Perchè non si dice che il film di Salvatores sdogana la comunicazione facilitata?
Non ho visto “Tutto il mio folle amore” di Gabriele Salvatores. Probabilmente lo vedrò visto che molti me ne parlano con accenti commossi. E’ un film che parla di autismo (senza nominarlo però…), tratto dal libro di Fulvio Ervas; “Se ti abbraccio non aver paura” che come è noto è il racconto di una reale esperienza di viaggio di un padre con suo figlio (Franco e Andrea Antonello). Non avendolo visto non conoscevo il particolare che qui analizza Antonio Bianchi, in un suo articolo che ho notato circolare nei gruppi di discussione sull’autismo. Il film mostra la fanta panzana della comunicazione facilitata, che è noto come sia una delle più penose maniere per illudere i genitori di ragazzi autistici di una fittizia “presenza interiore” che porterebbe una persona incapace di scrivere il proprio nome, ad articolare discorsi e concetti estremamente complessi digitando su una tastiera, naturalmente solo se aiutato da un facilitatore che gli tiene la mano sulla spalla. Salvatores si sarà consapevolmente preso la responsabilità di avere divulgato, come possibile, una modalità attraverso la quale le famiglie sono illuse e distolte da una corretta abilitazione del soggetto autistico, lo avrà come fatto in nome di una scelta artistica o di coerenza al testo a cui il film è ispirato. Non chiediamo a un regista di entrare in merito a tale questione. Di sicuro però da chi ufficialmente dovrebbe rappresentare come associazione le istanze delle famiglie di genitori di autistici magari una puntualizzazione forse ce l’aspetteremmo. Come pure è incomprensibile perchè la comunità scientifica italiana, la neuropsichiatria…Insomma chi avrebbe titolo per farlo non pone questa piccola puntualizzazione su quello che sicuramente sarà un meraviglioso film, la cui visione va senz’altro consigliata a chi vuole godersi una bella storia commuovente, ma solo specificando che veicola una nota e pericolosa fantacazzata sull’autismo. (gn)
Salvatores finge di dare voce ma è un ventriloquio
di Antonio Bianchi
Scelgo spesso il film che vedrò muovendomi fra vincoli, l’offerta di titoli proposti, l’essere padre, marito, eccetera. Questa volta i limiti di spazio e tempo sono particolarmente stretti, vado a vedere “Tutto il mio folle amore”. Non ne ho intuizioni positive dalle due righe lette, non ho guardato il trailer. Sento risonanze che mi sono lontane. “Lo guarderò con spirito di ricerca antropologica”, mi dico, come faccio quando devo affrontare incontri che vorrei evitare. Ci sono Gabriele Salvatores con Valeria Golino, Claudio Santamaria, Diego Abatantuono.
Uno spiegamento di celebrità che, se spendesse parola, riuscirebbe a far eleggere anche me presidente della repubblica. E a cosa viene messa a disposizione tanta potenza persuasiva? Ne sento arrivare le avvisaglie fin dall’inizio, poi sembrano allontanarsi. Vincent, ragazzo autistico, si comporta come una rappresentazione dell’autismo vorrebbe si comportasse, e il padre naturale è il condensato di deriva sociale che da un road movie ci si aspetta. Ma poi ritorna quel vento viscoso, come quello descritto da Paolini nel suo Vajont, quando l’onda che ha scavalcato la diga sta per arrivare, ed eccolo manifestarsi con Vincent che digita sulla tastiera domande improvvisamente centrate, sintatticamente e semanticamente in sintonia; scrive con la mano del padre sulla spalla, con la comunicazione facilitata. Ecco, riemergono tracce lontane di quel libro di cui avevo sentito, Se ti abbraccio non avere paura. Il padre, il figlio, la motocicletta, e la comunicazione facilitata. Un filone tristemente ricco quello dei libri nati da questa fandonia trasformata dalla volontà di ingannarsi in un’illusione collettiva. In tecnica con tanto di esperti. Ora ripresentatasi con l’acronimo di WOCE, Written Output Comunication Enhancement.
Nelle recenti occasioni formative ho riproposto quella slide sulla comunicazione facilitata che negli ultimi tempi avevo lasciato perdere. L’avevo accantonata un po’ perché nelle ultime occasioni ci è sembrato necessario focalizzare sul tema dei libri in simboli, sugli elementi linguistici, e sul coinvolgimento del contesto, un po’ perché il pericolo di fraintendimento fra comunicazione aumentativa e comunicazione facilitata sembrava ormai superato. Nel presentare il tema in queste ultime occasioni ho quasi avuto una sensazione di volere ribadire cose ormai risapute, e di essere inutilmente enfatico.
