E’ morto Riccardo Bonacina
Un ritratto di Riccardo Bonacina – Giorgio Boato
E’ morto Riccardo Bonacina, avevamo la stessa età, siamo stati amici tanti anni fa, ultimamente ci sentivamo ogni tanto, sempre via whatsapp. Io gli segnalavo delle mie iniziative lui me le rilanciava, qualche mese fa mi fece fare una bella intervista sulla “mototerapia” da Alessandro Banfi, un altro caro amico e collega.
L’avevo sentito l’ultima volta a ottobre, mi aveva invitato alla festa dei 30 anni di “Vita” la sua creatura. “E noi come vivremo?” era infatti il titolo della due giorni che si sarebbe tenuta il 25 e 26 ottobre alla Fabbrica del Vapore di Milano. Promisi che sarei andato, mi avrebbe pure fatto piacere, come sempre accade però non ho trovato il tempo, per me anche un giorno fuori dalla routine è un problema.
Riccardo in quell’occasione mi ha ricordato che ci sentivamo spesso quando lui stava progettando “VITA”, lo ricordo bene lo andavo a trovare nella sua redazione e guardavamo insieme i numeri zero, allora era un giornale cartaceo e rappresentava un’assoluta novità, non c’erano organi d’informazione specifici sul terzo settore. A me non piaceva il nome “Vita”, venivamo da culture diverse, lui invece era molto convinto. Dette comunque una chance ai miei dubbi e me lo ha scritto in quell’ultima chat: “. Ricordo il tuo test in un’edicola in cui provasti a chiedere “Ha vita?” per vedere l’effetto che faceva. E mi desti il via libera al nome”.
Fu coraggioso Riccardo 30 anni fa, aveva un programma in Rai lo stipendio sicuro e una forte visibilità televisiva. Lasciò tutto per fare il suo giornale perché ci credeva, fu davvero un precursore nel raccontare la realtà da un punto di vista che normalmente non genera consenso, tanto meno profitto.
In questi giorni è arrivata anche la triste notizia della chiusura di “Redattore sociale”, la testata scomparirà i giornalisti specializzati e competenti andranno a casa. Anche quella realtà nata più o meno nello stesso periodo.
Tutto questo mi procura una profonda tristezza, prima di tutto per la morte di un amico, anche però perché questo evento funesto coincide con la fine di un racconto della realtà che metteva in luce gli aspetti più indicibili della solitudine, dell’emarginazione e dello stigma che produce una società non civilizzata e ignorante.