Cosa fare

Prigionieri in casa perché il figlio autistico teme scale e ascensore

Dopo undici anni, finalmente ci siamo presi la briga di portare Luca in Italia: di solito è mia mamma, l’amatissima nonna Franca, a venire da noi ogni novembre per festeggiare il suo compleanno. Ma questa volta abbiamo deciso che sarebbe stata la montagna (Luca) a venire da Maometto (mia madre).

Avevamo chiamato la compagnia aerea per facilitare l’attesa per le lunghe file per il check-in, il controllo passaporti e le entrate e le uscite dall’aereo. Infatti, ad ogni passaggio Luca aveva una bellissima sedia a rotelle, che sua sorella Emma ha sempre spinto con orgoglio, e le file sono state felicemente bypassate grazie anche ai dipendenti degli aeroporti.

Sono i pochi benefit del viaggiare con un autistico, che noi abbiamo sfruttato all’osso. Abbiamo fatto scalo, dopo cinque ore di aereo, a Dublino, dove abbiamo dovuto aspettare per ben due ore, da mezzanotte alle due del mattino, la coincidenza. Luca è stato bravissimo: davanti al suo iPad quando poteva, seduto tranquillo e assonnato quando invece non c’era connessione internet per i suoi video su Youtube.

Abbiamo attraversato l’oceano Atlantico, passando per Canada, Islanda, Irlanda, le Alpi e la Svizzera, fino a Milano, nella casa che non vedeva da anni, ma che ha immediatamente riconosciuto, fiondandosi in un istante in quella che è la sua camera da sempre, dove mia madre aveva messo bene in vista il suo giochino per bambini piccoli che amava già dieci anni fa.

Da subito non ha molto filato mia mamma, che segretamente c’è rimasta un po’ male, ma dopo una mezz’oretta si è accorto di lei e non l’ha più mollata: in braccio a lei lui sembra un gigante e lei una bimba piccola. Le ha chiesto di cantargli tutte le loro canzoncine miliardi di volte, la segue dappertutto, guai se la perde di vista.

Il giorno dopo gli abbiamo messo il cappotto per andare a fare una passeggiata. Abbiamo chiamato l’ascensore, che arriva direttamente in sala, e gli abbiamo insegnato a schiacciare il tasto zero per andare giù. Lui era felicissimo, fino a quando l’ascensore è arrivata a pian terreno. Poi è iniziata la lotta per farlo uscire: si è attaccato con la forza che solo lui ha con mani e piedi alla porta dell’ascensore e non c’è stato verso di farlo uscire. Dopo dieci minuti di convincimenti, lotte, spinte, siamo risaliti al quarto piano.

All’inizio ho pensato che non capisse che l’ascensore lo portava da un piano all’altro, e che magari avesse paura del cambiamento una volta arrivati a pian terreno. Ho quindi provato a farlo scendere dalle scale, così che i pianerottoli lo abituassero al cambiamento. Ma niente: non c’era verso. Ho pensato che forse il primo giorno avremmo dovuto lasciarlo a casa, ad ambientarsi. Ci abbiamo riprovato il giorno dopo: uguale. Poi abbiamo pensato che fosse per paura di lasciare la nonna. Bingo! Con lei è scesa, ma non l’ha mollata un attimo.

Siamo ormai da giorni prigionieri di Luca, ostaggi dell’autismo e della sua testardaggine. È riuscito ad attraversa l’oceano, ma non ha ancora attraversato la via Sismondi.

Domani partiamo, quindi volente o nolente dovrà scendere, entrare in un taxi e arrivare all’aeroporto. Senza nonna Franca, che rimarrà in via Sismondi un po’ più sola.

Marina Viola

marinaliena

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http://pensierieparola.blogspot.com
Marina Viola porta il quaranta di scarpe. Vive a Boston e ci fa il diario di quella che pensiamo essere l’ altra parte della luna. Che significa per noi autistici vivere negli Stati Uniti? Potete farle anche domande….

Redazione

La redazione di "Per Noi Autistici" è costituita da contributori volontari che a vario titolo hanno competenza e personale esperienza delle tematiche che qui desiderano approfondire.

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