Gli sberleffi sul figlio autistico di Cuaròn da chi in Messico non ha gradito la denuncia sociale di “Roma”
Il trionfo nella notte degli Oscar di Alfonso Cuaròn è stato in parte funestato da un brutto episodio di intolleranza che ha aperto un acceso dibattito sulla stampa messicana, ma soprattutto sui social messicani. Il figlio tredicenne di Cuaròn, Olmo Teodoro, è un bel ragazzo autistico dai lunghi capelli neri, il padre, che l’ha sempre mostrato con orgoglio, se l’era portato sul red carpet assieme alla sorella. Alcune stereotipie di Olmo Teodoro, tipiche della sua condizione autistica e forse dovute dallo stress delle luci e della folla acclamante, hanno fatto scattare soprattutto su Twitter una catena di odiosissimi meme che lo prendevano in giro in maniera brutale e vigliacca.
Ci siamo domandati le ragioni profonde di una campagna così ottusa, anzi l’abbiamo chiesto a Maria Castaneda, una nostra grande amica messicana.
Maria ci ha spiegato un particolare di “Roma” difficile da capire alle nostre latitudini. Cuaròn fa un ritratto di una famiglia della borghesia messicana nei primi anni 70, il cui elemento simbolico ricorrente sono le feci dei loro cani. In filigrana il massacro del Corpus Cristi ordito dal gruppo paramilitare de Los Halcones la cui vicenda storica si intreccia con le disavventure di Cleo una sfortunata cameriera appartenente a un’etnia indigena e quindi sottomessa per condanna genetica. Insomma troppi scheletri nell’armadio perché Roma potesse essere accettato in toto da tutti i messicani, nonostante i tre splendidi Oscar. L’odio “cattivista”, non potendo sfogarsi altrimenti nel giorno del trionfo, si rivolge in forma vigliacca contro l’autistico Olmo Teodoro, il cui “sfarfallare” diventa motivo di dileggio.
A CUARON NON SI PERDONA DI AVER LANCIATO UNA STAR INDIGENA
Durante i giorni precedenti alla consegna dei premi Oscar, in Messico, o almeno in quella parte del Messico che é attiva nei social network, la polemica girava in torno alla presenza continua di Yalitza Aparicio, protagonista del film Roma, di Alfonso Cuarón.
Il grande “problema” di Yalitza non é stato, dall’inizio, essere una attrice debuttante, scoperta dopo un casting realizzato in una comunitá finora sconosciuta dello stato di Oaxaca. Il suo vero problema, quasi imperdonabile per moltissimi messicani é stato il fatto che Yalitza sia una donna indigena, di padre mixteco e madre triqui, due etnie tra le 18 che ci nello stato dove lei é nata, nel sud del Messico.
Grazie alla presenza di Yalitza Aparicio non solo nel film, dove interpreta il personaggio di Cleo, una collaboratrice familiare, ma anche dopo, nelle copertine di varie pubblicazioni di fama internazionale, si é evidenziato uno dei più forti problema dei messicani: la aperta presenza di razzismo e classismo. Lo stesso regista ha dichiarato che Roma ha “aperto la conversazione sul razzismo in Messico, che era stata negata per molti anni”.
Ma non é il solo tema che grazie al film si é evidenziato come parte dell’ignoranza che prevale nel Messico. Durante la cerimonia di consegna dell’Oscar, il figlio di Cuarón, Olmo Teodoro, ha attirato l’attenzione perché, durante le interviste fatte a suo padre, faceva dei gesti che sfortunatamente alcuni hanno trovato degni di farne il protagonista di meme abbastanza disgustosi.
Il popolo della rete, quindi, é stato sul punto di far diventare virale ogni gesto di Olmo Cuarón, ovviamente con l’intenzione di burlarsi, finché qualcuno non ha avuto una idea ottima: chiarire che il ragazzo di 13 anni é autístico, e di raccontare che, addirittura, suo padre ha smesso di lavorare durante quattro anni pur di stare a fianco al figlio.
Allora si sono fermati i commenti cattivi ed é molto probabile che nei prossimi giorni si cominci (finalmente!) a parlare con più interesse ma, sopratutto con più rispetto sull’autismo in Messico, cosa che sarebbe molto positiva perché, a questo punto, si vede la necessità di educare un popolo che definitivamente ha bisogno di più empatía verso le minoranze.
In realtà, é stato grazie a una associazione chiamata “Iluminemos de azul por el autismo” (@iluminemosazul) che molte persone hanno saputo la situazione di Cuarón e suo figlio, e anzichè continuare con le burle, hanno deciso di essere solidali, e diffondere l’informazione che serve, sopratutto per capire la realtá che vive oggi, secondo alcuni dati, uno su ogni 115 ragazzi messicani.
E cosí, Roma, da essere un film profondamente intimo che racconta una parte dell’infanzia del regista, é passato a puntare il dito sui problemi di una società che ha veramente bisogno di rifflettere sul modo in cui si vede a se stessa all’interno, prima di pretendere il rispetto di altri popoli, particolarmente se consideriamo che spesso i messicani si pongono come delle vittime di discriminazione per molti motivi, soprattuto davanti ai vicini del nord.
Maria Castaneda. Ha studiato Estudios Latinoamericanos presso l’Universidad Autonoma del Estado de Mexico UAEM . Ha soggiornato vari anni in Italia, vive con un informatico italiano “emigrato” per amore con lei in Messico. Al momento lavora a la Università Autónoma del Estado de México, il suo campo di ricerca è l’analisi delle radici culturali dei popoli che si rafforzano attraverso il mantenimento delle tradizioni alimentari. Ha recentemente presentato a Roma un suo studio originale, sui legami con la madre patria, attraverso il cibo tradizionale, nelle donne messicane sposate con italiani e che vivono in Italia.