Marina Viola: sempre alla ricerca del diurno perduto….
Siamo andati a visitare il penultimo centro diurno nella nostra piccola lista.Questa volta non ho neanche fatto nessuna ricerca su Google, perché pensavo che quello che avevamo visto la settimana scorsa sarebbe stato il posto perfetto per mio figlio. Mi era piaciuto il fatto che gli utenti arrivavano in una stanza accogliente, che si sedevano per fare il “morning meeting”, in cui si discuteva il tempo, le opzioni del giorno e se si aveva passato una bella nottata, e poi si decideva cosa fare durante la mattinata. Dopo di ché ogni individuo usciva a fare delle avventure locali o non, e poi ci si incontrava a pranzo. Mi sembrava un modello perfetto.
Per la Florida, forse, dove ogni giorno ci sono 27 gradi e tutti sono contenti. Qui nel New England, per quattro mesi si vive a una decina di gradi sotto zero, e quando non si può uscire, mi chiedo come tutti e venticinque gli utenti possano stare in uno spazio grande come la mia sala senza nessuna attività programmata.
Per qui questa mattina quando io, Dan e Adam, l’insegnante di Luca, ci siamo incontrati nella reception di Walnut Street Center, speravamo in un modello diverso. Michael, un 35enne con i capelli biondi lunghi legati e con la faccia di Kurt Colbain ci ha spiegato come il programma funziona: le uscite mattutine cambiano tutti i giorni, per cui una volta si va all’acquario, una volta al cinema, una volta allo zoo, una volta in biblioteca, ogni tanto, chi vuole, fa del volontariato. Ma se qualche individuo decide di rimanere in sede ha comunque molte scelte. Mentre ci mostrava un centro di super lusso, ultra moderno, con palestra attrezzata, stanza per la pittura, stanza piena di computer, stanza per la musicoterapia, stanza piena di piante per fare botanica, due cucine che l’Ikea non si è mai sognata, stanza per terapia occupazionale che se la vedi non ci credi, ci diceva che in linea di massima ogni individuo esce due volta la settimana e per il resto rimane a fare un sacco di attività, in piccoli gruppi. Sembrava di essere nella Disneyland dei centri sociali: tutto perfetto, strepitoso, nuovo di zecca. Questo la mattina. Dopo pranzo, invece ci sono altri gruppi che fanno fisioterapia, terapia del linguaggio e terapia occupazionale. Ci sono anche piccoli gruppi che insegnano a fare conversazione, o che giocano, o che fanno altre attività.
A sentire Michael, mi sembrava di sognare. Un centro diurno che funziona in modo molto simile a una scuola. Non solo a una scuola, ma alla scuola che Luca frequenta da dieci anni. Sono uscita dal centro superfigo pensando di aver trovato esattamente quello che cercavo. Pensavo anche, tornando a casa, che questo centro riceve gli stessi fondi degli altri centri, che invece non offrono alternative, e mi chiedevo come mai.
Ho parlato con mia mamma, con le mie sorelle, con le mie amiche, con la coordinatrice che segue la transizione dalla scuola a un centro diurno. Ho detto a tutti: abbiamo trovato il posto ideale. Poi, dopo due (tre) bicchieri di bianchini, ho cercato di ricostruire la mia giornata. Siamo stati al centro dalle 9 alle 11. Abbiamo visto il gruppo di cui Luca farebbe parte in una stanza spaziosa con un uomo che, credo, spiegava il programma dellagiornata. Poi abbiamo fatto il tour del centro, fermandoci qua e là con domande, e alle undici ancora nessuno occupava la stanza per il disegno, per la musica, per le piante, Nessuno era in palestra, o nella stanza della terapia occupazionale.
Nessuno nelle cucine, o nella stanza del bucato. Al momento non ci avevo fatto caso, ma stasera ho cominciato a pensare: ma tutti i ragazzi che non hanno scelto
di non fare la gita, cosa hanno fatto dalle 9 alle 11, quando ce ne siamo andati? Perché tutte quelle stanze strafighe erano vuote e chiuse a chiave?
Ho cominciato insomma a insospettirmi di quello che il Kurt Colbain che ci faceva il tour ci diceva: se è vero che ogni individuo è impegnato in qualche attività, perché dopo quasi due ore erano ancora nello stanzone del ‘morning meeting’? Noi genitori di figli vulnerabili abbiamo quel sesto, o forse settimo senso. Abbiamo sempre paura che le persone che si occupano dei nostri figli ci stiano in qualche modo prendendo per il culo. Non posso fare a meno di pensare che i 23 ragazzi che dovrebbero occupare tutte le aule che ho visitato siano stati invece reclusi in un stanzone per due ore a far niente. Ho anche pensato che la bellezza del centro mi avesse in qualche modo accecato dalla realtà: è sempre bello un posto in cui Kurt Colbain ti fa fare il tour in una sede appena ristrutturata. È facile cadere nelle sue grinfie.
O sono solo paranoica? Questo, e molto altro, fa parte di essere genitore di una persona estremamente vulnerabile e senza voce. Forse continueremo la nostra ricerca. O forse Walnut Street è il top di quello che viene offerto per quanto riguarda i centri diurni. La triste realtà è che non sapremo mai veramente quale sarà la quotidianità dei nostri figli, che saranno per tutta la vita alla mercé di persone che per lavorare con loro vengono pagate 12 dollari all’ora.
Ed è a questo, alla fin fine, che dobbiamo abituarci ad accettare.
Marina Viola
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