Cosa fare

Quanto costano i figli autistici quando escono definitivamente dalla scuola

 

Prendiamo spunto da una lettera apparsa nella seguitissima rubrica di lettere “Invece Concita” di Concita De Gregorio su Repubblica dal titolo emblematico “Il gioco dell’oca di Isabella” scritta da Gabriella Mazza, mamma di una ragazza autistica di 25 anni che si chiama Isabella. Nella lettera si affronta una questione che sta molto a cuore ai genitori con figli autistici over 18-20 anni usciti dalla scuola. La mamma di Isabella paragona la situazione della figlia al gioco dell’oca. Da quando non va più a scuola Isabella passa il tempo con i genitori, in casa. Intanto, giorno dopo giorno, l’inattività la fa regredire. Come nel gioco dell’oca torna indietro: molte competenze acquisite si perdono. E’ una condizione comune anche per i normodotati: l’esercizio nello sport, nella musica e in qualunque altra attività, ti mantiene in “allenamento”.

Più volte ne abbiamo parlato, discusso, raccontato su questo sul sito “per noi autistici” paragonando questa nuova fase della vita come una “catastrofe” per tutti perché all’improvviso ci si trova in una sorte di horror vacui, immersi nel dilemma di come, con che cosa e fino a quando riempire le ore, un tempo, impegnate a scuola. Si aprono voragini, abissi, angosce, ricerche di attività sportive, di laboratori strutturati privati, di centri diurni pubblici che sono pochi, con lunghe liste d’attesa e soprattutto difficoltà ad inserire autistici a basso funzionamento che necessitano del rapporto 1/1. Inevitabilmente i costi per le nuove attività dei figli usciti da scuola lievitano.

I ragazzi neuro diversi che escono dalla scuola dovrebbero avere la possibilità di accedere a una realtà post scolastica che assomigli a un istituto superiore di formazione, accademia o università per completare, raffinare, potenziare tutte le competenze acquisite durante il ciclo scolastico. Per non disperdere un patrimonio di nozioni e abilità che, tra l’altro, è stato anche un investimento economico per la collettività. Tanta fatica, tanti sforzi, tante risorse buttate al vento. Tanti ragazzi che avrebbero il diritto di vivere una vita dignitosa e inclusiva sono invece condannati all’inattività o a una sorta di istituzionalizzazione forzata, ad una pensione anticipata senza aver mai potuto entrare in qualche modo nel mondo del lavoro e della produttività, nella vita reale.

La storia di Carmen, mamma con figlia autistica di 26 anni che si chiama Maria Letizia è esemplare di quello che si passa quando la scuola ti chiude la porta in faccia. “Maria Letizia è rimasta a scuola fino ai 21 anni –racconta Carmen – I canonici cinque anni di superiori e uno in più previsto dalla legge”. Ed è stata fortunata perché adesso, finito il quinto anno ti fanno sostenere l’esame di maturità anche se non hai raggiunto gli obiettivi formativi del Pei. Sono state abolite le bocciature che avevano perlomeno il vantaggio di rallentare il ciclo scolastico, s’è preferito adottare la formula “se l’alunno non va agli obiettivi prefissati, gli obiettivi vanno all’alunno” e cioè abbassare il livello degli stessi obiettivi. Alla base di tutto questo c’è un problema che è diventato drammatico in questo nuovo anno scolastico: la carenza degli insegnanti di sostegno.

Ma che cosa s’è inventata Carmen per impegnare quotidianamente la figlia? “Quest’anno abbiamo rivoluzionato le attività a causa dei costi che stavano diventando proibitivi. Il lunedì, il giovedì e il venerdì Maria Letizia frequenta un centro ricreativo per il quale verso mensilmente una quota di partecipazione. Il martedì e il mercoledì sta facendo un inserimento graduale in un centro riabilitativo, tra i più ambiti della Capitale: il martedì vanno a lavorare alla Coop, il mercoledì si occupa della pulizia dei pulmini”. Quanto spenderai quest’anno? “Per 3 giorni di centro ricreativo la mattina e 3 laboratori pomeridiani un totale di 300 euro fisse al mese che possono sembrare poche ma per me sono tante perché sono monoreddito”.

Poi ci sono le spese extra? “Eh già. Questo mese ho dovuto acquistare delle scarpe antinfortunistica per Maria Letizia che mi sono costate 65 euro perché altrimenti senza non poteva andare a fare il tirocinio lavorativo alla Coop. Non ho potuto quindi farle fare il corso di disegno in una scuola d’arte che accoglie ragazzi dello spettro autistico perché costava 150 euro”. Come sono le finanze per una mamma monoreddito che convive con una figlia di 26 anni autistica? “Della cifra di partenza che comprende il mantenimento più la pensione di Maria Letizia devo togliere l’affitto e le attività della ragazza. Mi restano 1000 euro per bollette, spesa e benzina e nulla più e se mi capita una spesa extra sono guai. Fortunatamente ho ancora i miei genitori che mi aiutano”.

 Che faceva, invece, l’anno passato Maria Letizia e tu hai dovuto cambiare? “Come spese fisse l’anno scorso da ottobre a giugno avevo 336 euro al mese. Si trattava di un progetto di post scuola per 4 giorni alla settimana dalle ore 9 alle ore 13. Poi altre 70 euro al mese per due laboratori di manualità e di un TG on line. E altre 10 euro al mese per un corso di tennis. Ovviamente c’erano anche le spese extra per uscite ludiche e didattiche: ad esempio se l’associazione del post scuola organizzava un apericena chiedeva 40 euro per una serata di un paio d’ore. Quest’anno il post scuola era pure aumentato: per tre giorni alla settimana avrei dovuto pagare 420 euro al mese. Non potevo permettermelo. Ovviamente ci sono famiglie che spendono molti più soldi ma una famiglia monoreddito come la mia fa più fatica. Io spesso sono nervosa e giù di morale perché non mi posso permettere di fare vacanze o anche solo uscire per una pizza con le amiche e questo è davvero frustrante”.

Redazione

La redazione di "Per Noi Autistici" è costituita da contributori volontari che a vario titolo hanno competenza e personale esperienza delle tematiche che qui desiderano approfondire.

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