Andiamo tutti a Geel, la città dei Cervelli Ribelli!
Van Dale, il dizionario della lingua olandese, elenca sotto la voce “Geel” due espressioni: “legato per andare a Geel” e “venuto da Geel” ad indicare la persona squilibrata. La piccola cittadina di Geel, nel Belgio fiammingo, è famosa per un progetto secolare, risalente al XIII secolo, rivolto a tutti quelli che soffrivano di disturbi mentali. La scelta di Geel come luogo per il trattamento delle persone psichicamente disturbate ha origine con la storia di Santa Dinfna, raccontata in un’opera agiografica scritta nel XIII secolo da Petrus Cameracensis, sacerdote della chiesa di Sant’Uberto a Cambrai.
Quando, attraverso la resurrezione e ascensione al cielo di nostro Signore, il detto dei profeti si era adempiuto e la religione di Cristo era stata portata in tutto il mondo dagli apostoli, viveva in Irlanda un re che, sebbene servisse dei pagani, superava tutti gli altri principi in ricchezza e potere. Questo re aveva una moglie, discendente da una razza illustre, di straordinaria bellezza, alla quale egli era devotamente legato. Questi due avevano una figlia, per niente inferiore a sua madre per la bellezza, chiamata Dinfna, che era stata allevata nella casa reale. Ma, diventando donna, non trovò alcuna soddisfazione nei piaceri della sua posizione, disdegnò le danze e le canzoni allegre e si battezzò in gran segreto e allora si consacrò anima e corpo al servizio del Cristo immortale, suo Signore. Così sua madre si ammalò e presto morì. Il re fu all’inizio quasi consumato dal dolore e dal dispiacere alla perdita della sua sposa, ma dopo un po’ di tempo egli decise di mandare degli ambasciatori nelle province vicine per cercare una da sposare, che doveva essere pari in bellezza e in lignaggio alla sua defunta consorte. E così avvenne. I più saggi ed eloquenti dei suoi servi furono mandati in missione, ma per quanto zelanti, per quanto lontano e vicino cercassero, da nessuna parte poterono trovare una donna di così grande bellezza. Perciò ritornarono tristemente e riferirono al loro signore. C’era – dissero. Il re doveva sposare sua figlia Dinfna, in quanto l’unica pari in bellezza e nascita alla sua defunta madre. Era appena stato pronunciato questo abominevole consiglio che il Demonio – nemico di tutte le virtù – accese nel petto del re una vergognosa lussuria per sua figlia.
Dinfna si ribellò all’ignobile idea dell’incesto, fuggendo di nascosto, attraversò il mare in compagnia di un vecchio prete, di nome Gerebernus, di un menestrello e sua moglie. Arrivarono vicino ad Antwerp, vagarono nell’entroterra finché, raggiungendo Geel, trovarono una chiesa dedicata a S. Martino e decisero di rimanere là, in tranquillo ritiro.
Nel frattempo, nella casa di suo padre si resero conto della fuga di Dinfna, e dopo che il re aveva cercato invano sua figlia nelle regioni vicine, gli venne in mente di cercare e catturare i fuggitivi percorrendo il mare, prese una nave e sbarcò nel porto di Antwerp. Da lì egli mandò messaggeri in diverse direzioni per portargli notizie di sua figlia. Ora accadde che alcuni di questi messaggeri raggiunsero Westerloo, detto anche Westerlo, è un comune belga nelle Fiandre, e rimasero lì per una notte. Ma quando al mattino furono sul punto di proseguire e pagare con le monete native, il padrone della locanda disse che aveva già un certo numero di quelle monete, solo non conosceva né la loro iscrizione, né il loro valore. Alle domande dei suoi ospiti, egli riferì come li aveva ricevuti da una giovane donna che dimorava nelle vicinanze con un prete, e di come fosse bella e come gli sembrasse di nobile discendenza. In seguito i cercatori non ebbero più dubbi, avevano trovato le tracce di Dinfna, e si affrettarono a portare al re la lieta novella. Immediatamente egli raggiunse Geel e vi trovò la fuggitiva con il suo protettore. Ma quando il re iniziò a rimproverare sua figlia e a cercare di trasformare il suo cuore affinché tornasse con lui, il vecchio Gerebernus alzò la sua voce e con parole amare rimproverò il re per le sue richieste malvage. Egli dovette pagare con la vita per il suo coraggio, perché improvvisamente i cavalieri gli caddero addosso e lo uccisero. Il re tentò nuovamente, dapprima con promesse e poi con minacce, di raggiungere il suo scopo, ma quando vide che Dinfna era risoluta, la sua rabbia lo vinse, ordinò ai suoi servi di ucciderla davanti ai suoi occhi e, siccome nessuno osò portare a termine il terribile comando, egli, fuori di sé dalla rabbia, tirò fuori la spada dal fianco e uccise sua figlia…
Molti segni sorprendenti accaddero dopo il suo omicidio, compreso il ritrovamento delle ossa, rinchiuse in un sarcofago di pietra, di una bianchezza abbagliante, privo di aperture, che venne considerato opera degli angeli. Queste ossa furono messe nella chiesa di Geel, ora chiesa di Santa Dinfna, e ben presto si seppero di guarigioni miracolose, soprattutto dei matti e dei deboli di mente, che richiamarono pellegrini da paesi lontani.
I pellegrini, che crebbero di numero di anno in anno, venivano accolti nelle case degli abitanti di Geel e venivano loro concesse indulgenze a pagamento. Nella seconda metà del XV secolo, l’afflusso dei forestieri fu tale che le autorità locali furono costrette a stabilire regole severe che limitavano le case per la ricezione, a quelle nelle immediate vicinanze della chiesa. Intorno al 1449, grazie alle offerte di ringraziamento, fu costruito un annesso alla chiesa, un piccolo manicomio in miniatura con quattro camere. In queste i pazienti all’arrivo venivano alloggiati per nove giorni, un vero e proprio periodo di Novena, durante il quale ricevevano giornalmente la benedizione dei preti. Fino alla metà del XIX secolo, la storia della colonia è stata quella di un afflusso non regolamentato di pellegrini, matti, imbecilli, isterici ed epilettici, di trattamenti mediante esorcismo e di una totale assenza di supervisione, organizzazione o cura medica, di metodi barbarici di contenzione, e di cure miracolose debitamente inserite negli archivi ufficiali e formalmente attestate. (continua)
Gabriella La Rovere