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Agli albori dell’autismo

Per quanto ne sappiamo, l’autismo è sempre esistito e, fortunatamente, la conoscenza dei diversi meccanismi mentali che ne condizionano il comportamento ha permesso una progressiva inclusione.

L’uomo è fondamentalmente un animale sociale e vivere in gruppo ha rappresentato il migliore sistema per la sopravvivenza. Secondo Penny Spikins, docente senior di archeologia delle origini umane all’Università di York, è stata proprio la diversità ad aver avuto importanza nel processo evolutivo. Lo sviluppo dell’agricoltura, avvenuta circa 12.000 anni fa, ha cambiato il corso dell’evoluzione umana e l’uomo è passato da una vita nomade, con tutti i pericoli correlati, ad una più stanziale. Sembra che l’autismo fosse presente già prima dell’età della pietra, cosa estremamente importante in termini evoluzionistici.

L’autismo è spesso associato ad un’ipersensibilità sensoriale (visiva, olfattiva, gustativa), nonché a eccezionali capacità di memoria e a grande attenzione ai dettagli che, molto probabilmente, hanno rappresentato le carte vincenti, utili alla sopravvivenza. I nostri antenati autistici potevano non essere dei grandi simpaticoni, ma sicuramente la loro ipersensibilità sensoriale ha favorito la sopravvivenza.

Quello che è stato definito “vantaggio dell’autismo” in ambito evoluzionistico è una prospettiva nuova, presente in un articolo del 2011 pubblicato su Evolutionary Psychology secondo il quale il comportamento ossessivo-compulsivo troverebbe spiegazione nel soddisfacimento della fame e della sete con apprendimento e perfezionamento delle abilità di caccia e raccolta.

La capacità di concentrarsi sui dettagli sarebbe invece responsabile dell’incredibile realismo di orsi, bisonti, cavalli e leoni che decorano le pareti dei siti archeologici dell’era glaciale come la grotta di Chauvet, nel sud della Francia. All’inizio si era ipotizzato che tale maestria fosse dovuto all’uso di erbe psicotrope, ma gli studi sembrano propendere per artisti con autismo. Infatti, le raffigurazioni di animali nelle grotte europee mostrano caratteristiche simili a quelle delle opere di artisti neurodivergenti, come Nadia e Stephen Wiltshire.

Le caratteristiche dell’arte di Nadia sono legate al suo autismo: si parla di un’attenzione alle parti piuttosto che al tutto derivante da una scarsa coerenza centrale e dalla mancanza del linguaggio. Come osservato da Lorna Selfe nel libro Nadia: a case of extraordinary drawing ability in an autistic child (1977), i bambini di età simile senza autismo percepiscono, ricordano e disegnano un cavallo stilizzato “ideale” concentrandosi su ciò che sanno che un “cavallo” implica (come essere un animale con quattro zampe). Non appena le capacità verbali di Nadia hanno iniziato a svilupparsi, ha perso le sue doti artistiche, producendo disegni più tipici di una bambina della sua età. L’implicazione sembrava essere che, libera dall’imposizione di categorie linguistiche e sociali, Nadia potesse vedere e ricordare le cose in modo diretto e accurato.

Paul Bahn, uno dei massimi esperti internazionali di arte paleolitica, non ha accettato alcun legame necessario tra un talento eccezionale nell’arte (autistico o meno) e mancanza di capacità verbale. Ha osservato che le capacità di altri artisti autistici di talento non sono influenzate da quelle verbali. È certamente vero che simili abilità basate sulla precisione, su un interesse per la sovrapposizione e una resa estremamente accurata a memoria, siano evidenti nell’arte di altri artisti autistici di talento, come Peter Myers e Stephen Wiltshire.

Wiltshire è in grado di disegnare in rapida successione, in scala e in prospettiva, una veduta di tutta New York dopo un volo in elicottero di 20 minuti. Né Myers, né Wiltshire hanno sofferto di deficit linguistici da adulto. Anzi, la perdita di abilità speciali è un’eccezione piuttosto che la regola nel caso degli artisti con autismo.

Osserviamo anche che i tratti dell’autismo non si limitano all’arte rupestre, o anche solo all’arte. Altre caratteristiche interessanti sono evidenti nell’arte portatile dell’era glaciale, che ha ricevuto molta meno attenzione rispetto a quella rupestre. Quest’arte portatile illustra alcune somiglianze con una visione autistica, tuttavia ci sono anche altre caratteristiche innovative di particolare interesse come nella “mappa paleolitica” della grotta di Abauntz, nel nord della Spagna. Questa piccola targa raffigura il paesaggio circostante la grotta, mostrando fiumi, montagne, aree di foraggio e di caccia; inoltre sono riconoscibili schizzi di stambecchi, renne, cervi..

Altri artefatti mostrano annotazioni calendariali o astronomiche che registrano i cicli naturali come la placchetta di Abri Blanchard, che mostra le fasi lunari e la sua posizione nel cielo. La creazione di questa placchetta deve aver comportato l’impostazione di un sistema di coordinate e la registrazione della posizione e della forma della luna ogni notte.

La nostra storia delle origini umane deve includere, anziché escludere, l’autismo. Tuttavia, scrivere una nuova storia delle origini umane sulla diversità e l’inclusione non è necessariamente facile. Essere umani non significa avere un particolare tipo di mente, ma essere parte di un equilibrio complementare tra le persone. La nostra nuova storia non può riguardare una mente o l’altra, ma ciò che accade tra di esse. Considerare la storia dell’inclusione di individui con tratti autistici semplicemente come una questione di valore, talenti o competenze rilevanti per la sopravvivenza significherebbe perdere di vista la rilevanza della diversità autistica in ciò che ci rende umani.

Gabriella la Rovere

gabriella la rovere

Redazione

La redazione di "Per Noi Autistici" è costituita da contributori volontari che a vario titolo hanno competenza e personale esperienza delle tematiche che qui desiderano approfondire.

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