Pensare Ribelle

Dedalo e Icaro imprigionati nel labirinto: quanto è magnetico l’autismo raccontato a teatro

L’autismo a teatro può sperimentare linguaggi e forme di comunicazione che non sempre sono trasferibili in un’opera cinematografica e ancora meno in un sceneggiato tv dove, purtroppo, le proposte, seppur qualitativamente buone, continuano ad arenarsi sul meraviglioso “diverso”, il miracolistico, il genialoide, il realismo magico del misterioso spettro. Sul palcoscenico, invece, risulta magnetico e perturbante il racconto della quotidianità autistica, della sua implacabile ma anche imprevedibile ripetitività fatta di gesti, azioni sconnesse, rumori, suoni, lamenti, dolore fisico, angoscia ma anche tripudi eccessivi, folli ottimismi, energie, fiotti di tenerezza, di puro amore. A teatro non si bara, non ci sono veli che coprono “nudità” imbarazzanti, anzi ci si spoglia di tutte le sovrastrutture, delle ipocrisie, dei paraventi moralistici, pietistici e bacchettoni. A teatro di autismo si può anche ridere perché l’essenza autistica è bizzarra nel suo genere; a volte capita a chi conosce bene gli autistici (perché ci si confronta e ci si scontra nel quotidiano) di scoppiare a ridere durante una piéce teatrale che mette in scena l’universo autistico in antagonismo con il mondo dei normodotati.  Ilarità liberatoria? E’, piuttosto, l’effetto taumaturgico, terapeutico del teatro. Ridere sulle proprie sventure è già un passo avanti per risorgere dalle proprie miserie (presunte?). Insomma ben venga il teatro che racconta l’autismo. E a proposito segnaliamo che a Milano al Teatro Elfo Puccini fino al 3 febbraio va in scena “Dedalo e Icaro” un dramma di Tindaro Granata sul labirinto come metafora dell’autismo con la regia di Giacomo Ferraù e Francesco Frongia con Giacomo Ferraù, Giulia Viana, Libero Stelluti, Vincenzo Giordano.

Natalia Poggi 


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Secondo la mitologia greca Icaro, da quando ha memoria, vive nel labirinto di Cnosso, costruito dal padre Dedalo, in cui si aggira un’oscura creatura metà uomo-metà animale, il Minotauro. Il padre, per amore del figlio, raccoglie negli anni delle piume per comporre lunghe ali per poter uscire dal labirinto e le assembla con la cera. Un giorno, Dedalo e Icaro, spiccano il volo fuori dal labirinto. Il padre redarguisce il figlio di non avvicinarsi troppo al sole, ma Icaro non lo ascolta: la cera che tiene le ali unite al corpo si scioglie e il ragazzo precipita nel mare.

Nella rilettura di Granata, Ferraù e Frongia  “Dedalo costruisce ad Icaro delle ali fatte esclusivamente dal suo estremo amore. Icaro, infatti, è rinchiuso in un labirinto: un mondo fatto di vicoli chiusi, strade verso l’esterno che s’interrompono, dalle quali spesso sembra di vedere improvvisamente l’uscita, ma è solo un’illusione. Il labirinto, Dedalo lo sa, è cieco, si chiama autismo e non ci sono cure.

Si può, solo, amare incondizionatamente! Icaro vive in un quotidiano labirinto le cui pareti sono le innumerevoli difficoltà che la sua condizione di “diverso” gli causa nel mondo dei “normali”. Esiste un modo per uscire dal labirinto?

Cosa è disposto a fare il padre per insegnare al figlio a volare in uno spazio che non ha limiti, non ha confini, nel quale ci si può perdere? Dedalo non può lasciare Icaro volare da solo nel cielo, perché si sa, il ragazzo andrà con le sue ali diritto verso il sole. E se quella caduta è inevitabile che senso ha per un genitore fornire a un figlio quelle ali di cera?

“Dedalo e Icaro” è intessuto da tante testimonianze dirette, a volte struggenti e altre pervase da una feroce ironia. Ogni storia è unica ma tutte hanno un comune denominatore: il terrore dei genitori che i figli non riescano a vivere dopo di loro.

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Redazione

La redazione di "Per Noi Autistici" è costituita da contributori volontari che a vario titolo hanno competenza e personale esperienza delle tematiche che qui desiderano approfondire.

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