Un fantasma si aggira per l’Italia: la legge sull’autismo
Chi si ricorda quando si parlava della “Legge sull’autismo”? Bei tempi pieni di speranze ed entusiasmi. Ora in verità di leggi e autistici si parla molto meno, forse sarà il caldo o forse sarà perchè gli antivax hanno inflazionato il termine autismo nelle loro adunate oceaniche, quindi le istituzioni devono riflettere se ancora convenga continuare ad evocarci pubblicamente o meglio aspettare che la natura faccia il suo corso…Come da sempre. Oggi sta circolando questo tagliente pamphlet di Vitalba Azzollini dal taglio molto politico, ma coerente in quello che argomenta. Molti lo stanno condividendo, noi lo riproponiamo integralmente perché non sarebbe male che accendesse dibattito e salutare dialettica. Ci piacerebbe che chi mai avesse elementi di sano contraddittorio ne approfittasse per corroborare lo sconforto di noi che nello spettro ci siamo e in realtà dello spettro che si aggira di cui parla Vitalba abbiamo avuto qualche inequivocabile segnale…
Egregio Titolare, quando si sbaglia, serve riconoscerlo chiaramente. Approfitto della sua ospitalità per ammettere l’errore che ho fatto di recente, sostenendo pubblicamente che non vi fosse quella legge sull’autismo che Renzi citava come uno dei propri successi (da ultimo, nell’intervista di Mentana). Ebbene, la legge esiste: peccato che – al momento – è come se non esistesse. Riavvolgo il nastro, e chiarisco. Per molti mesi ho pensato di rivolgermi al noto programma della Rai “Chi l’ha visto?”, alla ricerca della legge citata. Nessuno vi si era imbattuto, nessuno l’aveva incrociata, come se non vi fosse mai stata. Ma, “vista la delicatezza del tema e la sua rilevanza sociale” – cito le parole del ministro Madia, riguardanti un’altra materia parimenti importante – se Renzi continuava a declamarla, la legge doveva esistere per forza. La normativa sull’autismo andava trovata a ogni costo, poiché l’ex presidente del consiglio insisteva a vantarla come prova dell’attenzione al sociale da parte del proprio governo. Non era, dunque, possibile che la legge non avesse lasciato tracce, cioè non avesse prodotto quei risultati che, date le parole dell’ex premier, dovevano esserne scaturiti necessariamente. Renzi era solito farne cenno insieme a quella c.d. Dopo di noi: ma mentre su quest’ultima era prodigo di dettagli, sulla prima non diceva null’altro che “legge sull’autismo”, e basta. Sul “Dopo di noi” c’era un dibattito acceso, invece, sulla seconda il silenzio. Eppure, “vista la delicatezza del tema e la sua rilevanza sociale” – cito di nuovo il ministro Madia, è il caso – qualcuno doveva pur aver beneficiato della legge sull’autismo, dato che Renzi ne andava così fiero: ma quei benefici nessuno li aveva visti. Durante la mia ricerca, su Twitter usavo l’apposito “tag” per richiamare l’attenzione dell’ex inquilino di palazzo Chigi. Ma né lui né i suoi supporter – talora così pronti a usare toni ben poco colti nell’enfasi di sostenere clamorosi “successi” – mi degnavano di risposta. Inoltre, quando Renzi in TV menzionava la fantomatica legge, usavo pure l’“hashtag” identificativo del programma, per indurre il conduttore di turno a porgli la domanda: quali effetti ha prodotto questa decantata disciplina sull’autismo, chi se n’è giovato? Tutto inutile: Renzi citava il titolo della legge come un buon risultato, il giornalista ne prendeva atto, e basta. Eppure, “vista la delicatezza del tema e la sua rilevanza sociale” – ari-cito Madia: caro Titolare, se obietta che sono ripetitiva ne ha ben donde – un qualche fact-checking sull’impatto della legge stessa sarebbe stato importante. Quando ero ormai pronta a chiedere a lei, stimato Titolare, di pubblicare il mio appello – “Chi l’ha vista?” – su questo suo spazio web, la legge è finalmente apparsa. Che errore avrei commesso! A dire il vero, però, più che la legge è apparso il suo ectoplasma.Emanata intorno al ferragosto 2015 (l. n. 134), doveva essere rapidamente evaporata nella calura estiva, poiché era poi scomparsa dai radar. Del resto, non vi era motivo perché se ne parlasse, essendo un contenitore di finalità, dichiarazioni programmatiche e di principio. A parte la previsione di progetti del ministero della Salute riguardanti la conoscenza del disturbo dello spettro autistico e le buone pratiche terapeutiche ed educative, essa prevede l’aggiornamento delle Linee guida sul trattamento dei disturbi autistici, in tutte le età della