Quelli che parlano con i coniglietti
C’è chi troverebbe un segno del destino in alcune coincidenze e con questo dare un senso alle difficoltà quotidiane. È certo che sentire Benedetta cantare “Mad world” mi ha richiamato alla mente Donnie Darko, un film che avevo visto, ma che dopo quasi diciotto anni e tante esperienze vissute, ha avuto tutto altro significato.
Al di là della tematica relativa alla comprensione delle leggi che regolano l’universo, della possibilità che esista un universo parallelo (nel film il professore di scienze consiglia a Donnie di leggere “Dal big bang ai buchi neri” di Stephen Hawking), la protagonista è la schizofrenia adolescenziale che forse, in maniera troppo scontata, il regista rappresenta con la figura del coniglio Frank, avvalorando il luogo comune che vede gli schizofrenici “parlare con i coniglietti”.
La schizofrenia colpisce circa l’1% della popolazione ed è correlata alla delezione del cromosoma 22, che è tra quelli coinvolti nell’autismo. Non tutti quelli che hanno tale anomalia manifestano il disturbo; sembra che sia importante l’espressività genica, ossia tutto quello che riguarda l’RNA messaggero, il filamento costituito da una serie di triplette di basi azotate complementari a quelle del DNA, responsabile della sintesi delle proteine. Quale può essere il trigger, cioè lo stimolo che fa sì che l’anomalia si esprima clinicamente? Gli scienziati hanno trovato una riduzione delle dimensioni dell’ippocampo, struttura cerebrale collegata alle emozioni e alla memoria.
Il 30% delle persone con delezione 22 sviluppa sintomi psicotici tipo allucinazioni uditive (sentire le voci), problemi di memoria, disturbi relativi ad un’alterata percezione della realtà, difficoltà alla socializzazione con forte paranoia. È nota da tempo la stretta relazione tra schizofrenia ed ippocampo, ma questo lavoro del giugno 2019 (https://www.nature.com/articles/s41380-019-0443-z), correla questa struttura cerebrale alla delezione 22. È stato visto che l’ippocampo del gruppo con la delezione cromosomica, pur piccolo rispetto alla norma, presenta una crescita identica al gruppo di controllo. All’interno dell’ippocampo, c’è una porzione – detta CA3 – che non è coinvolta dalla generale riduzione delle dimensioni. Questa area è quella che presiede alla memorizzazione.
Intorno ai 17-18 anni, le persone con i sintomi conclamati della schizofrenia hanno sia la riduzione dell’ippocampo che dell’area CA3. Gli scienziati hanno ipotizzato che, in risposta a ciò, l’ippocampo sia sottoposto ad un surplus di lavoro di tipo compensativo che causerebbe uno stress e con questo tutta una cascata di reazioni biochimiche che libererebbero fattori infiammatori, aggravanti il quadro. Lo sviluppo di tale ricerca sarà sicuramente rivolta a valutare l’uso degli antiossidanti per migliorare la sintomatologia clinica. Se convivere con la neurodiversità è un impegno gravoso da entrambe le parti, la presenza della schizofrenia è indubbiamente un elemento in grado di piegare psichicamente famiglie già duramente provate.
Gabriella La Rovere
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