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I coniugi anziani che hanno scelto di morire assieme


Rando e Graziella hanno scelto di morire assieme, dopo aver vissuto assieme per 40 anni. La scelta del fine vita per loro è corrisposta a una volontaria eutanasia di coppia. Dei due coniugi ultraottantenni di Sanremo, che si sono buttati tenendosi per mano dal quinto piano del loro palazzo, però è certo solamente la moglie fosse malata in maniera grave, forse lo era anche il marito ma ancora non è chiaro. Di certo la loro decisione di chiudere all’unisono l’avventura terrena è stata un atto d’amore reciproco. Si possono razionalmente prendere tutte le distanze possibili dall’idea che la morte e l’amore possano essere visceralmente collegati, soprattutto nell’umano desiderio di unione indissolubile tra persone. Di fatto questi due innamorati con i capelli bianchi hanno serenamente e razionalmente maturato la loro decisione di volarsene verso l’ignoto, proprio perché non concepivano alcuna forma di esistenza possibile separati l’una dall’altro. È una forma di amore antica, desueta, improponibile nell’ondivaga attitudine della sperimentazione continua che segna le relazioni nella contemporaneità. È un amarsi fuori del tempo che merita però rispetto e non va assolutamente giudicato come follia, raptus, frutto di sconforto e solitudine. Rando e Graziella, finché per loro è stato possibile, hanno vissuto una vita piena, hanno coltivato interessi, relazioni, sono stati attivi nella comunità in cui vivevano. Non erano disperati, solamente condividevano l’assoluta certezza che per loro non sarebbe potuta esistere altra maniera di far passare il loro tempo se non tenendosi per mano.

Si sono preparati al grande salto nel buio, hanno regalato piccole cose alle persone del vicinato a loro più care, hanno lasciato la casa in perfetto ordine, tutto pulito, niente fuori posto proprio perché la loro uscita dal mondo avrebbe dovuto essere garbata come è stata la loro esistenza. Forse erano andati a esplorare quel terrazzo all’ultimo piano, chissà forse avranno pure pensato che morire atterrando assieme in un giardino sarebbe stata la maniera meno crudele di andarsene, volando per mano verso quel residuo di erbetta fresca, scampata alla devastazione palazzinara. Avranno valutato che per loro oltre quella balaustra potesse esistere la speranza di un’eternità, o comunque qualunque cosa ci potesse essere era preferibile allo spettro di essere divisi. Malattia o non malattia, non era tollerabile che uno di loro lasciasse l’altro solo al mondo.

Non si può fare a meno di essere sopraffatti dall’amarezza immaginando quei due corpi anziani senza vita, mi sento però di dire che una volta tanto nessuno potrà dire che questa era “una tragedia evitabile”, come purtroppo spesso si sancisce quando le cronache ci parlano di coppie unite in un lago di sangue. La scelta di morte, volontariamente condivisa dai due antichi innamorati, serve a ribadire ancora di più il concetto di quanto nulla abbia a che fare con l’amore l’uccisione di una persona di cui si pretende il possesso, il suicidarsi dopo il crimine non assolve il femminicida, non alleggerisce di un grammo il suo crimine, in cui la morte ingoia e distrugge ogni parvenza possibile di amore passato.

Nella fine di Rando e Graziella nessuno ha ucciso, nessuno ha subito, nessuno ha odiato. L’aiuola che li ha accolti oltre il precipizio non è una scena del crimine, è la porta di passaggio che hanno scelto di varcare nella speranza di un amore senza fine.

(LA STAMPA del 3 settembre 2025)

Gianluca Nicoletti

Giornalista, scrittore e voce della radio nazionale italiana. E' presidente della "Fondazione Cervelli Ribelll" attraverso cui realizza progetti legati alla neuro divergenza. E' padre di Tommy, giovane artista autistico su cui ha scritto 3 libri e realizzato due film.

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