Al Generale che parla a vanvera di disabili
Il Generale Vannacci avrà pur eroicamente affrontato il crepitio della mitraglia e il rombo del cannone. Resta comunque una vera vigliaccata quello che ha detto sugli studenti disabili, che secondo lui occorre mettere in classi separate dalle persone capaci di correre veloci. Me lo aspettavo. Ero preparato al fatto che dalla sua graduale operazione di compiacimento della parte più ottusa e retrograda che alberga in ogni umano, dovesse necessariamente uscire prima o poi una posizione discriminatoria verso chi non ha un corpo o un cervello nello standard.
Me lo aspettavo. A lui mancava solo di affermare che i disabili sarebbe meglio rinchiuderli in contenitori per la raccolta differenziata di umanità inadeguata. Ora potrà avere la certezza di aver vellicato, fino alla radice, il sex appeal del purulento che alimenta il più ipocrita “genteperbenismo”.
Il combattente Vannacci aveva già esposto il virile petto al plotone d’esecuzione, schierato per punirlo di avere “coraggiosamente” proclamato le verità, a dir suo, indicibili per la dittatura del politicamente corretto.
Sin dagli albori della sua epifania letteraria regalò alla Nazione realtà fino ad allora oscurate, come l’idea che le persone gay non siano sessualmente nella norma, o che i neri non abbiano stesso colore dei bianchi. Certezze assolute, scritte con lettere di fuoco nelle tavole della legge di natura e che nessuno può negare.
Mancava solo che confermasse la sua convinzione che le abilità degli umani vadano coltivate in serragli ben distinti, evitando che quelli mediamente dotati possano essere penalizzati da quelli in cui le dotazioni “base” di mobilità, intelletto, vista, udito e capacità espressiva sono diversamente distribuite.
Vannacci dice di non intendersi di disabilità, allora perché parla di quello che non conosce? Perché lascia filtrare un retropensiero così abominevole, come il disabile da sottrarre alla società di chi produce? Non si dimentichi che intorno alla metà degli anni Trenta in Germania cominciarono ad apparire manifesti a cura del partito nazista in cui era scritto: “Un disabile costa, durante la sua esistenza, 60.000 marchi al popolo. Connazionale, si tratta anche dei tuoi soldi!”. Poi iniziò ActionT4, lo sterminio industriale degli “imperfetti”.
Per questo oggi è una vigliaccata anche solo fare l’occhiolino a chi vede il disabile come peso sociale, magari pensando che possa fare scopa con il duce statista, faccetta nera che aspetta e spera, il “nulla contro i gay, purché stiano a due palmi dal mio posteriore”.
Esagero con il paragone? Lo verificherò domani in base a quanti mi diranno di aver frainteso la sua buona intenzione. Forse qualcuno dirà pure che noi, genitori di figli disabili, siamo confusi dal nostro dramma personale, che rappresentiamo fino all’ossessione.
Mi si conceda però dire che è vile rimettere in dubbio quel poco che per noi si è conquistato sulla via della civilizzazione? Neri e gay si possono difendere, possono prendere di petto il generalissimo e chiedergli conto di quello che dice, hanno pezzi enormi della società civile, noi compresi, pronti a mobilitarsi perché siano mantenuti i loro diritti acquisiti.
I disabili invece sono sempre soli e con pochissimi strumenti per difendersi. Sono i più fragili tra i fragili, hanno unicamente le loro famiglie e qualche associazione, per lo più sostenute sempre da familiari, come baluardo sicuro per il mantenimento in vita della loro dignità di cittadini e diritto a esistere. Soprattutto quelli con cervelli divergenti, i disabili che sicuramente fanno più paura al popolo di Vannacci, hanno davanti a loro il destino fatale di finire un giorno rinchiusi quando la famiglia non potrà farsene più carico.
A loro conforto esiste ancora il debolissimo sostegno di una legge “italianissima”, che è di sicuro la più avanzata in Europa. È proprio quella che sancisce il loro diritto a una vita scolastica inclusiva. Legge sicuramente non applicata in pieno e ovunque allo stesso modo, legge però che nessuno deve sognarsi di rimettere in discussione, nemmeno il più nerboruto degli eroi del popolo.