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Togliamo i social agli anziani (me compreso)

Togliamo i social agli anziani, sono loro la vera categoria fragile da tutelare dalle tentazioni del demone digitale.   Meraviglia che ancora non si sia costituito un serio movimento d’opinione che sostenga una campagna civile, per la salvaguardia dei boomer dall’attrazione irresistibile di identificarsi con la propria coscienza digitalizzata, sguinzagliandola alla scoperta di tutto quello che per la loro generazione è sempre stato considerato indicibile.

Ancora pensiamo che il vero problema per chi ha i capelli bianchi sia il colesterolo cattivo, la cataratta, l’artrosi o l’appannamento mentale? È tutto già scritto nel DNA e c’è già chi ci pensa. Nessuno si muove invece per arginare i nuovi rischi che corre chi ha uno smartphone in mano, protetto solo dalla sua irrinunciabile cover a portafoglio.

Alla fine degli anni 80 andava di moda citare Norberto Bobbio, per sostenere che sarebbe servita una sorta di patente per chi faceva televisione. Non è nemmeno sicuro che lui l’avesse mai detto in maniera così esplicita, fu comunque argomento per belle discussioni. Servì a molti per sentirsi dalla parte giusta nel dire che la tv nuoceva gravemente ai giovani.

Oggi, almeno in Italia, la tv detta “generalista” i giovani nemmeno la guardano, per loro potrebbe anche scomparire e non se ne accorgerebbero. E diventa la camomilla che accompagna l’abbiocco, in un pubblico molto avanti nell’età. Importante far passare tanta pubblicità di lassativi, presidi per incontinenti, adesivi per dentiere, riduttori di prostata. Per far circolare tutto questo di sicuro non serve più la patente, la tv può procedere serenamente a guida autonoma, come le fanta auto di Elon Musk.

Il vero problema però è che una parte di quel pubblico, che sarebbe destinato alle repliche di Don Matteo, ai pacchi, a zia Mara e alle geronto balere di Maria, ha scoperto i social network.

Qui veramente bisognerebbe pensare a una sorta di abilitazione per garantire la sicurezza agli umarel e le loro consorti lasciati soli in rete. Non va sottovalutata la vera emergenza che riguarda gli over 60, troppo velocemente proiettati in una dimensione spazio temporale che nulla ha a che fare con le loro caratteristiche genetiche. Un anziano che si muove in ambiente social è molto più indifeso e potenzialmente capace di disastri, rispetto una parte di umanità che va dai Millennial alla Generazione Z, già abituati dalla nascita a respirare l’atmosfera di un ambiente digitale.

Ne è una testimonianza il fenomeno delle “truffe affettive”. Stringe il cuore la scoperta di quante siano le nonne ammaliate on line da presunti vedovi ex militari, pronti ad amarle per tutta la vita residua. Romantici, premurosi, attenti ad assecondare (a distanza) ogni loro desiderio. Quasi sempre hanno figli macilenti che necessitano cure costosissime. Non si faranno mai vedere in anni di chat, sarà però un piacere inviare loro soldi per degenze, cure, imprevisti finanziari. È il ricco business di un’organizzazione criminale internazionale, con basi nei paesi più remoti, che ogni giorno crea l’illusione di relazioni appaganti per estorcere denaro e prosciugare pensioni e gruzzoletti, messi da parte in una vita di sacrifici.

Come pure andrebbe interdetto all’uso dei social a chi lo immagina come ricettacolo dei propri rancori inconfessabili. L’esempio più recente è stato il professore di tedesco di Cicciano, che ha augurato in un post scellerato alla figlia della Presidente Meloni di fare la stessa fine della ragazza uccisa ad Afragola.

Come ha fatto a non potuto prevedere cosa gli avrebbe scatenato contro scrivere una bestialità del genere? Gli anni di studio, di docenza, di contatto con i ragazzi non sono bastati per capire che non è prudente affidare al giudizio del mondo ogni pensiero malevolo che passa per la testa. Imbarazzante persino aver addossato la colpa all’intelligenza artificiale, senza sapere che è programmata per avere il candore di un chierichetto-

 Ora qualcuno mi accuserà di ageismo, tranquilli parlo contro il mio interesse; ho più di settanta anni e sarei io il primo ad essere privato per legge della mia protesi emotiva, a meno che dimostri con certificati e prove di abilitazione, di essere in grado di saperla usare con moderazione e giudizio, senza procurare danni a me stesso e al mio prossimo. (La Stampa 5 giugno 2025)

Gianluca Nicoletti

Giornalista, scrittore e voce della radio nazionale italiana. E' presidente della "Fondazione Cervelli Ribelll" attraverso cui realizza progetti legati alla neuro divergenza. E' padre di Tommy, giovane artista autistico su cui ha scritto 3 libri e realizzato due film.

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