BENNY SPACCA CON MY SHARONA
Benedetta alla batteria ha trionfato nel suo saggio di fine anno con un pezzo molto difficile. La madre Gabriella La Rovere, che ricordiamo è un medico, la osserva suonare e fa alcune osservazioni di carattere generale sulla mente autistica, sul ritmo, sulla passione degli autistici per le percussioni…
Eseguire “My Sharona” dei Knack alla batteria non è stato un compito semplice per mia figlia Benedetta. Al di là della lunghezza del brano (quasi cinque minuti!) che impegna i muscoli in uno sforzo intenso, il ritmo frenetico di cui è intriso non consente distrazioni, soprattutto in chi è affetto da disturbi dello spettro autistico per il quale la ripetitività è un loop piacevole, quasi ipnotizzante, dal quale è difficile staccarsi.
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La guardavo mentre coordinava i movimenti delle braccia e dei piedi, con la testa che ciondolava ora a destra, ora a sinistra e mi sembrava un miracolo che stesse accadendo tutto questo. Proprio lei, la bambina che forse non avrebbe camminato per tutti quei tuberi che affollavano il cervelletto.
È questo una porzione del cervello, facente parte del sistema nervoso centrale, localizzato nella fossa cranica posteriore, nascosto sotto gli emisferi cerebrali. Piccolo, ma estremamente importante perché, tra le altre cose, coordina i movimenti, mantiene l’equilibrio, interviene nell’apprendimento motorio cioè nell’insieme dei processi associati con l’esercizio o l’esperienza che portano all’acquisizione di una abilità, ad esempio suonare uno strumento.
E’stato dimostrato negli strumentisti il miglioramento della densità della materia grigia nelle regioni sensoriali-motorie corticali, nelle regioni uditive, nella corteccia prefrontale e nel cervelletto. Sembra che l’alto grado di coordinamento tra le due mani e il rapido scambio di informazioni possano stimolare la crescita delle fibre nervose, la loro mielinizzazione, che determina la velocità di conduzione nervosa. Inoltre, i musicisti rispetto ai non musicisti sembrano avere un maggiore volume della materia grigia del cervelletto. Tutto questo significa plasticità cerebrale. Il cervello è una struttura organizzata in modo dinamico che cambia e si adatta alle stimolazioni che le vengono dall’ambiente. L’attività musicale è un potente stimolo alla plasticità che significa cambiamenti nella rete neurale, nuove connessioni sinaptiche e, nel caso di Benedetta, il bypassare delle aree danneggiate con stimolo di quelle sane che assumono una funzione vicariante.
Tutto questo è estremamente importante in caso di autismo dove è ormai scientificamente confermato l’interessamento del cervelletto. Inserire la musicoterapia neurologica tra le attività riabilitative, a partire dai tre anni di vita del bambino, può essere l’uovo di Colombo in grado di favorire l’apprendimento e l’acquisizione di abilità, oltre al noto effetto di migliorare l’interazione sociale, la comunicazione verbale e la reciprocità socio-emotiva. La stessa Maria Montessori, pur non proponendo un metodo musicale, aveva riconosciuto nell’esperienza sonora/musicale una valenza formativa indispensabile per il bambino perché in grado di sviluppare sia il senso che l’intelligenza musicale. La musicoterapia neurologica dovrebbe essere seguita dall’insegnamento della musica (eventualmente con linguaggio adattato) nel momento in cui risultasse chiaro il talento e la predisposizione del singolo bambino, aprendo così la via all’inserimento sociale sfruttando l’attitudine personale.
Gabriella La Rovere