La paura dei diversi genera la vigliaccheria verso i più fragili
Due giorni fa ho commentato per LA STAMPA la notizia di un atto discriminatorio a danno di persone autistiche avvenuto a una stazione di servizio di un’autostrada italiana. Qualcuno mi ha pesino scritto che avevo contribuito al linciaggio di un benzinaio. Di fatto storie come queste ne accadono, ne sono accadute e ne accadranno. Vale la pena ogni volta che se ne abbia l’occasione di ribadire e condividere il principio che si tratta di atti che rivelano solo tanta ignoranza, indegni di una sensibilità verso le categorie fragili che è costata tempo ed energie per essere maturata ed entrata nelle normative del nostro paese. Chi oggi è indifferente al disprezzo per i disabili, lo sarà senza dubbio anche per ulteriori gravi cadute di buon senso e civiltà.
SE L’AUTISMO E’ SGRADITO IN AUTOGRILL
A dei ragazzi autistici è stato impedito con villania di sedersi in un pubblico esercizio. Mi piacerebbe che si smettesse di impugnare come vessillo la frase: “Basta con questo politicamente corretto!”. È un’aberrazione contrabbandare come l’ipocrisia affettata di una muffa élite terrazziera, l’antidoto alla barbarie che, comunque, l’attenzione al linguaggio ha determinato negli ultimi decenni.
A forza di sentir circolare come parola di passo che il “buonismo ha stufato” può quindi accadere che un signore addetto a erogare benzina all’area di servizio Rubicone Est, possa sentirsi legittimato a inveire contro un gruppo di ragazzi autistici, che avrebbero preteso solo di sedersi ai tavolini del bar, per mangiarsi un panino.
L’uomo era talmente convinto delle sue buone ragioni che si è messo anche come scudo umano di fronte alla porta, per evitare quella che, probabilmente, vedeva come una contaminazione di “cervelli ribelli” nel sacro percorso a “s” dove l’umanità neurotipica può serenamente sfilare di fronte all’esposizione dei “coglioni di mulo”, delle caramelle a forma di ciucciotto, di liquori centerbe d’ogni colore.
Certo che fa sentire uomini tutti di un pezzo stare dalla parte di chi rivendica il primato del “normale”. Sono stato anche io ampiamente accusato di trasudare buonismo quando scrissi che se Corradino Mineo il 13 giugno 2014 voleva insultare Renzi, aveva a disposizione un ricchissimo repertorio di improperi, ma se usava il temine “autistico” per ridicolizzarlo faceva sicuramente male ai tantissimi genitori che, come me, per conquistare diritto alla dignità di cittadini dei propri figli autistici stavano in trincea dalla mattina alla sera.
Un simile pensiero lo dedicai a Beppe Grillo quando, il 22 ottobre 2018 ,espresse al Circo Massimo lo stesso grottesco dileggio verso le persone con autismo, per raffigurare l’incapacità di comprendere dei suoi avversari. Mi risposero che era un comico, che aveva libertà di satira, che io esageravo con il politicamente corretto. Pensai con amarezza che se non sentiva l’abnormità di quell’esprimersi Grillo, che pure ha un figlio autistico, la mia era una battaglia persa in partenza.
Oggi però mi sento di dire che non ci si meravigli se il signor benzinaio della Rubicone Est abbia pensato di fare un favore all’umanità scansando dalla vista dei tecnicamente omologabili undici ragazzi che, forse, all’apparire potranno pure sembrare un po’ strambi, ma hanno il suo stesso diritto di avere una vita sociale, di viaggiare, di sorridere, di fare uno spuntino tra la gente.
Lo so che non tutti possono aver maturato la stessa sensibilità verso una specifica categoria di persone considerate “diverse”. Io mi sento male quando vedo discriminati ragazzi come il mio Tommy perché so bene quanto per loro sia difficile ogni giorno la conquista di una vita appena dignitosa. Sono strasicuro che per la stessa ragione altri come me sanguineranno nell’anima quando avranno letto che appellare una persona “frocio” non è un’offesa, anzi tra loro si chiamano così. Come pure sentire dire: “negro”? Che sarà mai? In tutti i film di cultura hip hop tra di loro si chiamano così. Qualcuno penserà presto che si possa tornare a quelle belle e colorite espressioni come “mongoloide”, “encefalitico”, “storpio”, “ciccione di merda”.
Non è che usare parole più morbide risolve i problemi delle persone. Questo circola sempre più speso grazie ai sublimi pensatori del gaio cattivismo, il retropensiero strisciante che oggi sembra conquistare le poltroncine dei talk televisivi.
Ricordo a tutti coloro che millantano valori etici, però instillano il disprezzo del parlar corretto, che è sulla loro incapacità di gestire la paura della diversità, che sta crescendo una nuova e assai crudele vigliaccheria verso i più fragili.
(LA STAMPA 08/08/2020)