Nessuna colpa se non si hanno alternative per un figlio disabile
Il tribunale di Pisa ha stabilito che un padre che abbandona per 5 anni un figlio disabile non è colpevole. Prima che le anime belle s’indignino, gridino all’ingiustizia e pretendano per il genitore snaturato pene esemplari dirò perché, a parere mio, a quell’uomo non può essere attribuita alcuna colpa.
Alla luce delle scarne notizie sul caso il ragazzo all’età di 15 anni è stato affidato, nell’anno 2017, al centro “Stella Maris” a Montalto di Fauglia, leggo dal sito che fa parte dell’IRCCS Fondazione Stella Maris, Istituto Scientifico per la Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza. Deduco che il ragazzo avesse una fragilità del tipo su cui La Stella Maris interviene come centro d’eccellenza.
Leggo che il padre è di origine straniera, se fosse stato italiano vi assicuro che comunque avrebbe avuto lo stesso problema, vale a dire la gestione di un figlio adolescente con una fragilità che richiede capacità e esperienza, che si trovano solo in solo personale formato. Le cooperative a cui il Pubblico affida il compito di fornire operatori alle famiglie di norma usano personale generico, sottopagato e comunque solo per qualche ora di mera sorveglianza. È quindi chiaro che quell’uomo non avesse altra scelta che affidare il figlio a una struttura specializzata.
Quale poteva essere l’alternativa? Forse tenerselo in casa? È possibile certo, purché il genitore possa dedicarsi per l’intero suo tempo a vivere in simbiosi con il figlio. Resta il fatto che potrebbe avere comportamenti oppositivi, anche violenti, autolesionismo, oscillazioni improvvise dell’umore difficilmente gestibili, a meno che ci siano a disposizione sempre educatori qualificati che coadiuvino la famiglia in un progetto che dura per la vita. Operatori che alla famiglia possono costare in media 15 euro all’ora.
Quel padre poi andò a lavorare in Francia, penso non avesse opzioni migliori. Si faceva vivo ogni tanto con visite molto sporadiche, fino a scomparire del tutto. Non è certo un comportamento esemplare, ma prima di giudicarlo bisognerebbe capire quali alternative fossero state a lui proposte. Si ricordi che uno stato civile dovrebbe farsi carico dei suoi cittadini più fragili, senza dare sempre per scontata la vocazione al sacrificio da parte delle famiglie.
Questo mi permetto di ricordarlo soprattutto alla neo ministra Alessandra Locatelli, che ha subito dichiarato che andrà a trovare questo ragazzo che non ha ricevuto affetto. Lei è una persona che ha lavorato nel mondo della disabilità, non può non sapere che in Italia il massimo dell’onere nella gestione di un figlio disabile cade proprio sui genitori, ai quali è richiesta una capacità di resistenza e sopportazione che non è possibile pretendere sempre e comunque. L’affetto è una grande risorsa, non basta come soluzione di un problema concreto.
Il ragazzo di cui parliamo oggi ha 20 anni, quale alternativa viene a lui offerta oltre quella di rappresentare una retta che lo Stato paga a chi si occupa di lui tenendolo dentro una struttura?
Il padre sicuramente non poteva offrirgli nulla di più. Ha fatto come i genitori di Pollicino, alla fine gli è andata bene che abbia trovato la collocazione giusta e il figlio non sia finito a casa dell’orco.
Di orchi nelle cui mani finiscono i nostri ragazzi fuori standard, cara ministra Locatelli, ne vediamo spesso, basta solo che qualcuno metta una telecamera nascosta e il nostro peggiore incubo diventa realtà.
Gianluca Nicoletti (LA STAMPA del 6/01/2022)