Sono andato a vedere dove è scomparsa Iushra…
Sono voluto andare a Brescia per vedere di persona lo scenario in cui si è svolto il caso di cronaca della scomparsa di Iushra, la bambina autistica che dal 19 luglio nessuno sa che fine abbia fatto. Ho scritto un racconto per “LA STAMPA” che ripropongo qui sotto, ma voglio prima aggiungere elementi più specifici per lettori maggiormente e personalmente coinvolti sul tema della scomparsa di persone autistiche. Rispetto alle prime impressioni che ognuno di noi potrà aver avuto rispetto a quanto si è visto e letto sulla vicenda io mi sono confermato nella convinzione che fatti simili potrebbero accadere in qualsiasi contesto e a qualsiasi latitudine. Non entro troppo nei particolari del caso specifico, dando spazio a mie possibili personali deduzioni. Sulla vicenda le indagini come gli accertamenti sono ancora aperti e ogni interferenza va assolutamente evitata.
Posso però dire che da quello che ho visto il posto dove era andato in gita il gruppo di cui la bambina faceva parte è una tranquillissima area picnic, accanto a una zona abitata dove vanno spesso scolaresche e abitualmente si svolgono attività ludico ricreative con dei bambini. La zona circostante è sicuramente un’area difficile se ci si addentra nel bosco, ci sono doline, grotte profonde centinaia di metri e vegetazione fitta, ma la strada sterrata lungo la quale la bambina sembra si sia allontanata di corsa è normalmente percorsa da persone che passeggiano, portano a spasso cani, fanno sport. Io stesso dalla tv mi ero fatto l’idea di un posto fuori del mondo ma non è così.
Il gruppo che quel giovedì partì per una giornata all’aperto era composto da 14 persone tra adolescenti e pre adolescenti, era gestito da 7 operatori formati e 5 volontari tra i 17 e 19 anni. Le persone lavorano per la Fondazione Fobap e sono sicuramente per esperienza e per formazione quanto di meglio ognuno di noi potrebbe ambire per gestire i propri figli autistici. La bambina era in quel gruppo perché inserita in un progetto estivo del Comune di Brescia, aveva sicuramente un autismo non leggero che non era stato mai trattato in maniera sistematica, come d’altronde accade a una buona parte dei suoi coetanei con autismo anche in altri contesti sociali o latitudini.
Ho avuto modo di confrontarmi con persone competenti anche sulla letteratura scientifica che tratta il problema della fuga improvvisa degli autistici. Sono più che mai convinto che sia un fenomeno poco studiato, almeno in Italia, e che torna attuale solo in caso di tragedie. Gli autistici molto spesso scappano, a chiunque di noi può capitare di perderli di vista, la loro fuga spesso non ha segnali premonitori osservabili dal comportamento, o per lo meno l’analisi comportamentale non ne fa cenno. E’ un terreno su cui bisogna studiare, affinando gli strumenti abilitativi esistenti e, con la necessaria attenzione progettuale, attivare altri sistemi di sicurezza che ancora non sono stati codificati come specifico supporto salvavita per persone autistiche.
QUELLA BAMBINA SPARITA NEL NULLA E LA SPERANZA CHE NON VUOLE MORIRE
Viaggio sull’altopiano di Cariadeghe con le squadre che cercano Iushra, dodicenne autistica. Il padre si appella anche ai possibili rapitori della piccola: per favore riportatemela.
Della dodicenne autistica Iushra, che stanno cercando dal 19 luglio per l’Altopiano di Cariadeghe, attualmente non c’è alcuna traccia. Sembra un paradosso, ma l’apoteosi di ogni fragilità è scomparsa mentre era in carico a una delle realtà più efficienti per gestire chi ha i suoi problemi.
La Fondazione FOBAP, braccio operativo e fiore all’occhiello dell’ANFFAS, è un’assoluta eccellenza, con operatori preparati e selezionati, metodologie di intervento verificate e aggiornate. Eppure la ragazzina non c’è più.
