Cosa fare

Lettera della madre di Nicola, per 50 passi a scuola senza gli amici.

Vi scrivo con il cuore gonfio di tristezza.
Poco fa ho ricevuto una telefonata dalla scuola primaria milanese – Barozzi in via Bocconi – alla quale avevo inoltrato la domanda d’iscrizione alla prima elementare per mio figlio Nicola.
Durante questa telefonata una addetta mi comunica che la nostra domanda è stata respinta perché abitiamo troppo distanti e siamo “fuori bacino”.

Nicola ha una certificazione di disabilità grave. È un bambino meraviglioso, si figuri che 4 bimbi della sua classe hanno fatto domanda nella stessa scuola per restare con lui, fargli rete intorno. I bimbi.
Invece i ligi burocrati della scuola italiana ci hanno tenuto a rispettare le regole: i passi dalla scuola verso casa di Nichi sono 1000, quelli verso casa del suo amico del cuore Jacopo sono 950. Risultato: Nicola è stato rifiutato e separato dall’unica cosa importante per lui, i suoi amici.

I bambini ancora una volta ci danno una lezione. Per una fredda regola sul numero di passi mio figlio affronterà da solo il nuovo ciclo scolastico in una scuola diversa da quella dove andranno i suoi amici, ma i bimbi queste regole non le capiscono, perché in alcuni casi il rispetto delle regole e la interpretazione deteriore che di queste fanno dirigenti come quella con cui ho parlato poc’anzi vengono prima di un banale conteggio.
Una lezione che vorrei servisse alla austera signora che al telefono cercava di insegnarmi che i bambini sono tutti uguali e allo stesso tempo mi diceva che eventualmente nella sua scuola ci sarebbe stato spazio se Nicola fosse stato sordo.
Nicola purtroppo ci sente benissimo. E dunque non abbiamo chance.

Ma io di chance a mio figlio voglio darne tante, e forse non tutto il male vien per nuocere. È quella scuola che non va bene per Nicola, è quella arcigna funzionaria che rende la scuola italiana peggiore, peggiore di quanto i nostri bambini meritino.
Non sapremo mai se Nicola è stato rifiutato da quella scuola perché disabile, a meno di fare ricorso al provveditorato, ma farei l’interesse di mio figlio insistendo affinché venga accolto in una scuola con una simile dirigente? Preferisco restare nel dubbio e lasciare che il destino scelga per mio figlio la scuola di quartiere. Esistono però anche le persone buone. Questa storia forse avrà probabilmente un epilogo felice: l’amico di Nicola, Jacopo, in quella scuola non ci vuole andare e vuole seguirlo. L’amicizia fra bambini ci ripaga della cattiveria degli adulti. È una storia che va raccontata.
Arianna

Redazione

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