FINALMENTE UN TESTO COMPLETO SUL PARENT TRAINING EVIDENCE BASED NELL’ AUTISMO
In Italia mancava veramente un testo completo e scientificamente supportato sul Parent Training. Una guida che potesse aiutare i familiari di persone autistiche a svolgere il loro difficile compito di guida e supporto di fronte alla gestione quotidiana della neurodiversità. La parte più difficile è mantenere un giusto equilibrio tra l’affidarsi ciecamente a chiunque affermi di essere “esperto” e la tentazione di sostituirsi a chi abbia le necessarie competenze e titoli per la presa in carico.
Nell’ampio panorama degli interventi per il disturbo dello spettro dell’autismo, il Parent Training rappresenta un elemento essenziale per le sue caratteristiche di efficacia e sostenibilità. Ma che cosa si intende per Parent Training? Perché e quando è necessario svolgere un percorso di Parent Training? Quali sono gli argomenti da trattare? Coniugando l’esperienza clinica con un approccio scientifico fondato sulla ricerca e sulle pratiche terapeutiche evidence based, il libro cerca di rispondere a queste importanti domande.
Il Parent Training viene definito come una macrocategoria di interventi accomunati dal ruolo centrale attribuito alla figura genitoriale, che diventa protagonista al fianco dell’équipe terapeutica. Ampio spazio viene dedicato agli aspetti psicologici che il Parent Training elicita, tra cui l’elaborazione e l’accettazione della diagnosi. Poggiando su basi teoriche scientifiche e fornendo numerosi spunti pratici, il libro accompagna il lettore nell’acquisizione di competenze e di strumenti operativi sulla psicoeducazione, sulla terapia mediata dai genitori e sul potenziamento delle competenze socio-relazionali, per poi affrontare temi fondamentali quali la gestione dei comportamenti disfunzionali, il toilet training, i problemi del sonno, l’acquisizione delle autonomie personali e la selettività alimentare. Particolare attenzione è rivolta a due aspetti particolarmente rilevanti nel determinare il benessere dell’individuo e della famiglia, ma spesso scarsamente affrontati nella pratica clinica: la gestione dell’affettività e della sessualità e il ruolo dei fratelli neurotipici (siblings).
Parent Training nel disturbo dello spettro dell’autismo: Guida pratica sui modelli di intervento evidence based. A cura di Luigi Mazzone e Giulia Giovagnoli. Pag. 438. Edizione Erickson 2020. Prezzo € 34.00.
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Estratto dall’INTRODUZIONE
(Luigi Mazzone -Giulia Giovagnoli)
Il trattamento del disturbo dello spettro dell’autismo rappresenta un ambito complesso, spesso controverso, che da tempo è oggetto di dibattito scientifico e sociale. Fra gli aspetti più indagati ci sono la caratteristica eterogeneità clinica del disturbo dello spettro dell’autismo e le differenze sintomatologiche tra le persone che vivono questa condizione di vita. Tale variabilità da sempre ha reso difficile l’adozione di un linguaggio comune da parte gli operatori del settore, con conseguente disagio delle famiglie e difficoltà nell’identificazione di interventi efficaci.
Infatti, la storia ci insegna quanti errori siano stati commessi, quante cose inesatte siano state scritte sugli approcci terapeutici, e quanto spesso le famiglie siano state considerate la possibile causa eziologica della condizione del figlio. Erano i tempi della Refrigerator Mother Theory di Bruno Bettelheim dell’Università di Chicago, concetto espresso nel volume Empty Fortress: Infantile Autism and the Birth of the Self (1967), in cui veniva attribuita ai genitori, specialmente alla madre, la colpa della condizione autistica del figlio: la madre, infatti, incapace di rispondere adeguatamente ai bisogni del bambino, avrebbe generato in lui una chiusura difensiva rispetto al mondo esterno. Da qui, la ripresa del termine «autismo» che trova nella radice etimologica greca (αὐτός) il significato di «se stesso» per sottolineare l’idea di chiusura e di isolamento. I genitori erano quindi giudicati per i loro stili educativi, chiamati in causa per la loro presunta mancanza di affettività.
La conseguenza? Genitori da separare dai figli per permettergli di uscire dal proprio guscio. Fortunatamente, molta strada è stata fatta dalla pubblicazione del libro di Bettelheim e i principi dell’evidenza scientifica hanno iniziato a dettare linee guida di trattamento efficaci e a ricercare le cause in ambiti più appropriati di ricerca. La genetica, in tal senso, ha contribuito fortemente a scardinare l’idea del genitore come causa del disturbo dello spettro dell’autismo: la concordanza del 70-90% tra gemelli monozigoti ha, infatti, evidenziato il ruolo cruciale della predisposizione endogena, e non della relazione madre-bambino, nella genesi della condizione autistica. Tuttavia, lo studio della componente genetica ha dato solo risposte parziali. Pertanto, la ricerca di questi ultimi anni è stata focalizzata sui fattori ambientali e sulla loro interazione con la componente genetica, aprendo le porte a un grande filone di ricerca: l’epigenetica. Molta strada rimane ancora da fare nella comprensione dei complessi meccanismi alla base del disturbo dello spettro dell’autismo, tuttavia è ormai un fatto assodato e condiviso che i genitori non ne rappresentano la causa.
