Cara Litizzetto la battuta su Barron Trump "truonato" si poteva evitare…
Il piccolo Barron Trump è “bello truonato di suo che se prendi lo sposti, dorme e neanche se ne accorge.” Luciana Litizzetto dixit durante il suo consueto monologo della domenica nella trasmissione Che fuori che tempo che fa. Colpire il figlio per arrivare a far ridere del padre. Una strategia comica discutibile, ma lecita, peccato che per il figlio in questione, soprattutto per quegli atteggiamenti e quegli sguardi che lo rendono “truonato”, stia girando il sospetto che possa essere autistico. Ce ne occupammo anche noi, senza sentenziare alcuna diagnosi, adducendo anzi la causa di alcune espressioni alla stanchezza naturale per un bambino sottoposto allo stress di una campagna elettorale per le presidenza degli Stati Uniti. Ciò che colpisce ora però è la reazione alla satira, che va a coinvolgere, magari in maniera involontaria, quel ragazzo che potrebbe essere uno di noi.
La Litizzetto non è solita irridere le disabilità anzi spesso si è mostrata paladina dei più deboli, colpendo forte i potenti di turno, ma questa volta per arrivare al più potente, il Presidente degli Stati Uniti appena eletto, è scivolata sull’attacco quantomeno gratuito e per nulla divertente ad un bambino: il piccolo Barron Trump. A vedere tutto il pezzo della comica torinese, in realtà, si prendeva di mira la mamma Melania, rea di aver scelto di rimanere nel suo sontuoso grattacielo newyorkese invece di andare alla Casa Bianca, per consentire al figlio di proseguire con le sue abitudini, ma la battuta c’è stata e a chi vive, da prospettive meno privilegiate, la condizione di madre o padre di bambino autistico, non è andata proprio giù.
Nel profilo facebook della trasmissione “Che fuori che tempo che fa” alcune mamme di ragazzi autistici hanno ripreso Lucianina: “quel ragazzino ha dei problemi, molto probabilmente di autismo. E sinceramente ironizzare sulla disabilità è davvero sgradevole…per non dire schifoso “; “puoi dire tutto quello che vuoi a Trump e sua moglie, ma dire tuonato al figlio che probabilmente ha l’autismo no,informatevi prima di criticare e far battute solo per fare audience dovrebbe vergognarsi e chiedere scusa.” I fans della comica non si sono fatti attendere e hanno risposto con delicatezza “di stare serene, cambiare canale se non piace, o far yoga per frenare la frustrazione.” Nell’era dei social ogni polemica diventa virale, sinceramente si spera che questo non accada perchè si baserebbe sull’inconsistenza del dubbio di una vicenda che rimarrebbe privata e di una frase che non riesce nemmeno a far ridere, incuriosisce però vedere le reazioni di un’opinione pubblica che a tratti si interessa, a tratti si impietosisce o più semplicemente è indifferente, rispetto ad una, seppur involontaria, satira su noi autistici.
In un paese nel quale per gli autistici e per chi se ne prende cura è difficile costruire un’identità fatta di diritti e di servizi, è possibile pensare che se ne possa ridere? Politici e fini intellettuali hanno utilizzato “autistico” come insulto, sinonimo di “scemo, addormentato”, ed ora bisogna aggiungere anche “il truonato” di una comica? C’è libertà di ridere e far ridere, ma si può continuare a farlo davanti a quotidiane tragedie e solitudini? Allora forse non siamo più tutti “Charlie Hebdo.” Gli autistici non devono fare tenerezza, nè pena, ma se proprio devono far ridere, prima bisognerebbe conoscerli, per non rimanere nella superficie dell’irritante insulto. Gabriella La Rovere nel suo monologo Storia di una attinia e di un paguro bernardo riesce anche a far divertire, raccontando la sua quotidianità di mamma di una autistica, consigliamo alla Litizzetto di vederlo. Per il momento però se proprio vuole attaccare Donald Trump non mancano stereotipi e spunti per chiamare la risata: il piccolo Barron lasciamolo crescere sereno, lui che può, nel suo grattacielo newyorkese.
Marina Viola: Cara Luciana a volte noi genitori di “truonati” ci offendiamo facilmente!
Carissima Luciana, l’altra sera ho fatto una discussione piuttosto animata con mia figlia Sofia, che ha 17 anni e, come tutti quelli della sua età, vede il bianco e il nero delle questioni, senza soffermarsi sul grigio. Si parlava di parole da non dire: lei insisteva che ci sono parole che non vanno mai usate, punto e basta. Io rispondevo che più che la parola in sé conta il contesto: se Trump (per rimanere in tema) prende per il culo la disabilità di un giornalista davanti a tutti, insulta la categoria, ma se io prendo in giro Luca, che è autistico, non insulto proprio nessuno, anzi tento di dissacrare un tabù, e cioé quello di prendere in giro i disabili. Lo faccio in un contesto e con una sensibilità ben diversi. La stessa cosa vale per parole tipo frocio (usata da Adinolfi per insultare e dalla comunità gay per spiegare la categoria) o negro (usata dal Ku Klux Klan per insultare e dai rappisti neri per fare la rima giusta). Sofia, mia figlia, se ne è alzata con le lacrime agli occhi, dicendo che io non capisco niente e che prima o poi capirò di aver torto. Anche se credo di sapere la risposta, ti pongo una domanda: da che parte stavi domenica sera a Che Tempo Che Fa, quando hai usato la parola ‘truonato’ per descrivere il figlio di Trump, che qualcuno azzarda a dire essere autistico: hai pensato al contesto e hai voluto sdrammatizzare, o l’hai usata alla ‘Adinolfi’, per dire, e cioé in modo offensivo? O forse è una cosa a cui proprio non hai pensato? Secondo me tu hai chiamato il figlio di Trump truonato senza avere nessuna intenzione di offendere né lui e men che meno le persone autistiche o le loro famiglie. Perché di autismo ne sai: mi hai invitato alla tua trasmissione radio a Torino, a Che Tempo Che Fa e a cena per parlare del mio libro, delle difficoltà di crescere un figlio truonato veramente. Sei stata estremamente generosa, empatica e comprensiva; hai capito perfettamente i disagi legati a una condizione come la mia, e hai anche tu condiviso la difficoltà di essere mamma, lavoratrice e tutto quello che ne consegue. Per cui una cosa è certa: non l’hai fatto per ignoranza, e neanche per cattiveria. A volte noi genitori di truonati ci offendiamo facilmente, rendendo ancora più difficile, a mio parere, il tentativo da parte di gente che invece ha i figli di quelli chiamati normali di entrare nel nostro mondo. Siamo, insomma più come Sofia. Forse perché ci aspettiamo subito l’offesa, o chissà che cosa. Non guardiamo, in poche parole, al contesto. E poi magari truonato non è poi una parola così brutta, e comunque in tutto questo l’autismo e la disabilità, mi pare, non c’entrano nulla. So che molti genitori di figli autistici ti hanno scritto e hanno espresso il loro dissenso, il ché significa che comunque sia, hai toccato un nervo vivo, e sono certa che tu riuscirai a recuperare, in qualche modo, anche l’affetto di chi, come me e te, ogni giorno si fa un culo così per tentare di rimanere a galla. Colgo l’occasione per abbracciarti,
Marina
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