Autismo al lavoro
“Autismo al lavoro” di Tony Attwood e Michelle Garnett – a cura di Marco Cadavero, David Vagni e Davide Moscone – è un libro rivolto alle persone autistiche, senza compromissione intellettiva e di linguaggio, per aiutarle a sviluppare i propri talenti trovando l’occupazione più adeguata, e per favorire il superamento delle difficoltà di inserimento. Nella prefazione si afferma che non si tratta di un libro su come cercare lavoro, ma “come si può star bene nel mondo del lavoro da persona autistica”.
Un recente sondaggio ha rivelato che più del 73% delle persone nello spettro è preoccupato dal fatto di non riuscire a trovare un lavoro e/o a mantenerlo. Spesso sono costrette a periodi più o meno lunghi di aspettativa per disturbi legati all’ansia o alla depressione.
Il lavoro è un aspetto importante nella vita di tutte le persone. Al di là dell’impiego delle proprie competenze, esso consente l’inserimento sociale, favorisce l’opportunità di stabilire relazioni con gli altri, dà valore economico alle proprie capacità.
Tanto si discute sull’inserimento lavorativo delle categorie più fragili. Attualmente viviamo un periodo di impasse, semplicisticamente attribuito alla pandemia, ma che è invece il naturale svelarsi dei limiti concettuali, strutturali e professionali del mondo della disabilità. Le figure che vi ruotano intorno sono imbevute di nozioni – spesso fuori contesto – di scale di valutazioni che alla fine riducono la persona ad un numero o ad una definizione forzatamente calzante. L’essere umano, nella sua straordinaria complessità, non può essere unicamente ricondotto ad un valore, perché il funzionamento non è quello di una macchina.
Non posso non pensare, con una certa preoccupazione, a coloro che seguono un protocollo abilitativo secondo schemi rigidi, ai quali – ahimé – affidiamo i nostri figli. Il “si fa così e così” non si può applicare a priori, perché la reattività è individuale. Il gruppo di psicologi e assistenti sociali valuta spesso IL bambino con disturbi dello spettro, dimenticando la sottile e fondamentale importanza dell’uso dell’articolo indeterminativo UN che racchiude in sé la specificità dell’essere, del sentire e del reagire.
Ritornando al libro, è un manuale, diviso in capitoli, che fornisce strumenti: per la gestione dello stress e del sovraccarico sensoriale; per favorire la socializzazione e la consapevolezza di sé; per riconoscere e mettere in discussione i propri schemi (rigidi) di pensiero; e per aiutare l’organizzazione del lavoro (ma anche della vita personale). Termina con la stesura del Piano Individualizzato allo scopo di condividere informazioni sull’autismo e sulle personali caratteristiche con il proprio datore di lavoro e con i colleghi. “Autismo al lavoro” è un libro estremamente interessante, che offre spunti di riflessioni e modalità operative per tutti coloro che operano nel mondo della neurodiversità, a prescindere dal grado di funzionamento.
Gabriella La Rovere