A Brescia parlo con Saverio Roberti, dopo la nascita del figlio Gianluca, autistico ventenne, si è concentrato nella ricerca sulle malattie rare: “Ho fatto un’analisi della letteratura scientifica, che per mestiere maneggio ogni giorno. Il rischio di fuga e allontanamento dei soggetti autistici è senza dubbio concreto e non è azzerabile.”
Uno studio pubblicato su “Pediatrics” mi conferma quello che ogni genitore di autistico sa bene: i nostri sono figli possono essere persi di vista, all’improvviso, senza i segnali premonitori classici dei loro comportamenti problema.
Questo però non è proprio quello che ora vuol sentirsi dire la comunità bengalese di Brescia, di cui la famiglia di Iushra fa parte. Nel tardo pomeriggio di sabato almeno 150 persone si sono radunate all’ombra del Palazzo della Loggia. C’era Il padre Liton e la madre Khanam. Lei con il vestito tradizionale e il velo rosso, sempre a occhi bassi, vicino altri tre figli più piccoli, il secondo è pure lui autistico. Tutte le altre donne della comunità, pure loro vestite secondo la tradizione, facevano silenziose un gruppo a parte, separate dagli uomini che hanno tutti in mano la foto della scomparsa. Fa capolino qualche politico locale; non ci si può perdere un posto nel set della tv che fa mettere tutti in posa. Il comunicato del padre, lo legge Rashid, consigliere dell’associazione che ha organizzato il presidio: è il suo punto di vista, si chiede se qualcuno abbia sbagliato a portare la figlia in quel posto, si appella a possibili rapitori: “Per favore riportatemela!”. Intanto lui continua da solo a cercarla, è arrivato fino a Desenzano.
Il giorno dopo ho voluto ripercorrere la strada dell’ultima corsa di Iushra. Mi accompagna Paolo Bonvicini sindaco di Serle. Partiamo da una tenda della protezione civile, all’ombra del boschetto di carpini e castagni dove vanno spesso scolaresche in gita. La storia parte da quella piccola rotonda attrezzata con panchine, tavoli da pic-nic e focolare in pietra per grigliate all’aperto.
A passo normale siamo arrivati a “Dos del caali” (dorso del cavallino) in un quarto d’ora circa. E’ il posto in cui il testimone Mario ha visto la bambina fermarsi un attimo e ripartire di corsa. Il sindaco mi fa vedere la piantina con il tracciato delle ricerche. Sembra un reticolato strettissimo che avvolge tutta la zona più pericolosa con doline e grotte profonde che chiamano Omber, anche i migliori non l’hanno trovata.
A un passo dalla tenda c’è l’osteria Ruchi, dal 1923 il posto di ritrovo dei cacciatori di tordi ed escursionisti locali. Qui è appena arrivata anche la sensitiva, forte del suo momento di gloria mediatica. Tanto che Maria Rosa Laboragine, detta Rosemary, ha al seguito un gruppo di speleologi di Brescia. Mi dice che le sensazioni paranormali le arrivano all’improvviso come una scossa e le risucchiano tutte le energie. Lei il venerdì dopo la scomparsa ha avuto una visione: ”L’ho già detto nelle interviste, però da martedì non sento più nulla…” Guiderà il suo drappello lungo la strada, che a mezza mattinata sembra percorsa da un nuovo tipo di turismo investigativo. Vedo soprattutto persone con i loro cani al guinzaglio, sono tanti, troppi per pensare l’abituale flusso di chi porta i cuccioli di famiglia a fare passeggiate. Forse anche loro vogliono tentare la ricerca. Quasi fosse una sfida, per alimentare oltre l’impossibile la grande speranza collettiva che la bambina possa riapparire.
Gianluca Nicoletti (LA STAMPA del 6 agosto 2018)