Buco Nero

Uccidersi a 13 anni perché non abbastanza maschio alfa

Dobbiamo dunque assuefarci anche alla notizia che un ragazzino di 13 anni si possa suicidare perché giudicato non sufficientemente maschio alfa? Dobbiamo considerare “normale” che la fragilità di un adolescente di fronte alla sopraffazione dei figli del pensare rozzo si possa pagare con la vita? Oggi si sprecheranno gli esperti del disagio giovanile, sempre pronti nel dare numeri e statistiche, comunque imbelli di fronte a un fenomeno che tutto sembra volerci far apparire come ineluttabile.

Non mi si venga più a dire che il bullismo è sempre esistito, che è una scuola di vita o peggio che serva ad abituare i ragazzi alle inevitabili asprezze che incontreranno da adulti.

Nulla deve più essere anche solo minimamente immaginato come “naturale” della sistematica organizzazione di gruppo nel tormentare il più indifeso e sentirsi gratificati e protetti dal confondersi nel branco.

 Noi generazione di padri attempati, siamo quelli che hanno respirato le caligini dell’ottusità, del rigore ipocrita e perbenista, del moralismo vigliacco, degli anni violenti, inutili e scellerati in cui a scuola poteva capitare di bastonarsi, accoltellarsi, spararsi addosso. Noi che abbiamo capito sulla nostra pelle quanto sia sciocco bruciare nell’odio verso i nostri coetanei la straordinaria età degli azzardi e delle delusioni, dello stupore e dell’afflizione, delle emozioni incontenibili e dei pensieri inconfessabili.

 Non ci siamo civilizzati con fatica e impegno per poi vedere i figli dei nostri figli ancora azzannare ogni possibile divergente, per definire con precisione il perimetro del prestigio. Tanto meno me la sento di assolvere dalle loro responsabilità tutti quelli che alla ricerca dei valori perduti, ancora si aggrappano a concetti talmente stantii da sembrare impossibile che possano convivere con il tempo che viviamo. Su ogni realtà a cui attribuivamo imperitura esistenza è in corso uno continua e incessante riscrittura. Viviamo una meravigliosa fase della nostra evoluzione umana in cui possiamo ridefinire ogni nostro precedente condizionamento dello spazio e del tempo. Le nostre relazioni galleggiano in un territorio onirico che le rende potenzialmente onnipresenti, qualunque sia il coinvolgimento fisico che possiamo dedicarvi. Ogni rappresentazione del reale è divenuta straordinariamente ambigua, questo ci obbliga a un impegno immenso nell’individuare le radici del vero e distinguerle dal probabile. Tutto ciò ci impegna ancora una volta nella nostra componente umana e ci dovrebbe rendere più forti, più consapevoli e quindi meno insicuri, meno tremebondi, meno vigliacchi.

Per questo non mi rassegno ad accettare che tra i giovanissimi, a cui lasceremo in eredità questa nostra impervia faticata nel vivere consapevolmente una fase di evoluzione, possano ancora persistere pregiudizi barbari e fuori del tempo.

La colpa è sicuramente anche nostra che non siamo capaci di opporre argomenti convincenti, che non siano puramente ideologici, verso chi ancora parla di congiure finalizzate ad attentare alle leggi di natura, chi vede nell’educazione all’affettività e alla comprensione di ogni possibile diversità un sordido tentativo di sovvertire l’ordine cosmico.

Fino a che non faremo passare come valore essenziale la capacità di mettere in discussione i desertificati altari dei selvaggi che fummo, ci saranno sempre ragazzini che cercano leggerezza destinati a soccombere.  Continueranno a essere vittime di altri ragazzini, quelli che abbiamo zavorrato con la nostra più plumbea ottusità nell’accettare che il mondo è cambiato.

(LA STAMPA del 14/11/2023)

Gianluca Nicoletti

Giornalista, scrittore e voce della radio nazionale italiana. E' presidente della "Fondazione Cervelli Ribelll" attraverso cui realizza progetti legati alla neuro divergenza. E' padre di Tommy, giovane artista autistico su cui ha scritto 3 libri e realizzato due film.

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