Divergenti nella storia

Henry Maudsley sconosciuto precursore dello studio sull’autismo infantile

Wellcome Library, London. Wellcome Images images@wellcome.ac.uk http://wellcomeimages.org Portrait of Henry Maudsley, a member of the St. Albans Medical Club Photograph c. 1846 – 1920 Published: – Copyrighted work available under Creative Commons Attribution only licence CC BY 4.0 http://creativecommons.org/licenses/by/4.0/

Nel libro “The pathology of the mind”, pubblicato nel 1878, Henry Maudsley (1835-1918) descrisse la follia precoce di bambini che più tardi vennero definiti autistici. È stato uno psichiatra, per certi versi rivoluzionario, uno dei primi e più importanti difensori vittoriani di Edgar Allan Poe come uomo e scrittore. Nonostante diversi voluminosi lavori di filosofia e psichiatria, di lui si sa molto poco. Aveva sposato la figlia più giovane di John Conolly, altro eminente psichiatra inglese, dalla quale non aveva avuto figli. Di lui George Savage (1842-1921) scrisse “Al mondo esterno, egli appariva come materialista e pessimista, con nessuna base di fede religiosa; eppure l’ho visto ripudiare l’accusa di essere contrario o antagonista alla religione […] era cinico e talvolta ostile; un uomo che sembrava preferire la solitudine e la contemplazione alla vita sociale”.

Si deve a Sir Aubrey Lewis il ritrovamento di un documento, scritto a mano da Maudsley, probabilmente un suo tentativo autobiografico. Era stato redatto nel 1912 per essere condiviso all’interno della sua famiglia ed era conservato negli archivi degli ospedali Bethlem Royal e Maudsley Joint, del tutto ignorato.

L’autobiografia tratta principalmente dei primi anni e di quelli antecedenti. L’idea sull’importanza della genetica è dimostrata dal suo commento sulla “qualità emotiva del mio patrimonio materno”, e la convinzione che non sarebbe morto per apoplessia “a causa del suono delle arterie legate alla struttura paterna”. Verso la fine egli scrisse riguardo “il giudizio paterno che censura… l’impulso materno” e continuò con l’affermazione che “la parte paterna e materna non erano mai saldate in me in maniera viva, ma solo fissate”. Questa estrema attenzione sul suo ambiente e sul patrimonio ancestrale si accorda perfettamente con la convinzione riguardo l’importanza dell’ereditarietà sia in salute che in malattia. Nell’ultimo periodo della sua vita, a seguito dell’incontro con Galton, divenne un sostenitore della teoria della degenerazione.

La sua descrizione di quando era studente è alquanto strana, ma non sembrano esserci dubbi sul fatto che avesse una memoria straordinaria, come venne confermato da George Savage: “Egli diceva che avesse una memoria visiva insolita e che se fatta una domanda, egli sembrava capace di copiare la risposta da un libro di testo. Non c’è dubbio che avesse una fantastica memoria e che era sempre pronto con citazioni da Shakespeare, dalla Bibbia e da certi poeti”.

Tuttavia l’aspetto più intrigante del frammento dell’autobiografia è l’assenza di ogni dettaglio sulla sua vita lavorativa. Nel 1862, dopo tre anni come sovraintendente medico al Manchester Royal Lunatic Asylum, “divenni irrequieto e desideroso di cambiamento, rassegnai il mio incarico e mi scaraventai a Londra, senza alcuna idea di cosa dover fare là”. Tre paragrafi riassumono poi il resto della sua vita, e il più lungo di questi, l’ultimo, descrive gli eventi dal 1907 quando lui e Frederick Mott negoziarono per la sede di un nuovo ospedale per il trattamento precoce della malattia mentale, al quale Maudsley stesso contribuì con 30.000 sterline. I quarantacinque anni trascorsi tra questi due eventi furono “spesi nell’ottenere tale pratica nella follia e nello scrivere i libri che pubblicai in successione”. Il fatto che aveva editato il Journal of Mental Science per molti anni (1862-1878), che era stato il Presidente dell’Associazione Medico-psicologica nel 1870, che aveva scritto un libro di testo molto importante (The Physiology and Pathology of Mind, 1867) non furono nemmeno accennati. Forse questo accadde perché, come sottolineato da Sir James Crichton-Browne nella sua prima conferenza su Maudsley nel1920, egli conduceva una vita “in prosperità e non movimentata” ed era schivo e timido. Forse ci sono altre ragioni per questa strana omissione. Nel 1890 il suo nome non era più registrato nella lista dei membri dell’Associazione Medico-Psicologica. Sebbene nel 1912 fu nominato membro onorario, non sembrano esserci dubbi sul fatto che sia stato isolato dai suoi colleghi. Per tutta la vita si oppose ai trattamenti forzati quali il contenimento o l’eccessivo uso delle pompe gastriche e con coraggio difese i pazzi criminali dalla pena capitale.

Gabriella La Rovere

Redazione

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