Sesso e disabili ma anche altro
Di disabilità si parla sempre meno, o meglio se ne parla tanto a sproposito. Purtroppo oggi il disabile per esistere deve rappresentare un brand, deve costruirsi un’immagine che divenga il pretesto per i normotopici di esternare il loro altruismo, la loro amorevolezza, il loro stupore per dei supposti superpoteri in chi sia fuori standard. Soprattutto il disabile serve per essere considerato, assieme ai suoi caregiver s’intende, parte di un manipolo di eroi. Tutti l’ammirano purché non rappresenti i suoi problemi come un carico per tutta la società.
Jacopo Melio preferisce non costituirsi come “fenomeno”, raramente lo si vede in tv e l’impressione è che in questo momento storico non sia proprio la persona più funzionale al grande show dei “disabili carini e simpatici”, quello spettacolo che manda in sollucchero amministratori, politici, giornalisti e conduttori tv. Tutti siamo buoni, tutto è risolto, non ci sono problemi, grazie a questi angeli la disabilità è un piacere per tutti.
Jacopo ha scritto un libretto niente male, andrà di traverso a chi galleggia nell’idillio e nella mitopoiesi di genitori eroici e disabili straordinari. Il titolo è lievemente paraculeggiante: “Ma i disabili fanno sesso?” (100 risposte semplici a 100 domande difficili; Erickson 2025), il sesso è una gran calamita si sa, è bene però specificare che non è un manuale sulla sessualità, magari è anche molto di più.
Certo è che se uno come me lo compra per vedere se finalmente qualcuno può spiegargli se permettere o meno “il grande passo” al figliolo autistico con l’ormone a mille, non trova risposta. Il tema è lambito, rimandando a personale specializzato, avvertendo giustamente che “certe necessità, se non accolte in modo adeguato possono portare a serie problematiche e disfunzioni”. Una risposta certa non può darcela nessuno e lo so bene. Il sesso per persone neuro divergenti non è contemplato nemmeno in libri encomiabili come questo, è un problema che deve sbrigarsi chi ha in carico figlioli e figliole che non potranno mai esprimere chiaramente un loro desiderio, perché non parlano.
Soprattutto perché non sanno cosa sia quella cosa che chiamiamo sesso con un’altra persona. Possono al massimo aver sperimentato su sé stessi che certe manovre provocano piacevolezza, già educarli a gestire l’autoerotismo è un’impresa, ancora adombrata da mille tabu e reticenze. Figuriamoci il gestire l’organizzazione di un rapporto sessuale senza sapere come reagirà la persona “beneficata”, senza che nessuno ti dia la certezza che dopo quell’iniziazione (spesso non richiesta) non si potrebbe creare un problema ulteriore. Ammesso poi che sia stata un’esperienza piacevole, come avere la sicurezza che tuo figlio capisca che, da quel momento in poi, ogni persona incontrata per strada sia disponibile a ripetere quell’atto? Ho captato discorsi di madri di ragazzoni trentenni confrontarsi le esperienze. Per alcune è stato più facile perché il figlio aveva un buon funzionamento, ha trovato la persona giusta (escort) e periodicamente la richiama a casa. Per altre la cosa è molto più complessa e cercano sex toy adeguati a permettere un palliativo soddisfacente dell’atto sessuale.
L’esperienza che ho è comunque di mancanza totale di punti di riferimento specialistici a cui sottoporre il tema. Ognuno si arrangia seguendo l’istinto, il buon senso, secondo quello che pensa sia meglio per la specifica collocazione che ha il figlio nel variegato spettro dell’autismo.
Però comunque a leggere Jacopo Melio non si rimane mai delusi, è vero che si scopre che il sesso è solo uno dei tanti temi trattati, in compenso si giubila rendendosi conto che tutto quello che si è arrivato a capire in venti anni di gestione di un “cervello ribelle”, Jacopo lo ha scritto diligentemente e acutamente. Sono i fondamentali da conoscere se si vuole appartenere alle persone “civili”, compilati sotto forma di cento domande “indicibili”, a cominciare dalla insensatezza di un Ministero della disabilità, dell’inutilità delle giornate dedicate ai disabili. Come quanto sia una bestialità usare la disabilità come insulto in nome del “basta con questo politicamente corretto”. Soprattutto si ribadisce una verità assoluta: è ora di smettere di pensare i disabili come solo anime destinate al paradiso, gli eroi sono quelli che muoiono in guerra e nessun disabile tiene a questo privilegio. (LA STAMPA/SPECCHIO 26 gennaio 2025)