E invece eccolo, sbocciato come un fiore fresco, nuovo, sostenuto da una potenza di fuoco degna di migliore causa, questo capolavoro di sdoganatura di qualcosa che ha già fatto molto male. Chi non lo conosce provi a leggere o a vedere il film Pulce non c’è. O cerchi il pronunciamento della società internazionale di comunicazione aumentativa su questo. È un modo per sottrarre voce mentre di afferma di volerla dare, una forma di ventriloquio. Nei titoli di inizio si dice che il film non vuole avere intento scientifico. Ma il fatto è che questo film con questi protagonisti e il battage mediatico di corredo ha una forza culturale maggiore di quanta ne possano avere quintali di letteratura scientifica.
E fa male vedere attori a cui sei affezionato prestarsi a una simile grave operazione.
(da: Mymovies.it)
Per dare altri elementi di riflessione riportiamo anche una risposta al pezzo di Bianchi tratta dalla lista “Autismo scuola”
Gentile Signor Bianchi,intervengo nella conversazione perché il breve commento su “Tutto il mio folle amore” è in parte opera mia: Marialba Corona ha trasferito nella lista di Autismo e Scuola le parole esposte sulla mia pagina Facebook, col mio consenso.Premetto: non sono esperta di cinema quanto lei (la sua competenza si evince, nel cinema come in autismo). Sono un’insegnante di sostegno: oltre ai titoli richiesti dal MIUR ho terminato (tra l’altro) un master di primo livello in autismo e disturbi dello sviluppo e sono in formazione per ottenere il titolo di Registered Behavior Technician, sotto la supervisione di un’analista del comportamento certificata al Board con la quale collaboro nel pomeriggio in contesto “casa” ed esterno. A scuola ho la fortuna di insegnare sotto supervisione di diversi BCBA, da 11 anni. Possiedo il certificato Team Teach. Sono volontaria in una struttura altamente specializzata di Reggio Emilia e in ANGSA Bologna, per la quale svolgo numerose attività, anch’esse supervisionate. Una delle tante è proprio il progetto “I Bambini delle Fate”, promosso da Franco Antonello.Ho esperienza con una lunga serie di allievi con ASD di tutte le età.Questo, davvero, non per fare un elenco di titoli e competenze, ma solo per dirle che ho una discreta esperienza, che amo l’ABA e che conosco ed apprezzo la Linea Guida 21, alla quale mi attengo anche per quel che riguarda la CAA (i miei allievi sono alcuni verbali e vocali, altri verbali attraverso PECS, altri ancora verbali attraverso segni).Potevo non andare a vedere “Tutto il mio folle amore”? L’ho apprezzato molto, sono onesta. Per i motivi elencati nella recensione: Giulio Pranno mostra divinamente come si comporta un ragazzo con autismo: stereotipie, ecolalie, selettività, desideri, sprezzo del pericolo; mostra anche comportamenti problema importanti, difficili da digerire: il suo Vincent fa la cacca nel piatto doccia e poi la spalma sull’anta di vetro che aveva precedentemente leccato. Non avevo mai visto un realismo del genere, ma ce n’è tanto bisogno nel mondo.Il regista ha ben rappresentato i genitori, il padre adottivo, la situazione onestamente difficile.Ora, la scena in cui Vincent digita i suoi pensieri al papà dietro di lui (non ricordo se gli mettesse la mano sulla spalla), e il papà che gli risponde digitando allo stesso pc fa pensare, effettivamente, alla comunicazione facilitata. Ha ragione. Ma noi guardiamo il film in modo critico, e sappiamo discernere: non confondiamo CAA e CF.Chi non possiede il nostro occhio, e vive fuori dal nostro universo, probabilmente non è interessato a questa differenza, che pure è fondamentale; tuttavia, attraverso il film, ha quantomeno la possibilità di vedere cosa succede in una famiglia con un figlio autistico (e Vincent non rappresenta nemmeno i più gravi).Secondo me “Tutto il mio folle amore” è davvero apprezzabile. Sono uscita dal cinema emozionata, e condivido questo sentimento con i tanti genitori di ANGSA che mi hanno consigliata.Con sincera stima,Simona CascettiDocente specializzataIstituto Comprensivo 9BolognaANGSA Bologna
AGGIORNAMENTO DEL 13 NOVEMBRE ORE 14.00
angsa Emilia Romagna