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La giornata mondiale dei disabili è per tutti

La giornata mondiale del 3 dicembre dovrebbe ricordare la disabilità a chi non ne è direttamente coinvolto. Non è facile. Siamo stati allevati nell’idea che quello dei disabili sia un mondo a parte, composto da persone con delle limitazioni nel muoversi, vedere, ascoltare, usare il cervello. Tutti gli altri in realtà possono chiamarsi fuori.

Proviamo a chiederci invece perché, almeno una volta all’anno, si dovrebbe ricordare al mondo di quelli più o meno nello standard funzionale e intellettivo che esistono persone disabili. Per farlo diciamo di solito che ognuno dovrebbe farsi carico anche delle fragilità altrui, però più circostanziamo più scateniamo sbadigli, a meno che usiamo gli effetti speciali. Passato lo stupore però anche quelli lasciano il tempo che trovano.

Il mantra che sarebbe meraviglioso diffondere dovrebbe piuttosto recitare questa formula: “È indispensabile che la disabilità faccia parte della mia sfera di attenzione perché, in ogni momento della mia vita, anche io ne posso essere lambito, nella persona, nella progenie, negli affetti.”

Questo dovrebbe essere il focus di una diversa maniera di comunicare il disagio, non ci sono circostanze avverse che interessano una porzione dell’umanità, nelle quali non potremmo anche noi precipitare. Non dobbiamo chiedere attenzione come fosse una concessione, tanto meno provocare tenerezza, sguardi caritatevoli e cenni di empatia. Dobbiamo fare in modo che cresca la consapevolezza che la disabilità è solo una delle tante condizioni del vivere. A qualcuno può manifestarsi congenita, cruda, assoluta, invalidante senza possibili attenuanti. Per altri può essere una scoperta che avviene negli anni, per una circostanza traumatica, per l’insorgere di una patologia, o semplicemente per il tempo che ci ha consumati senza che ci facessimo caso.

Altri ancora scoprono in un figlio disabile una nuova direzione per la propria vita, in cui si muoverà ogni azione e pensiero. Altri infine fanno i conti con la disabilità dei genitori che diventano bambini e vanno accuditi nelle minime funzioni vitali. Lavati, imboccati, consolati come loro hanno fatto con noi anni prima. Per tutti possono esserci periodi di degenza per cui si sperimenta cosa significhi dipendere da altri anche solo per fare la pipì. Ci sono poi le depressioni, le fughe dal proprio cervello, la difficoltà a capire e essere capiti. Cresce un muro di incomunicabilità tra noi e gli altri e cercare spiragli diventa la nostra quotidiana ossessione. Sempre e comunque sperimentiamo la disabilità.

Io stesso posso testimoniare che in questi giorni sono disabile totale. Solo con immensa fatica posso muovermi da un letto, prendo farmaci per non provare dolore, ogni trascurabile azione quotidiana diventa l’esercitare la nuova arte marziale di riuscire ad aprire un frigorifero, lavarsi, avvicinarsi un oggetto usando la stampella come un arpione. Per me questa volta almeno passerà, per molti è una pratica che dura per tutta la vita.

Io da trenta anni mi sento “esperto” di disabilità per l’avere in carico un figlio autistico grave, ora so di non sapere nulla, mi rendo conto in prima persona quanto velocemente si possa allontanare da noi il mondo delle persone “nella norma”. Amici, conoscenti, colleghi che hanno le loro vite e non possono farsi carico delle nostre fragilità, per lo meno non in maniera costante.

Per questo converrebbe sentirsi parte dell’universo dei disabili proprio da quando ci sentiamo nel fiore della nostra esuberanza, nessuno potrà mai concretamente essere di supporto a persone disabili se non conosce la disabilità, nessuno però è particolarmente interessato a documentarsi a meno che non sia personalmente sfiorato dalla disabilità, nella sua persona o nei suoi affetti primari.

Non possono però essere soltanto gli addetti ai lavori i protagonisti della giornata di oggi, dobbiamo essere bravi a far sentire i “nostri” problemi come problemi di tutti. Avremo sempre altrimenti bisogno di essere rappresentati unicamente da super eroi, da prodigi umani, da esempi sublimi di padri e madri, da storie commuoventi, o persino da disabili divertenti.

(LA STAMPA del 3 dicembre 2025)

Gianluca Nicoletti

Giornalista, scrittore e voce della radio nazionale italiana. E' presidente della "Fondazione Cervelli Ribelll" attraverso cui realizza progetti legati alla neuro divergenza. E' padre di Tommy, giovane artista autistico su cui ha scritto 3 libri e realizzato due film.

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