Non tutti, nel gruppo, hanno la possibilità di esprimersi con la voce e, forse, non è neanche necessario così si evita che la parola prenda il sopravvento sugli altri modi di relazionarsi e comunicare che, attorno a quel tavolo, sono davvero tanti: le espressioni dei volti, l’attenzione congiunta, il gioco di sguardi, la posizione del corpo, il tatto. I quattro ragazzi, infatti, imparano con le mani a percepire l’ elasticità della cartapesta, scoprono, poco a poco, le potenzialità di una materia duttile e le forme, già in nuce, in essa contenute e le fanno nascere sperimentando la manipolazione
La sfera è stata la prima forma ad essere modellata, archetipo generato dalle mani che impastano, trasformano, accarezzano, rifiniscono.
Sferoidi di ogni dimensione che, una volta essiccati, vengono rifiniti con cura e con estrema pazienza, con la carta abrasiva e, successivamente, dipinti.
La stella, ben più complessa, è nata dalla manipolazione della sfera fatta allungare sul piano del tavolo, come se si arrotolasse la pasta per fare i biscotti. La stella è composta da cinque bastoncini che si incrociano in un punto al centro e che deve essere appiattito con le mani. Stelle che, a volte, sono quasi farfalle ed altre volte, possono diventare perfino tartarughe.
Siamo solo all’inizio ma è un bell’inizio, gioioso e gratificante per tutti, elogiativo della lentezza e della consapevolezza del qui ed ora.
E’ un viaggio che abbiamo deciso di fare insieme per la sola ragione del viaggio: viaggiare.
Il Progetto nasce intorno all’arte ed ai suoi linguaggi, da un’idea della storica dell’arte del gruppo per creare inclusione ma, soprattutto, trasformazione: l’arte al centro dell’esistenza di una piccola comunità di pratica; l’arte per tutti, sia per far emergere identità creatrici, sia per creare riconoscimento sociale, riscatto, valorizzazione.
Inoltre, siccome i nostri quattro sono anche gli storici protagonisti di #AutobiografieFotografiche il laboratorio di fotografia digitale e videoarte per l’inclusione dell’autismo a scuola, ecco che camera e video, non potevano non diventare i dispositivi per entrare in questo luogo di interconnessione, per narrarne le storie e fare autobiografia lasciando tracce e creando memorie. Ma non solo: l’artista che viene da lontano, per la precisione dall’Albania, ha lasciato il proprio paese ed ha scelto l’Italia proprio per studiare l’arte ma, soprattutto, per scambiarla.
I quattro autistici fotografi, invece, hanno imparato ad appropriarsi del mondo attraverso i loro sguardi fattisi, via via, sempre più prensili e, guarda caso, il loro primo maestro era stato un giovane fotografo emigrato dalla Costa d’Avorio e molto apprezzato per il suo lavoro.
Il gruppo crea insieme il proprio percorso mentre è il desiderio a costituire il progetto di sè e a proiettare tutti oltre, nello spazio dell’altrove. E’ il desiderio che, come l’arte, muove energie e si configura come un’ineguagliabile ed inesauribile riserva che genera benessere.
Il gruppo progetta e si sperimenta entro uno spazio di condivisione e aggregazione sociale, e lo scambio avviene dall’incontro tra mondi. Un incontro che contribuisce a creare inclusione ed a valorizzare culture cosiddette altre: quella della neurodiversità e del mondo della migrazione, entro un nuovo spazio di convivenza tra differenze per promuovere sinergie artistiche anche con altri soggetti del territorio affinché, dal chiuso del laboratorio di cartapesta, i #gattistanchi possano diventare protagonisti ed aprirsi a sempre nuove esperienze.