A la recherche…des causes: Alice strizza il suo cervello ribelle
Come promesso ecco la seconda puntata del lungo racconto di Alice, alla scoperta della sua possibile neurodiversità. L’abbiamo lasciata con una prima descrizione di alcuni segnali sensoriali che, da sempre, le hanno dato l’impressione di un’appartenenza singolare e difficile da condividere. Le sue riflessioni partono da: “un sole che sembra perforarmi il cervello mentre io sono solo alla ricerca di un po’ di quiete e tranquillità”. Fino all’analisi del condizionamento di : “una buona educazione a essere sempre invisibile e discreta”…
Un’intera esistenza trascorsa ad analizzare nei minimi dettagli ogni evento accaduto, ogni mio atteggiamento, ogni mia parola pronunciata o non pronunciata.
Quando si è così diversi ci si chiede il perché, e non si può prescindere dalla ricerca delle cause che portano ad essere ciò che siamo.
Nel mio caso presumo si tratti di un cocktail, una miscela esplosiva dove si sono combinati condizione genetica ed un particolare contesto ambientale.
Se guardo al passato con la fermezza e la serenità che oggi mi caratterizzano, immagino che un contesto diverso avrebbe potuto fare la differenza nel mio sviluppo personale.
Un humus di per sé già molto fertile è diventato il terreno ideale per coltivare il progetto educativo di due genitori fuori standard, che non hanno fatto altro che amplificare esponenzialmente l’effetto di una sindrome congenita.
Di recente è capitato di confrontarsi in famiglia e ricordare le varie tappe della mia infanzia e adolescenza.
Fui una bambina piuttosto intelligente e determinata, ma al contempo estremamente desiderosa di appagare le aspettative di mamma e papà..
A 4 anni imparai a leggere da sola e vista la mia precocità e le consuetudini del tempo, saltai la prima elementare. Dalla seconda alla quinta, per trasferimenti di lavoro, cambiai in quattro anni anni ben sette scuole, senza mai cedere sul rendimento.
Frequentavo sempre scuole lontane dal paese in cui si viveva, per cui non strinsi mai legami con nessun compagno, né tantomeno con i vicini di casa.
Una parvenza di stabilità giunse finalmente intorno ai 10 anni quando la dimora diventò fissa e la scuola media era quella del paese, ma nuove regole si prospettavano all’orizzonte..
Scoprii così che, per i miei genitori, i compagni di classe risultavano sempre inadeguati per il mio percorso evolutivo, pertanto era inopportuno frequentarli.. e che la soglia di casa non doveva mai e poi mai essere varcata da estranei, in quanto la presenza di ospiti in rappresentava più fonte di ansia che non di gioia e convivialità.
Era come se ogni mio possibile passo verso il mondo delle relazioni interpersonali fosse visto come una pericolosissima devianza, pronta a far crollare tutti nel baratro.
Divenni una sorta di statuina da posizionare su un piedistallo e proteggere sotto una spessa teca di vetro.
Fu così che mi avviluppai su me stessa e all’alba dei 12 anni mi feci rapire dall’anoressia..
Un chiaro grido di allarme e di aiuto, un modo per palesare una incontenibile necessità di affermazione identitaria.. che però, in un tempo nel quale poco si conosceva di tali disturbi e in un contesto familiare molto terra a terra veniva percepito più che altro come un capriccio, cui non dare troppo peso e che si sarebbe aggiustato da sé col tempo.
Sottolineo come anche in questo caso manifestai una spiccata attitudine al mimetismo e all’adattamento.
Anoressica si, ma al punto giusto… notevolmente sotto il peso forma, ma non talmente esagerata da finire in ospedale, quindi senza arrecare disturbo e senza lasciare traccia visibile del mio passaggio.
Dopo l’adolescenza giunse l’età adulta, ma ormai ben poco si poteva recuperare.. la personalità si era formata e i tratti distintivi apparivano netti, come li avesse tagliati un laser..
Solo da quando andai a vivere da sola, appena cominciata l’università, che si trattasse di successi o disastri, fu prettamente una questione tra me e me. C’è stata la depressione, poi il momento del disturbo bipolare, la rassegnazione, e oggi un Asperger più accentuato.. ma alla fine ho sempre vinto io… Alice
Ciò che mi ha salvato dal tracollo penso siano state l’intelligenza e la razionalità, talvolta condite da un pizzico di sano cinismo.
Le bambine sono solite sognare il principe azzurro che arriva con il cavallo bianco per prenderle e portarle insieme verso un futuro dove tutti vissero felici e contenti..
La mia consapevolezza dell’inconsistenza di queste favole assurde mi ha portata a puntare sempre e solo dritta verso un obiettivo: Libertà e Indipendenza Economica per la mia persona.
Non è stato facile raggiungerle, ma ritengo siano per me i traguardi più preziosi mai raggiunti, e gli unici per cui valga la pena di combattere e scendere nell’arena del mondo reale ogni giorno. (2.continua)
PS: Tra gli strascichi di quanto sopra oggi mi ritrovo con una particolare riluttanza per i discorsi banali, le attività ludiche stupide, le uscite di gruppo in cui si parla del nulla, e tanto altro che invece per i miei coetanei rappresenta linfa vitale. Nel corso degli anni ho sviluppato più che altro relazioni di amicizia e interpersonali “a due”. Mal tollero il gruppo.. Se devo uscire con una compagnia di 4-5 persone inizia l’ansia, somatizzo rimango in stato di semi inquietudine sino a che la serata o l’incontro non terminano. Anche perché ho sempre la sensazione di non avere cose da dire, o meglio che quel che dico non interessi agli altri.