vita, da parte dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS); l’aggiornamento dei Livelli essenziali di assistenza (Lea) con l’inserimento di prestazioni, diagnosi precoce, cura e trattamento individualizzato dell’autismo, mediante impiego di metodi e strumenti basati sulle più avanzate evidenze scientifiche; i relativi obiettivi delle politiche regionali; l’aggiornamento delle Linee di Indirizzo del ministero della Salute per interventi assistenziali nei disturbi pervasivi dello sviluppo, con particolare riguardo a quelli dello spettro autistico. Ma dopo tante previsioni, tutte future e tutte da concretizzare, calava come una pietra tombale la clausola di invarianza finanziaria. Traduco dal giuridichese: la legge non stanziava il becco di un quattrino. Nata priva di qualsiasi finanziamento, rappresentava “una cornice vuota”. Quindi, per gli autistici era come se non esistesse, non cambiava niente: ma, nonostante “la delicatezza del tema e la sua rilevanza sociale” (stavolta ometto l’autore), l’ex premier ne faceva gran vanto. Qualcuno si rese forse conto che senza denari, in questo mondo, si concretizza poco o niente. Così la legge sull’autismo riapparve come una meteora con la legge di stabilità 2016, che istituì un Fondo di 5 milioni di euro per la sua attuazione. Peccato che l’accesso al Fondo fosse condizionato all’emanazione di un decreto del ministero della Salute e del MEF. E peccato, altresì, che quel decreto non ci sia mai stato: dunque, la legge si è nuovamente volatilizzata. Ecco perché, a fronte dei miei appelli, governanti e supporter facevano finta di niente: non esisteva sostanzialmente niente! Nel frattempo, Renzi usciva sconfitto dal referendum costituzionale e, la stessa sera del 4 dicembre, mentre si dimetteva, insisteva a enumerare tra i propri successi pure la normativa fantasma. Dopo circa tre mesi dalla sua dipartita da palazzo Chigi la legge si è di nuovo materializzata: il ministro della Salute ha aggiornato i Lea, includendovi anche l’autismo, come previsto dalla legge stessa. Inoltre, i 5 milioni non usati nel 2016 sono stati aggiunti ai 5 milioni del 2017. Tutto è bene quel che finisce bene, allora? Non esattamente, perché ancora non è finito proprio niente. Innanzitutto, l’autismo contemplato dai nuovi Lea è solo quello dei minori, “perché poi si sa che a 18 anni l’autismo passa, come un raffreddore”. Inoltre, il Dpcm che definisce tali Lea impone al ministero della Salute, previa intesa in sede di Conferenza unificata, di aggiornare le Linee di Indirizzo ex l. n. 134: risalgono al 2012, vanno riviste e ampliate per non risultare carenti nell’individuazione di bisogni e servizi. Ma sono da aggiornare anche le menzionate Linea Guida dell’ISS (che, per inciso, si limitano a considerare bambini e adolescenti con autismo, non le persone adulte, le quali sono previste dalla l. n. 134, ma escluse dai Lea). Gli aggiornamenti di Linee Guida e Linee di Indirizzo – entrambe funzionali a sostanziare i Lea – sono tra loro strettamente connessi: gli interventi da prevedere nelle seconde devono rispettare le raccomandazioni delle prime, anche per non incorrere in trattamenti e modelli non “evidence based medicine”. Ma la revisione delle Linee Guida non ha alcun termine finale, mentre quello delle Linee di Indirizzo va fatto entro 120 giorni dall’adozione del suddetto Dpcm, e i giorni stanno per scadere. Come andrà a finire? Ah, saperlo… Dopo questo garbuglio, tacerò sulla esigibilità dei Lea in relazione alla effettiva disponibilità di risorse: in altri termini, è vero che ora i Lea includono pure l’autismo ma, se finiscono i soldi, come potranno essere garantiti? Ah, saperlo… ribadisco. L’incertezza non è buona cosa, “vista la delicatezza del tema e la sua rilevanza sociale”. Perché continuo a citare Madia, si starà chiedendo, caro Titolare? La cito perché il ministro del fu-governo-Renzi lamenta, con l’incipit di quel virgolettato, l’interpretazione da me (e altri) data, con parole pacate e precise, a un proprio atto di indirizzo a dir poco ambiguo su un altro argomento, anch’esso “sensibile”. Data tale attenzione, mi aspetterei che il capo di quel fu-governo non vantasse una legge destinata a soggetti molto fragili prima che essa inizi a produrre qualche benefico effetto. “Vista la delicatezza del tema e la sua rilevanza sociale”, è pretendere troppo? (Pubblicato il 19 luglio 2017 in Contributi esterni/Italia da Phastidio.net) Vitalba Azzollini |