Il matematico prodigioso Vito Mangiamele: un pastorello autistico all’Accademia delle Scienze
Nel 1837 il piccolo Vito Mangiamele, di dieci anni, si presentò davanti a Dominique-François Arago, matematico, fisico e astronomo francese, che era membro dell’Accademia delle Scienze. Veniva dalla Sicilia e forse quello fu l’unico viaggio che fece nella sua vita. Suo padre era un pastore semianalfabeta, probabilmente autistico, che aveva insegnato al figlio quel poco di aritmetica che gli permetteva di maneggiare i soldi senza essere truffato.
Nel suo paese Vito era considerato un idiota e più tardi il suo caso venne riportato nelle principali riviste dell’epoca dove era classificato come “idiot savant”, ossia una persona con grave disabilità mentale, che possedeva una sorprendente capacità di calcolo matematico senza saper lui stesso come arrivasse a trovare la soluzione ai problemi che gli venivano posti.
La sua fama arrivò alle orecchie dell’accademico Arago che fu ben felice di sottoporgli quattro quesiti che avevano bisogno di diversi calcoli, impossibili da fare a mente, oltre ad una profonda conoscenza della matematica.
1) Qual è la radice cubica di 3.796.416? E nello spazio di mezzo minuto, Vito rispose: 156.
2) Che cosa soddisfa la condizione che il suo cubo, più 5 volte il suo quadrato è uguale a 42 volte se stesso aumentato di 40? Frase che è meglio compresa dall’equazione x³ + 5x² – 42x – 40 = 0. E Vito, senza alcuna esitazione rispose: 5
3) x5 – 4x – 16779 = 0. È riportato che Vito impiegò cinque minuti prima di chiedere, con una certa esitazione, se 3 potesse essere la risposta; alla risposta che era sbagliato, con più decisione, rispose: 7
4) Estrarre la radice alla 10 di 282.475.249. E anche qui, la sua risposta, 7, data con sorprendente tranquillità
Di lui si parlò anche in Spagna e tuttora la sua storia viene annoverata tra i prodigi inspiegabili della natura che laddove toglie, sembra dare in abbondanza in altro. Dopo il viaggio a Parigi e l’eco tra gli studiosi dell’epoca, la sua vita ritornò all’anonima normalità. Morì nel 1859, all’età di soli 33 anni.
Gabriella La Rovere