Buco Nero

Padre anziano tenta di affogare figlio disabile mentale

padre disperato

Un uomo di 76 anni della provincia di Biella tenta di uccidere  il figlio disabile mentale di 52, affogandolo nel lago di Viverone. Entrano in acqua e forse un raptus, forse programmato, con un gesto lo fa cadere  e sembra che tenti di tenergli la testa sott’acqua per affogarlo. Un passante si tuffa e a fatica li salva entrambi.  Per vari motivi non ci sembra un lieto fine. L’uomo anziano si era ammalato e da tempo ripeteva di non avere più la forza di seguire suo figlio.

Nel suo paese Bollengo, piccolo comune della provincia di Biella, è stimato da molti: un padre devoto che da 52 anni si prende cura di suo figlio con problemi mentali ( uno dei nostri, adulto). Da qualche tempo, però, non ce la più: disturbi legati all’età e forse una malattia sembrano piegarlo e portano alcuni a pensare e dire che soffra anche lui di problemi psicologici. Forse sente di non farcela più a seguire quel ragazzo diventato uomo e che la situazione potrebbe anche peggiorare. Nonostante la considerazione che lo circonda, il 76enne biellese non trova soluzioni possibili, referenti a cui chiedere aiuto, tenta la sola strada che reputa percorribile.

Domenica organizza una gita al lago di Viverone, vicino casa. Con sé ha suo figlio: entrano in acqua, tutto sembra normale fino quando uno dei due cade, inciampa, o forse viene spinto e l’altro invece di risollevarlo come ha sempre fatto, gli tiene la testa sotto l’acqua, quasi per annegarlo. Un passante vede, si tuffa e a fatica riesce prima a sollevare il figlio e poi a portare a riva anche il padre che pare riesca solo a dichiarare che “ morto il figlio si sarebbe voluto uccidere anche lui.”

viverone

I Carabinieri stanno indagando su quella che a noi sembra la fine delle tante storie di genitori che ci scrivono e raccontano: un presente disperato e un futuro ancora più angosciante. Madri e padri di figli che sembrano non crescere mai, perchè nonostante aumenti il loro peso e la loro altezza, non cambia il loro livello di autonomia mentre si sommano le loro difficoltà e la loro dipendenza diventa un peso sempre più duro da sopportare. I nostri ragazzi che tali rimangono anche quando i coetanei trovano un lavoro, fanno figli e si creano un avvenire indipendente.

Il terrore di non sapere cosa accadrà dopo, quando non ci sarà più chi potrà accudirli,porta alcuni a sperare ( siamo consapevoli dell’inumana crudeltà di quanto scriviamo) che succeda prima, che i loro figli muoiano prima che le forze di chi li ha sempre curati finiscano.

Ecco perchè la terribile storia del padre di Biella, qualora venisse confermata dalle indagini, non ci stupisce, ma aumenta l’amarezza e l’angoscia e allo stesso tempo rafforza la volontà di costruire percorsi e soluzioni per aiutare le famiglie a non sentirsi sole e a intravedere anche per i nostri figli speciali una prospettiva oltre il dramma e la paura.

QUANDO PER LUI SOPRAVVIVERCI ASSOMIGLIEREBBE ALL’ INFERNO

Non è la prima volta che accade. Molto più spesso la vicenda di un genitore anziano che sopprime il figlio disabile mentale non fa nemmeno notizia, viene liquidata con la formula:”soffriva di depressione” oppure “un raptus”. E’ invece l’ avverarsi della profezia che ogni genitore di figli come i nostri  recita come un mantra, con la speranza che mai debba accadere: “non riesco a immaginare quale potrà essere la sua vita quando non ci sarò più io a proteggerlo, piuttosto ce ne andiamo assieme!” Tutti lo diciamo almeno una volta, in molti ogni tanto lo diciamo, qualcuno poi lo fa davvero, ed è atroce. Il gesto del padre di Biella forse calamiterà l’attenzione dei media, la procedura che ha scelto per sopprimere il figlio ha il sapore di un rito, quasi una cerimonia di liberazione da un fardello impossibile da sopportare. Molto si è parlato del “dopo di noi” ancora molto se ne parlerà e le diverse opinioni si continueranno a contrapporre nei luoghi fatui della politica. La realtà al momento è talmente lontana da una soluzione  che uccidere e poi morire sembra aprire le porte di un limbo più sopportabile dell’ angosciosa idea che nostro figlio ci possa sopravvivere in un mondo che a lui risulterebbe infernale. (Gianluca Nicoletti)

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