Se da un punto di vista scientifico e clinico tutti questi avanzamenti hanno definitivamente scagionato madri e padri, sicuramente resta il grande peso di una diagnosi che pervade il benessere familiare per l’intera esistenza di tale nucleo di persone. Paradossalmente, per molto tempo successivo alla teoria della Refrigerator Mother l’unica preoccupazione di medici e terapeuti è stata quella di affermare che i genitori non avevano colpa della condizione del figlio e che le vecchie teorie di Bettelheim non erano corroborate da alcuna evidenza scientifica. Per molti anni, il dissacrare e delegittimare il lavoro di Bettelheim è stato l’unico obiettivo salvifico e purificatore della comunità scientifica tralasciando, tuttavia, le istanze di richiesta di aiuto dei genitori a cui restava il problema del figlio con disturbo dello spettro dell’autismo. Quasi a non voler andare oltre e pensando che potesse bastare l’assoluzione riguardo la loro storica colpa, con una sentenza che li scagionava da scarsa empatia parentale ma, alla fine, li lasciava soli e in balìa di incertezze e paure. Una latente legge del contrappasso in cui la corrispondenza tra colpe e pene non viene mai realmente esplicitata: se non paghi con la colpa la pena dell’autismo di tuo figlio, avrai comunque una pena da scontare per un peccato mai commesso. Di conseguenza, se la colpa non esiste non ci Introduzione 11 sarà nemmeno aiuto e, quindi, l’assenza di un progetto serio, affidabile di sostegno genitoriale. Drammatico, ma vero per chi ha vissuto la realtà del disturbo dello spettro dell’autismo nel quotidiano.
Pertanto, la decolpevolizzazione dei genitori ha determinato, sul piano clinico, conseguenze che spesso hanno oscillato fra due estremi: da una parte, la totale deresponsabilizzazione ed esclusione delle figure genitoriali dal progetto terapeutico e, dall’altra, la conversione da genitore a terapista. Nel primo caso, la tendenza è quella di considerare il genitore un fruitore passivo del percorso terapeutico. Il bambino entra in stanza con il professionista e, si presuppone, ne esce con maggiori competenze. Tuttavia, al genitore non è dato sapere in che modo avvengano questi miglioramenti. L’effetto è un senso di inadeguatezza e inefficacia, come se qualcuno, estraneo alla vita del proprio figlio, potesse essere più capace del genitore di gestirlo, supportarlo, capirlo e educarlo. Nel secondo caso, invece, il genitore investe tutte le sue risorse nel diventare ipercompetente e formato per aumentare le possibilità di apprendimento del proprio bambino. L’effetto, in questo caso, è quello di evitare la componente emotiva e sovrascrivere al ruolo di genitore quello di terapista. In questa cornice si inserisce il Parent Training, come risposta al bisogno dei genitori di essere parte attiva del percorso di cambiamento del figlio rispettandone, tuttavia, il ruolo, le emozioni e le credenze.
INDICE
Il libro di oltre 400 pagine si rivolge a coloro che si occupano di presa in carico terapeutica di bambini con disturbo dello spettro autismo e propone un percorso teorico-pratico di approfondimenti sugli aspetti più rilevanti nel Parent Training. Qui riportiamo gli argomenti trattati nei singoli capitoli.
CAP. 1 Il disturbo dello spettro dell’autismo (Luigi Mazzone, Fabio Lucidi e Giulia Giovagnoli)
CAP. 2 Teorie e basi del Parent Training come metodo di intervento (Giulia Giovagnoli e Fabio Lucidi)
CAP. 3 Sostegno alla genitorialità: strumenti e interventi cognitivi (Lorenza Isola e Monica Mercuriu)
CAP. 4 Parent Training cognitivo-comportamentale basato sull’«Acceptance and Commitment Therapy» (Claudia Corti e Giulia Cargasacchi)
CAP. 5 Psicoeducazione nel disturbo dello spettro dell’autismo: dalla diagnosi all’età adulta (Laura Maria Fatta, Lavinia De Peppo e Luigi Mazzone)
CAP. 6 Parent Training per le abilità relazionali (Arianna Benvenuto e Luigi Mazzone)
CAP. 7 Intervento mediato dai genitori per la promozione delle abilità comunicative: il PACT (Catherine Aldred, Goffredo Scuccimarra, Andrea Bonifacio, Giovanna Gison e Antonella Olivo)
CAP. 8 Parent Training per i comportamenti dirompenti nel disturbo dello spettro dell’autismo (Karen Bearss, Luc Lecavalier e Lindsey Burrell)
CAP. 9 Parent Training per i disturbi del sonno nel disturbo dello spettro dell’autismo (Leonardo Fava e Kristin Strauss)
CAP. 10 Parent Training per la selettività alimentare in bambini con disturbo dello spettro dell’autismo (Valentina Postorino)
CAP. 11 Parent Training per le difficoltà nell’uso del bagno (Claudia Giartosio e Giulia Giovagnoli)
CAP. 12 Parent Training per la gestione dell’affettività e della sessualità (Giulia Giovagnoli e Luigi Mazzone)
CAP. 13 Parent Training per il potenziamento delle autonomie personali (Marco de Caris)
CAP. 14 Genitori di bambini con disturbo dello spettro dell’autismo e non solo: uno sguardo ai fratelli e alle sorelle (Roberta Abate, Giulia Giovagnoli e Luigi Mazzone)
APPENDICE Glossario dei termini utilizzati nella metodologia comportamentale (Claudia Giartosio, Fabio Lucidi e Giulia Giovagnoli)