Che ci sbattiamo a fare per il dopo di noi? 10 cervelli ribelli chiusi in gabbia valgono 100.000 euro al mese
Ho appena visto il servizio di Raffaella Regoli su una comunità terapeutica in Piemonte. Da quello che si può vedere è una realtà terrificante, ci vivono rinchiusi come fosse un carcere una decina di minori con problemi di vario tipo. La Regione eroga alla comunità 320 euro al giorno per ogni ospite. Il conto è presto fatto la struttura percepisce 100.000 euro mensili di denaro pubblico per tenere in condizioni barbare dei bambini che potrebbero avere gli stessi problemi di mio figlio Tommy. L’inchiesta nasce dalla denuncia di un padre che si è visto trasformare il suo ragazzo in uno zombie. A seguito del servizio di Rete4 è stata aperta un’inchiesta.
Ho scritto e parlato fino all’ossessione di questo incubo ricorrente che attraversa ogni minuto del quotidiano di noi genitori: ogni nostro figlio ha qualcuno da qualche parte che aspetta come uno sciacallo che resti solo, che noi molliamo, che il tempo possa sopraffarci. Ecco allora che la persona alla cui serenità abbiamo dedicato l’intera vita diventa “una retta” , entra in un posto simile a questo, rappresenta il core business di persone che sulla sua esistenza fondano la ragione sociale della loro azienda, specializzata nella raccolta differenziata e stoccaggio di essere umani fuori standard. Non sono nemmeno riuscito a guardare il servizio di Raffaella fino in fondo, ho mandato il link all’amico Roberto Speziale presidente dell’Anffas che mi ha risposto immediatamente:
“Si, queste sono le tipologie di strutture che, dopo la 180 che ha chiuso i grandi manicomi, sono state create ma cambiandogli nome. Questo a lavato le coscienze di tanti ma sempre “discariche umane rimangono”. Strutture più piccole e meglio “imboscate” ma non per questo meno segreganti ed inumane. La sedazione pesante e il totale annichilamento delle persone ne rimane il principale approccio. Mi sono battuto e, per qualche breve momento ci ho anche creduto, che l’aver fatto la legge 112, conferendo una priorità alla deistituzionalizzazione proprio da questa tipologia di strutture e dai grandi istituti, avrebbe avviato un percorso virtuoso per offrire una alternativa di qualità alle esigenze di residenzialita’ ove non più possibile continuare a vivere nella abitazione di origine con i propri familiari o si desiderasse avviare un proprio percorso di affrancamento dalla famiglia di origine. Ma, purtroppo, il sistema regionale ha fatto infrangere ogni nostra più flebile speranza sugli scogli di una becera burocrazia, spesso connivente con il sistema che da questo tipo di strutture (alla pari del ciclo dei rifiuti) ci trae profitto. Ma che ci piaccia o no e proprio la legge 112 la vera ed unica soluzione, magari aggiornandola e semplificandola come sta cercando di fare l’apposita commissione recentemente costituita dal premier Conte.”
Sono grato a Raffaella per aver con coraggio fatto il suo lavoro raccontando “l’indicibile”, che alla fine è quello che tutti sanno e pure noi genitori di disabili sappiamo, ma a tutti conviene fare finta che non esista. Penso che accade qualcosa del genere mentre l’attenzione dell’informazione è in tutt’altro indaffarata, me compreso, che oggi sono stato chiamato per commentare la possibile apertura degli stadi ai tifosi, l’ultima battuta di un politico sul distanziamento sociale, lo “scandalo” della Ferragni vestita da Madonna.
Quando io non ci sarò più anche Tommy dovrà entrare in un posto come questo? Lui che oggi dipinge tigri e gabbiani si trascinerà dietro a delle sbarre con il cervello bruciato dai farmaci? Vi giuro che non accadrà mai! Qualunque sia la scelta che sarà costretto a fare per impedirlo.
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Dalla pagina Facebook di Raffaella Regoli giornalista Mediaset.
#fuoridalcoro Altro che terapeutica, questa Comunità è un lager. E va chiusa! Quello che ho visto in Piemonte è un orrore che pensavo lasciato alle spalle nei vecchi manicomi. Ragazzini imbottiti di psicofarmaci che si aggirano come zombi all’ora di scuola: trascinano i piedi, non ce la fanno neppure a parlare. Non vi possiamo mostrare i volti di questi ragazzi. E forse è meglio cosí. Con Marco Bonifacio, l’ operatore che era con me a girare queste immagini, quasi non credevamo a quello che stava accadendo. Tutto parte dalla denuncia coraggiosa del papà di Jonny, uno di questi ragazzi. Tommaso Varaldo di Aief prende in mano il caso e chiede all’ assessore l’ ispezione di una commissione di Vigilanza. Ora aspettiamo l’ esito di questa ispezione. Un grazie a Vladi Aprilov Jr. per la sensibilità nel montaggio.