La fuga di Wenzel, un piccolo “cervello ribelle” alle prese con Papa Francesco
Il Papa fa suo il concetto dell’autistico che fa parte della grande famiglia dei “Cervelli Ribelli”. Davanti a settemila persone che assistevano all’udienza papale, Wenzel, un bimbo autistico non verbale è salito sul palco e ha iniziato a tirare una manica della guardia svizzera. Francesco all’inizio ha riso e ha commentato: “È argentino, è indisciplinato”. Alla mamma, che accorsa per riprendere il bambino, il Papa ha detto di lasciarlo stare, tanto che il bimbo ha continuato a circolare liberamente sul palco durante l’udienza.
Al momento della sintesi della catechesi per i fedeli di lingua spagnola, il Papa ha improvvisato un discorso nella sua lingua natale: “Questo bambino non può parlare, è muto”, ha spiegato il Papa. “Ma sa comunicare, sa esprimersi. E c’è una cosa di più: è libero; indisciplinatamente libero, però è libero. Tutti possiamo chiederci: sono altrettanto libero davanti a Dio? Davanti a Dio, tutti dovremmo avere la libertà di un bambino davanti a suo padre”, ha continuato. “E chiediamo la grazia che questo bambino possa parlare”.
E’ probabile che nel momento in cui ha parlato con il Papa sul palco la madre abbia fatto in tempo a spiegare la condizione autistica del bambino, la frase di Francesco sulla “ribellione come atto di affermazione della libertà” è comunque una bella intuizione che ci piacerebbe fosse condivisa da quanti ancora vedono ogni “cervello ribelle” come un rischio sociale. Inutile polemizzare sul particolare della richiesta di un “miracolo” perchè l’autistico possa parlare, è lecito che l’uomo di fede possa immaginarla come una soluzione possibile al disagio di essere autistici. Più laicamente ci piacerebbe aggiungere che non è fondamentale comunque che quel bambino parli (lo dice chi rispetto suo figlio autistico una notte sognò che potesse parlare). E’ piuttosto molto più importante che quel suo essere non allineato alle regole e alle liturgie comuni non diventi causa di emarginazione, discriminazione, segregazione.
Il padre Saverio racconta l’episodio dal suo punto di vista: “In quel momento si stava un po’ annoiando ma non pensavo minimamente che andasse a salutare realmente il Papa. Invece è andato dritto verso di lui. Questa spontaneità è il regalo più bello di Dio a noi genitori che siamo sempre al fianco di un bambino in queste condizioni. Veramente una grande gratificazione”.
E’ ancora più gratificante vedere che il Papa non si scomponga più di tanto per un piccolo autistico che non si adatta al 100% alla ritualità della sua udienza, lo è soprattutto per tanti genitori abituati a sentirsi maltrattati e vituperati nella quotidiana difficile gestione delle abilità sociali del proprio figliolo.
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