purtroppo altra cosa è l’autismo, non funziona così bene per l’autismo. Abbiamo un centro di eccellenza al Brotzu di Cagliari, per i Disturbi pervasivi dello sviluppo, ci sono alcuni centri convenzionati, alcuni privati totalmente a carico delle famiglie, che offrono il servizio di terapie cognitivo-comportamentali. Tutto questo è a macchia di leopardo come è in fondo tutta la sanità sarda.
Questi servizi si trovano sparsi in diversi punti dell’isola che in genere corrispondono ai più grandi centri urbani. C’è chi vince e c’è chi perde, chi ha la fortuna di abitare vicino a questi centri ha accesso alle terapie, chi invece abita nel paesino sperduto, soprattutto della provincia di Nuoro, è già un miracolo se riesce a fare qualche seduta di logopedia e magari dopo qualche ora di macchina per raggiungere il centro più vicino. Tuttavia vedere tutto nero e dire che non funziona niente non è giusto ma non è onesto nemmeno raccontare la favoletta di come in Sardegna funziona a meraviglia perché danno i soldi se poi non ci sono i servizi.
E’ un insulto per quelle famiglie che fanno fatica ad avere accesso alle terapie, per quei bambini che si vedono tagliare le sedute bruscamente perchè ai convenzionati viene ridotto il budget, è un insulto per quelle centinaia di bambini che aspettano una presa in carico globale e che stanno ancora in lista d’attesa. Potrei continuare la lista nera con le equipe multidisciplinari che non ci sono, nonostante siano previste dalle linee d’indirizzo, con il servizio di NPI che non riesce a fare gli incontri con le scuole per i progetti individualizzati, perché non ha ore a sufficienza ecc. ecc.
A chi si lamenta che ci sono caregiver che trascorrono più di tremila ore in sala d’attesa per le terapie dei propri figli e giustamente chiedono un riconoscimento, vorrei ricordare che molti genitori vorrebbero unirsi a questa rivendicazione quando riusciranno finalmente ad avere accesso alle terapie. Bisogna stare attenti a non rappresentare solo se stessi o al massimo i pochi fortunati come loro. Ora se queste persone anzichè perdere tempo ad insultare e aggredire verbalmente su Facebook, appena qualcuno fa notare qualcosa che non va, tornassero sulla terra, sulla nostra terra, l’isola che c’è, quella reale, cominciassero a guardarsi bene intorno, forse anche loro capirebbero meglio la realtà sarda. Allora finalmente potremmo incontrarci e parlare seriamente di autismo, di tutti gli autismi nessuno escluso e di cosa serve.
Speranza Ortu
Presidente di ANGSA Sardegna Onlus