Decifrato il codice genetico per “curare” l’autismo? Calma forse non è proprio così
E’ rimbalzata sulle agenzie italiane una notizia che sembrava annunciare una scoperta che avrebbe “decifrato il codice genetico dell’ autismo“. Ciò renderebbe possibile per i medici “individuare, classificare e curare l’autismo e le condizioni neurologiche correlate senza dover attendere segnali comportamentali.” Abbiamo chiesto a Gabriella La Rovere di leggere per noi lo studio originale e spiegarci di cosa in realtà si tratti. (Qui la notizia ripresa da ADNKronos)
PS Aggiornamento ore 14.15. Fa sorridere che per una notizia uscita a giugno alcune associazioni dell’autismo italiano si siano affrettate per dire sostanzialmente quello che ha detto con semplicità il nostro pezzo (in un sitarello artigianale come il nostro) solo immediatamente dopo la sua uscita. Vedi qui… “ASSOCIAZIONI CONTRO LA SEMPLIFICAZIONE MEDIATICA!”
L’autismo è una condizione complessa, derivante da una combinazione di fattori genetici ed ambientali. Attualmente la diagnosi è soprattutto comportamentale, ma c’è una forte base genetica con recenti stime di ereditabilità fino al 90%.
Recentemente, sono stati identificati molti nuovi geni legati all’autismo con variazioni del numero di copie (CNV) che conferiscono un rischio relativo sostanziale. Le variazioni del numero di copie di un gene sono sequenze genomiche ripetute e il numero di ripetizioni è diverso da individuo a individuo. Più di 200 CNV sono state legate all’autismo. Un’importante CNV è 16p11.2 (ossia duplicazione del materiale genetico della regione chiamata 11.2 situata sul braccio corto p del cromosoma 16). Non tutti coloro che hanno una microduplicazione 16p11.2 hanno lo stesso segmento di materiale genetico. Alcune duplicazioni sembrano essere uniche, altre sono presenti in più persone. Oltre alle duplicazioni ci sono le delezioni, ossia la perdita di materiale genetico. Si è visto che le delezioni 16p11.2 aumentano il rischio di autismo del 38% mentre le duplicazioni solo del 20%. Dato che la regione 16p11.2 è coinvolta nell’autismo (ma non è la sola!) il lavoro[1] di Shinjini Kundu, del dipartimento di radiologia del John Hopkins di Baltimora, è stato quello di usare l’intelligenza artificiale per rilevare le modificazioni invisibili con le attuali tecniche di neuroimaging e in questo modo “prevedere” l’autismo prima che si manifesti clinicamente.
La notizia è rimbalzata sui giornali italiani con titoli sempre più sensazionalistici fino ad arrivare all’affermazione che sia già possibile fare una diagnosi precoce di autismo, addirittura “guarire” da questo disturbo non considerando che i geni coinvolti siano diversi, non solo quelli presenti sul cromosoma 16, non tutti identificati. L’approssimazione è frutto dell’ignoranza, del fatto che il giornalismo scientifico è fatto da persone con scarsa, se non nulla preparazione, non abituati a leggere gli articoli scientifici con l’attenzione che hanno solo i professionisti della materia. È una diatriba ormai stantia che alla fine crea danni, come in questo caso, illudendo tanti genitori.
[1] Kundu S., Sair H., Sherr E.H., Mukherjee P., Rohde GK “Discovering the gene-brain-behaviour link in autism via generative machine learning” Sci. Adv. 2024 Jun 14; 10 (24)
Gabriella La Rovere