Cinzia e Manfredi: storia di un autistico e di un'attrice momentaneamente supplente
Qualche settimana fa ho incrociato sotto casa mia una tizia stramba che pensava di aver perso il portafoglio, ma non lo aveva perso, ma si scusava per questo, o non so per cosa altro, al citofono di uno studio, mi pare di doppiaggio. Mi ha guardato e mi ha salutato. Sapeva tutto dei miei libri sull’autismo, di Tommy ecc. Mi ha accompagnato per 50 metri fino a una pizzeria al taglio cinese dove si è fermata a mangiare. In quei due minuti e trenta secondi circa ho saputo che si chiama Cinzia Susino, che è un’attrice siciliana di grandi speranze, che vive a Roma in attesa di fortuna, nel frattempo per vivere fa la supplente a scuola. Facendo la supplente ha familiarizzato con un bambino autistico e questo l’ ha particolarmente colpita. A me pure lei è sembrata felicemente “fuori” e questo mi ha rallegrato la giornata. Ci si sente meno soli quando si incrociano matti al pari nostro. Oggi mi ha mandato via Facebook un suo pensiero, volentieri lo pubblico. In attesa che la chiami Scorsese forse Cinzia ci sarà utile ad animare qualche convention teppautistica. (gn)
L’autismo e ioIo non sapevo nulla sull’autismo. L’unica idea che mi ero fatta è stata grazie al Dustin Hoffman di Rainman e nella vita non ho mai più avuto nessun riscontro reale. Fino al 2006, quando ho iniziato a fare la supplente nelle scuole elementari e medie della capitale. Vista la situazione delle graduatorie, mi è capitato anche di fare la supplente di sostegno, pur non avendone né titolo né esperienza. E per la prima volta, in vita mia, mi sono confrontata con alunni speciali e, tra questi, alcuni alunni autistici. All’inizio la sensazione di inadeguatezza era la prevalente. Mi sentivo impreparata e incapace di svolgere qualunque funzione educativa o d’ausilio per questi alunni. Per il mio primo alunno, Manfredi, sono stata l’insegnante di sostegno per una settimana della sua terza elementare e ogni giorno era una sfida con me stessa nel cercare di abbattere paletti e provare ad entrare in contatto con lui. Ma era difficilissimo. Quasi frustrante. Non c’era nulla che funzionasse. Ero invisibile, trasparente. La sua giornata scolastica non era minimamente affetta dalla mia presenza lì. Al contrario, la sua presenza si faceva vedere sui miei vestiti che riportavo a casa pieni di polvere di gesso, che lui si divertiva a sbriciolare su di me. Una relazione univoca, quindi. Ho provato allora a eliminare qualsiasi presunta certezza su cosa avrei dovuto o potuto fare e ho iniziato davvero a osservarlo, a cercare di percepirlo nei suoi comportamenti, nelle sue reazioni. E soprattutto ho iniziato ad osservare il suo relazionarsi con la classe e con l’ambiente. E ho imparato. Dai suoi compagni ho imparato cosa fosse giusto dirgli o fare. E, a passi microscopici, ogni giorno di quella supplenza sono tornata a casa con un granello di consapevolezza in più. Dopo quella settimana sono tornata in quella scuola ma in altre classi e, un giorno, in corridoio, Manfredi mi ha visto e mi ha dato un bacio sulla guancia. Così, senza che gli dicessi niente, senza che ci fossimo mai scambiati un gesto d’affetto. Mi ha guardato, mi ha dato un bacio e ha sorriso. Finalmente avevo toccato la sua vita, in qualche modo. E mi sono sentita la persona più privilegiata del pianeta. Ho portato a casa quel bacio come il più prezioso dei trofei. Cinzia Susino |
MONOLOGO DELLA SUPPLENTE
https://vimeo.com/118038486