Ultima puntata del viaggio a Geel la città dei matti
Pubblichiamo l’ultima parte l’ultima parte del nostro speciale viaggio dentro Geel “la città dei matti”, una cronaca straordinaria che ci ha proposto Gabriella La Rovere recuperando un report scientifico di più di 100 anni. Geel è una cittadina fiamminga, ignorata nei secoli. Già in età medievale vi giungevano da molte parti dell’Europa malati di mente per implorare la guarigione. Qui continua il rapporto sulla cura dei pazzi presso il villaggio di Geel, redatto da un commissario nel 1905 e pubblicato sul British Medical Journal
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Finanza
Gli allevatori (nourriciers) sono pagati dal governo della colonia secondo la classe dei pazienti affidati alle loro cure, 85 centesimi al giorno per i propres (ossia coloro che sono in grado di prendersi cura di loro stessi), 99 centesimi al giorno per i semi-gâteux (ossia coloro che sono a volte disordinati e sporchi) e 125 centesimi per i gâteux (ossia coloro che sono sempre sporchi e richiedono un’attenzione costante). Per queste somme, tuttavia, gli allevatori sono tenuti a rimborsare all’erario della colonia per la costruzione e la manutenzione degli stabilimenti balneari circa 20 centesimi, trattenendo 64 centesimi nel caso della prima classe (propres), 80 centesimi per la seconda (semi-gâteux) e 105 per la terza (gâteux). Da questa risorsa e dal pagamenti dei pensionanti, la colonia perciò riceve più di 180.000 franchi all’anno. Questo sistema è più economico del manicomio chiuso.
Tasso di mortalità
Questo è un elemento di grande importanza ed è un’indicazione seconda a nessuno del valore di ogni misura terapeutica. “Dites moi votre mortalité – disse Baillarger[1] – et je vous dirai quel est votre régime” (Dimmi la tua mortalità e ti dirò qual è la tua dieta). Per fare un paragone, abbiamo messo fianco a fianco le cifre della colonia di Geel e quelle dei manicomi inglesi a partire dal 1893, e nel considerare queste cifre è importante ricordare che quelle inglesi comprendono le morti tra la popolazione totale del manicomio, mentre quelle di Geel si riferiscono a classi più o meno specializzate – dementi, maniaci cronici, imbecilli, epilettici – nei quali la mortalità è notoriamente alta. A priori, dovremo aspettarci un maggior tasso di mortalità tra i pazienti di Geel rispetto alla popolazione mista ricoverata in manicomio in Inghilterra.
Il tasso di mortalità tra la popolazione dei matti in Inghilterra e Galles è quasi il doppio di quello della colonia di Geel e questo, come vedremo dopo, vale anche per le altre colonie. Un numero di cause cooperano per produrre questa eccessiva mortalità nei nostri manicomi inglesi, ma tutte hanno le loro radici nella stretta convivenza di un gran numero di folli all’interno di aree limitate, numero che ammonta in alcuni manicomi tra 2.000 e 3.000. L’Inghilterra non è sola in questo. L’esame delle statistiche degli altri paesi mostra un tasso di mortalità tra i folli paragonabile alla nostra; dovunque questo marcato contrasto si ottiene tra la mortalità nei manicomi chiusi e quella delle colonie. Non c’è niente di sorprendente in questo. Ciò che sorprende è che in un’età come la nostra, quando le influenze benefiche della luce solare, l’aria fresca e la semplice occupazione sono ampiamente riconosciute, e in cui il valore dell’insorgenza, indispensabile per una vita sana, di quegli stimoli sensoriali ai quali l’uomo si è sintonizzato durante le lunghe ere della sua evoluzione all’aria aperta, sta influenzando tutti i nostri metodi di cura dei sani di mente – che in un’epoca come questa è ancora permesso radunare migliaia di folli poveri all’interno dell’area quadrata di poche migliaia di metri. Nei nostri manicomi privati, con parchi spaziosi e corsi di golf privati, le condizioni ambientali sono naturalmente superiori, e il tasso di mortalità medio degli ultimi 10 anni è stato il 6.17% a paragone del 10,06% dei manicomi della contea. Anche questo tasso di mortalità, tuttavia, è maggiore di quello della colonia di Geel.
[1] Jules Baillarger (1809-1890), neurologo e psichiatra francese. Fu il primo a scoprire che la corteccia cerebrale è divisa in sei strati.
Gabriella La Rovere