Il vecchio padre Abramo voleva uccidere il figlio Isacco perchè era autistico?
Dice la Bibbia che Abramo ebbe Isacco quando sia lui che la moglie erano già molto vecchi, Isacco era un ragazzo probabilmente disabile psichico che rideva fuori luogo, questo almeno dice l’ etimologia del suo nome. Per questo suo comportamento “strano” era oggetto di scherno continuo, persino da parte del fratello. Abramo quando il ragazzo ha trent’anni (età già ampiamente adulta, soprattutto in quel contesto storico) decide quindi di sopprimere quel figlio “imperfetto”, come d’ altronde era uso fare in Mesopotamia in quel periodo. Potrebbe aver maturato questa decisione proprio perché convinto che Isacco non sarebbe stato in grado di avere una vita dignitosa angosciato da un lancinante pensiero di “dopo di noi”. Pensa comunque che la maniera migliore per “liberare” quel figliolo da un futuro infelice era attribuire la sua uccisione a un ordine divino…Imputando il delitto all’Onnipotente.
Chiaramente dal nostro punto di vista se vogliamo esasperare questa interpretazione della scrittura non possiamo che immaginare che Isacco fosse un ragazzo dei nostri, un teppautistico ridanciano che non aveva possibilità di essere incluso in una società così ritualizzata e rigida come quella della tribù del padre Abramo. Quale uomo di trent’anni non si sarebbe fatto qualche domanda in più quando il padre lo porta a scannare? Lui da bravo autistico non si ribella, magari la prende come un gioco quella passeggiata verso l’ altare del sacrificio. Isacco d’ altronde è quello che ride sempre ed è proprio per il suo comportamento bislacco oggetto di scherno continuo, d’ altronde è pure noto che da genitori molto anziani è statisticamente più probabile che si sviluppi un problema del genere nel figlio.
Abramo quando il ragazzo diventa uomo, e dovrebbe a tutti gli effetti prendere il posto che naturalmente gli spetterebbe nella società degli adulti, si rende conto che lui ormai decrepito, non potrà più “coprire” l’ irregolarità del figlio di fronte alla sua gente, un “dopo di noi” intollerabile e quindi, come spesso accade, immagina che quel figlio autistico soffrirà meno se a lui sarà evitato il dramma di sentirsi deriso ed emarginato per il resto della sua vita, che in una società arcaica forse sarà corrisposto a una condizione ben peggiore di ogni nostra attuale ossessione sul futuro dei nostri figli. Così Abramo si trasforma in uno di quei tanti padri che uccidono il figlio autistico, per fortuna, almeno in quel caso il Padreterno interviene giusto in tempo.
E’ chiaro che questa è solo una fantasiosa nostra interpretazione della Scrittura, che a sua volta comunque racchiude una sintesi efficace dei pensieri e dei turbamenti che da sempre hanno attraversato l’ umanità. Lo spunto della riflessione ce l’ ha dato un’ intervista di Antonio Gnoli a Haim Baharier.
Antonio Gnoli per la Repubblica
Haim Baharier, le cui origini polacche e francesi sono cresciute nelle radici del mondo ebraico, e che da anni pratica una esegesi biblica di particolare efficacia, dove cabala e commento talmudico si intrecciano vertiginosamente. Egli terrà una serie di lezioni al Teatro Eliseo di Roma. Alcuni episodi della Bibbia ci sono oltremodo familiari. Averne più volte sentito i racconti, invece di stancarci ci colloca su quel crinale in cui l’attesa si mescola alla curiosità intellettuale nei riguardi di un Dio che apparentemente regola tutte le mosse di una storia. Qual è allora la nostra libertà di lettura? Come interpretare, ad esempio, il sacrificio di Isacco? O in che modo accogliere l’insensata e infinita costruzione di una Torre che prenderà il nome di Babele? Haim Baharier, le cui origini polacche e francesi sono cresciute nelle radici del mondo ebraico, da anni pratica una esegesi biblica di particolare efficacia, dove cabala e commento talmudico si intrecciano vertiginosamente. Egli terrà una serie di lezioni al Teatro Eliseo di Roma, a partire da dopodomani: «Nella Torah», mi dice, «ci sono due volti che si fronteggiano, ogni tanto si sfiorano, ogni tanto si allontanano, qualche volta si fondono: quello narrativo e quello normativo». Si tratta, come vedremo, di una distinzione carica di conseguenze. Vuole spiegare cosa rappresentano questi due volti? «Vi è spesso tra le narrazioni bibliche e le regole comportamentali molto concrete, che la Bibbia indica, un cortocircuito logico. Pensiamo alla narrazione della nascita di Isacco, la madre Sara ha 90 anni, il padre Abramo 100. Una nascita miracolosa, che ha come conseguenza il nome stesso del nascituro, che significa “colui che riderà” ». Come interpretarlo? «Io parto da una considerazione che non ha nessuna evidenza apparente, ma che si nutre di numerosi indizi: Isacco è un disabile. Per questo la gente ride di lui. Perfino Ismaele, il fratello più grande, ride di lui». È un riso di scherno? «Certo, ma il riso domina tutto il racconto. Anche Sara ride quando le annunciano che a 90 anni avrà un figlio. Ma lei accetterà rapidamente la condizione del figlio. Abramo no. È tormentato e alla fine deciderà di sopprimerlo. A quell’epoca in Mesopotamia non erano affatto eccezionali i sacrifici umani di bambini, molto spesso disabili ». Però Abramo prende quella decisione estrema perché una voce glielo ordina. È Dio o una sua allucinazione? «Gli anni di Isacco, ormai trentenne, raccontano soprattutto il lungo processo di degenerazione psicologica del padre la cui conclusione è che il modo migliore per compiere il figlicidio è imputarlo all’Onnipotente». Quale possibile conclusione trarne? «Un commentatore hassidico ha letto nel racconto l’assoluta fiducia, nonostante tutto, di Isacco nel riguardi del padre, del figlio dell’uomo nel genere umano, del popolo ebraico nei confronti dell’umanità. Ai miei occhi prefigura la speranza nel genere umano dalla quale il popolo ebraico non deroga mai». |