Negli Usa un bambino autistico senza mascherina è stato fatto scendere dall’aereo
Ha tre anni il bimbo autistico che viaggiava da Midland a Houston, in Texas, con sua mamma, Alyssa Sadler e la sua sorellina di un anno. Tornavano da una visita fatta al papà, che lavora temporaneamente a Midland.
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N.B. In Italia l’art. 3 del DPCM 26 aprile 2020 prevede che le persone con disabilità che le rendano incompatibili alla mascherina siano esentate dall’indossarla.
Il bimbo, che ha problemi sensoriali e non tollera nulla sul viso, ha viaggiato all’andata con la stessa compagnia aerea, senza mascherina e senza problemi. La mamma Alyssa portava con sé una lettera del pediatra che spiegava il motivo per cui suo figlio non avesse il viso coperto.
“La mattinata è iniziata male”, spiega Alyssa in un’intervista. Il figlio era agitato, nervoso, faceva quelle scene tanto famigliari a tutti noi genitori con figli autistici: quando non vogliono fare una cosa, si buttano a terra e cominciano a urlare. Saliti sull’aereo, i tre passeggeri hanno comunque preso il loro posto. Il bimbo continuava ad urlare. L’aereo, intanto, si muove verso la pista del decollo. Una hostess si avvicina alla madre, che cercava di calmare il figlio mentre teneva in braccio la bimba piccola per spiegarle che tutti i passeggeri sopra i due anni devono mettere la mascherina, e che se suo figlio non l’avesse messa subito, il pilota avrebbe fermato l’aereo e avrebbe chiesto loro di scendere. La madre, tra le urla del figlio e, immagino, a questo punto anche della piccola, cerca di spiegare il motivo per cui suo figlio non l’avrebbe mai indossata, dicendo anche che all’andata non c’erano stati problemi. Non ci sono state scuse, non è neanche bastata la lettera del pediatra: l’aereo ha fatto marcia indietro, è tornato al gate, e i tre sono stati pregati di scendere.
Ora, io capisco perfettamente che le regole sono regole; capisco che il coronavirus spaventa tutti. È ovvio che se il bimbo non fosse stato autistico, se non avesse avuto problemi sensoriali, avrebbe messo la sua bella mascherina.
Ma, come sappiamo tutti noi, questi non sono capricci: sono crisi di panico, terrore che provano i bimbi come i nostri, che non hanno gli strumenti per reagire in certe circostanze. Sappiamo anche che sono ben pochi i bimbi di tre anni contagiati, e pericolosi per gli altri. E che decidere che tutti sopra i due anni devono mettere la mascherina è arbitrario: se la compagnia aerea avesse deciso che tutti i bimbi sopra i cinque anni devono avere il volto coperta, nessuno avrebbe fatto una piega.
Per questo, io credo fermamente che i motivi di questo incidente non siano legati alla paura del coronavirus, ma piuttosto al fastidio che le urla di un bimbo autistico di tre anni provoca al resto dei passeggeri. Infatti, all’andata, quando il bimbo era tranquillo, aveva potuto viaggiare senza problemi.
Il problema di fondo, insomma, puzza più di intolleranza verso chi si comporta in modo diverso in luoghi pubblici. Il fatto è che una mamma con due bambini, di cui uno con problemi sensoriali, autistico, probabilmente triste di lasciare il papà in un’altra città, più di tanto non può fare. Sarebbe stato più corretto darle una mano, cercare di comprendere la difficoltà del momento invece di cacciarla, farla sentire umiliata per via di suo figlio.
Invece no: le regole sono regole e non ci sono eccezioni per nessuno.
Sono regole facili da seguire, ma quasi impossibili per chi non ha delle disabilità, e quindi sono implicitamente discriminatorie.
Sempre la stessa solfa, lo stesso messaggio: è meglio per la società se ‘sti figli strani ce li teniamo a casa, così non rompono i coglioni a nessuno.
Così, pare, ci spiegano certe regole.
Marina Viola
http://pensierieparola.blogspo