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Grazie a Simona i pupazzi di Tommy sono un murales dei detenuti nel carcere di Cremona

L’artista Ternana Simona Angeletti (lo Zoo di Simona) ha passato dei giorni a fare murales con i detenuti del carcere di Cremona. E’ la stessa donna che mesi fa ci aiutò a uscire da un incubo facendo fare murales ai ragazzi di una scuola a Poggio Mirteto, ispirandolsi al libro di Tommy: “Nel Paese dove i maiali volano i lupi galleggiano”. Allora la sua idea portò la luce in un ospedale oggi l’ha portata in un carcere. Questa il racconto scritto di suo pugno.

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Le foto che vedete sono il minimo per dare una bozza d’idea. Molto, moltissimo, è ancora da immaginare. E in quella parte immaginata c’è tutta la storia.Sono entrata nel carcere di Cremona per un bando nazionale sul muralismo. Due settimane “dentro”, tra metal detector, porte stagne e ritmi che non rispondono più ai tuoi.
Mi mostrano gli spazi: due corridoi interminabili, uno di venti metri e uno di quasi trenta.
Bianchi. Troppo bianchi. Spazi che fanno eco ai passi e ai pensieri.
Rimbomba tutto.

La prima cosa che ho pensato è stata: qui serve un bosco. Un bosco vero, mio. Il bosco dello Zoo di Simona.
Qualcosa che addolcisce l’aria, sfuma le pareti, porta respiro dove manca e rimette un po’ di mondo dove il mondo sembra sospeso.

Così nasce il primo corridoio: rami, foglie, un sottobosco neo-pop che apre una via di fuga immaginaria tra chi entra e chi rimane.

Poi arriva il secondo corridoio. Potrei continuare con papaveri e cielo, sarebbe semplice. E invece mi attraversa un pensiero: Tommy.

Tommy con la y.
TommyLab104, tutto attaccato. 104 come l’invalidità. Il ragazzo che comunica con l’arte, che ho incrociato anni fa nel progetto Incastri e che, senza una logica apparente, mi è rimasto addosso come solo certe anime che parlano per immagini sanno fare.

Mi torna in mente l’anno scorso: il bando PNRR vinto per Poggio Mirteto, il libro di Tommy arrivato dal preordine, l’annuncio improvviso del suo coma farmacologico dopo crisi epilettiche devastanti.
E io, che lo conoscevo appena, che piango come per qualcuno di famiglia.

A Poggio Mirteto racconto la sua storia ai ragazzi.
Loro ascoltano, capiscono, si innamorano.
Riempiono tutta la hall con i suoi personaggi, mentre si leggono il libro come fosse un talismano. Mando tutto a Gianluca, il papà di Tommy.
E Tommy si sveglia.

Non sarà stata magia.
Ma da quel giorno Tommy non è più “quel ragazzo neurodivergente che disegna pupazzi”: è diventato un ponte.

Ed è per questo che nel carcere di Cremona decido che il secondo corridoio sarà Omaggio a TommyLab104.

Racconto agli ospiti chi è Tommy, come comunica, quanto è importante la sua arte.
Gli passo il libro. Lo leggono, lo sfogliano, lo tengono come si tiene un oggetto vivo.

E mentre dipingiamo, qualcuno nei corridoi lunghissimi, tra una sbarra che si apre e una che si chiude, dice:

“Maestra, ma questi disegni non li fanno neanche all’asilo dei miei figli.”
E un altro: “Oh, ma state facendo un parco giochi per bambini?”

Io sto per rispondere, ma non serve.
Perché rispondono loro.

Gli stessi ragazzi del laboratorio.
Gli stessi che la differenza la vivono ogni giorno.

Spiegano Tommy agli altri.
Lo raccontano nelle celle, nei piani, ai compagni che non lavorano con noi. Diventano divulgatori spontanei. Missionari del colore.
Mi preparano disegni da mandargli.

E uno, con un pudore che mi ha piantato un coltello dolce nello stomaco, mi chiede:

“Maestra… se un giorno torni qui con Tommy… mi chiami?”

Gli ho detto la verità più nuda:

“Voi un giorno uscirete. Tommy ancora no.
La sua strada, per ora, sono i disegni.
E oggi siete voi a portarla avanti.”

Le foto che ho ora non mostrano tutto.
Mostrano giusto un frammento di ciò che è accaduto:
un bosco che nasce dove non dovrebbe esserci
e un ragazzo neurodivergente che, senza essere presente, entra in un carcere e crea un filo tra vite lontanissime.

Il resto — il silenzio, i racconti, i sorrisi inattesi, le mani che tremano mentre dipingono, l’aperitivo con aranciata e wafer alla vaniglia —
quello si può solo immaginare.

Ed è giusto così.

La maestra.
Lo Zoo di Simona.


Gianluca Nicoletti

Giornalista, scrittore e voce della radio nazionale italiana. E' presidente della "Fondazione Cervelli Ribelll" attraverso cui realizza progetti legati alla neuro divergenza. E' padre di Tommy, giovane artista autistico su cui ha scritto 3 libri e realizzato due film.

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