Agli autistici non gratifica la relazione sociale perché a frequentare altre persone c’è poco gusto
Perchè gli autistici sembrano essere disinteressati alle relazioni sociali? Perchè nel loro cervello non si attivano quelle funzioni che normalmente attribuiscono una “ricompensa” nel contatto con altri esseri umani. Insomma agli autistici non arriva nessun vantaggio emotivo nel relazionarsi con il prossimo. Possiamo chiedere all’infinito “Ti piace stare con me?” possono anche rispondere si, ma a differenza degli altri a loro non torna nulla in cambio di quel frequentare gente. Non è perché sono cattivi, sono fatti così…Ci voleva tanto a capirlo!
Scherzi a parte la ricerca ha seri fondamenti e la riportiamo dall’articolo pubblicato su “Le Scienze: Mind, mente e cercvello”
L’autismo come deficit della ricompensa sociale
Uno studio con scansioni di risonanza magnetica ha documentato per la prima volta su bambini autistici una minore densità di connessioni in un circuito neurale che sovrintende alla gratificazione dovuta alle interazioni sociali, sostenendo la teoria per cui le persone autistiche siano intrinsecamente meno interessate a interagire con gli altri(red)
L’autismo è un disturbo dello sviluppo neurocerebrale che si manifesta con una difficoltà nella comunicazione e nell’interazione sociale, accompagnata da comportamenti ripetitivi e mancanza di interesse per il mondo circostante. Per descriverne l’origine, nel corso degli anni sono state elaborate diverse teorie, una delle quali è nota come teoria della motivazione sociale. Essa sostiene che le persone autistiche siano intrinsecamente meno interessate all’interazione con i propri simili.
I risultati di una ricerca pubblicata ora su “Brain” da ricercatori della Stanford University sono una delle più valide prove mai ottenute della correttezza di questa teoria.
Kaustubh Supekar e colleghi hanno documentato per la prima volta, grazie a scansioni di risonanza magnetica, che i soggetti con autismo hanno anomalie strutturali e funzionali nei circuiti cerebrali che sovraintendono alla sensazione di ricompensa che deriva dalle interazioni sociali.
Nel corso dello studio, gli autori hanno sottoposto a scansioni di risonanza magnetica 80 bambini e ragazzini di età compresa tra 8 e 13 anni, 40 affetti da autismo e 40 non affetti (che costituivano il gruppo di controllo). In particolare gli scienziati hanno esaminato i circuiti cerebrali e le connessioni funzionali nel cervello mentre i soggetti coinvolti nell’esperimento erano impegnati a osservare immagini con una connotazione sociale.
I risultati delle scansioni mostrano che la densità delle fibre nervose della via mesolimbica della ricompensa, associate alla gratificazione dell’interazione sociale, era minore nei bambini autistici rispetto al gruppo di controllo. Inoltre, la densità più bassa di fibre era stata osservata nei soggetti che all’esame clinico mostravano i maggiori deficit nell’interazione sociale.
Il risultato è coerente con quanto emerso dagli studi sui topi, in cui l’alterazione della via mesolimbica della ricompensa ha come effetto la riduzione del comportamento sociale. Secondo gli autori, questo deficit neurologico renderebbe difficile per i bambini affetti da autismo acquisire competenze sociali.
“È la prima volta che si è riusciti a ottenere una prova sperimentale concreta a supporto della teoria dell’interazione sociale ed è anche la prima prova neurobiologica ottenuta nei bambini del fatto che questo meccanismo potrebbe spiegare il deficit dell’interazione sociale nei soggetti autistici”, ha spiegato Supekar.
“La cognizione sociale umana è complessa: per questo siamo rimasti sorpresi nel trovare traccia dei deficit sociali in un circuito molto semplice e quasi primordiale”, ha aggiunto Vinod Menon, autore senior dello studio. “L’interazione sociale di solito è intrinsecamente gratificante, ma non lo è abbastanza per i bambini autistici, e questo potrebbe avere una serie di effetti a cascata su altri sistemi cerebrali”.