Il Casale delle Arti occupato dai senza tetto? Tanto valeva provarci noi autistici…
Oggi il Corriere della Sera pubblica un reportage sul degrado del Parco di Monte Mario a Roma, un polmone verde di straordinaria bellezza in un quartiere centrale di Roma che è diventato una baraccopoli come fosse un tuffo nel tempo fino all’epoca di “Brutti sporchi e cattivi”. (GUARDA IL VIDEO) Nel reportage di Valeria Costantini è incluso un pezzo sul Casale Gomenizza che è al centro di quell’area. Come avevamo segnalato da tempo il processo di abbrutimento ambientale (e sociale) di una delle più belle zone di Roma nord comprende anche quello che con nostalgia chiamavamo il “Casale delle Arti”
CARA SINDACA RAGGI E’ UN ANNO CHE SI PARLA DEL CASALE DELLE ARTI, ERA TUTTO UNO SCHERZO VERO?
Nessuno dica che la nostra è una battaglia politica contro la Sindaca, il Comune, il Movimento ecc… Se il progetto fosse partito avremmo messo pure un altarino con la statua di Beppe Grillo, proclamandolo santo patrono degli autistici. Pensate davvero che di fronte al nostro problema quotidiano possa importarcene qualcosa dei linguaggi segreti della politica?
IL CASO
Roma, Casale delle Arti abbandonato: è fermo il sogno dei ragazzi autistici
Ristrutturato, da oltre un anno viene occupato dai senza tetto. Un anno fa l’associazione «Insettopia» ha lanciato l’idea di creare lì un centro per ragazzi autistici con laboratori e corsi con il sostegno di Miur, ateneo Tor Vergata e Regione Lazio
Sono grato davvero alla collega che ha riportato all’evidenza delle cronache una questione mai chiusa. E’ passato veramente tanto tempo da quando l’attenzione pubblica si era mobilitata su quello che, ne sono ancora convinto, sarebbe stato un bel progetto che avrebbe portato merito anche e soprattutto alle amministrazioni che lo avessero sposato. Sono mesi però che tutto tace, come se alla fine i ragazzi autistici avessero risolto nel frattempo ogni loro problema e sulla questione “Casale delle Arti” fosse possibile soprassedere. Non voglio pensare che ci sia dolo istituzionale in questo, sta di fatto che nella continua emergenza le istanze degli autistici scivolano fuori dall’agenda delle priorità. Le famiglie stesse non brillano certo per compattezza nell’intraprendere battaglie comuni, il quotidiano è logorante per tutti, lo so bene io che per il terzo giorno consecutivo sono inchiodato in una stanza per un importante “cambiamento d’umore” di Tommy. Ci sta, fa parte della giornata tipo di chi abbia un figlio autistico adulto e non mi lamento.
Mi chiedo però in questa mia personalissima contingenza, sarebbe stata la stessa cosa se Tommy avesse avuto uno scopo ben preciso nella sua giornata, uno spazio da condividere con altre persone in cui avesse potuto ritrovare familiarità come noi la troviamo in un ambiente di lavoro? Se invece che avere una giornata semi nulla facente, come penso la maggior parte dei suoi coetanei autistici metropolitani, riempita solamente degli arzigogoli che ogni volta i suoi genitori riescono a inventarsi contando su qualche estemporanea alleanza con altri volenterosi familiari: tipo un paio di giorni fuori casa in cui ci paghiamo operatori, soggiorno e tutto, un cinema, una passeggiata e un gelato con un colosso per mano. Ieri mi sono trovato con un omone di quasi un metro e 90 che pesa cento chili a bussare al Palazzo delle Esposizioni per portarlo a vedere la mostra dei pupazzi Pixar. C’erano giustamente solo bambini piccoli, all’ingresso mi hanno pure chiesto un documento che attestasse la disabilità di Tommy, se avessi voluto il biglietto gratuito. Tutto giusto, figuriamoci, ma tutto estremamente surreale se proiettato in una fatalità che potrebbe durare fino a che duro io…E poi?
Non è che il Casale delle Arti dovesse essere il mio resort privato o al massimo quello di un pugno d’eletti. Chi questo ha pensato e mormorato ha semplicemente fatto male a se stesso, nel caso condivida il problema di un figlio autistico. Il Casale delle Arti era un grande tentativo di creare un modello che, una volta dimostrata la sua efficienza, sarebbe stato riprodotto in ogni altra realtà possibile. Parlavamo di un format da replicare per tuti gli autistici, non della casetta dei sette nani in cui avremmo fatto giuocare i nostri privilegiati figlioli.
Avevamo su questo mobilitato autorità e istituzioni, con un faticoso e capillare lavoro di comunicazione. Io personalmente mi sono persino sentito dire che avrei proposto un progetto di reclusione, che era in fondo meglio che la cosa non si facesse…Me lo sono sentito dire da altri genitori come me e certo non proprio quello che fa piacere sentirsi dire. Su questo arroccarsi delle famiglie in circoletti da gruppo chiuso su Facebook si adagia ogni amministrazione che preferisce occuparsi di istanze sostenute da cittadini con maggiore motivazione e unità d’intento.
Saremmo stati tutti più contenti se alla fine del Casale si fosse fatto qualcosa di utile, anche se non legato direttamente agli autistici. Ci addolora vedere che la non scelta condanna quell’area a diventare una discarica e un possibile focolaio di disagio sociale. Le persone che dormono in quella tendopoli le vediamo tutto il giorno circolare per cassonetti tra Viale Mazzini e le strade contigue del nostro quartiere.
Ora non è che per un articolo mi illuda che qualcosa possa cambiare, magari qualcuno risponderà che non dipende da lui, altri dirà che c’è un problema di burocrazia. Molti leggeranno e si consoleranno del “mal comune mezzo gaudio”. Nessuno speri però che per questo io mi arrenda. Amici veri e finti amici state pure tranquilli, io non mi fermo perché in questo progetto credo. Come ho creduto nel poco che di concreto sono finora riuscito a mettere insieme. Riusciremo a trovare un posto dove provare a costruire un progetto d’inclusione gioiosa per i nostri giganti. Chi ha ancora voglia di starci sa dove trovarmi. Se non troveremo spazi a via Gomenizza ne cercheremo altri altrove…
LA VIDEO INTERVISTA DEL CORRIERE DELLA SERA
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