Visita all’Orto che cura di Collegno: psicologi e operatori sanitari cinesi a scuola di autismo in Italia
L’Italia, a sorpresa, diventa modello da imitare all’estero per quanto riguarda il sistema di assistenza ricreativo-riabilitativa ai soggetti autistici: un gruppo di psicologi ed operatori sanitari è arrivato dalla Cina per conoscere da vicino centri per l’autismo italiano. Si è, infatti, da poco conclusa a Collegno, in Piemonte, la visita di una delegazione di cinesi ad alcune strutture ricreativo-riabilitative per autistici gestite dalla cooperativa il Margine. Gli ospiti con gli occhi a mandorla hanno potuto visitare la sede dell’Orto che cura e il Centro Diurno Progetto Ponte a Settimo. E’ stato un interessante confronto e scambio di vedute su diversi modelli di intervento in tema di autismo e disabilità.
La delegazione è stata accolta a Villa 7 nell’ ex Ospedale Psichiatrico di Collegno, dal sindaco della città piemontese, Francesco Casciano, e da Nicoletta Fratta, presidente del Margine.
Durante l’incontro, gli ospiti asiatici ospiti hanno presentato il proprio modello di gestione dell’autismo in diverse strutture riabilitative di Pechino e il ruolo dell’Associazione Autismo del Distretto Chaoyang. La giornata ha rappresentato un’occasione preziosa per condividere diverse esperienze riabilitative e differenti modelli di approccio terapeutico, attraverso la presentazione del Servizio psico-educativo autismo che fa capo a Elena Mapelli e a Cristiana Pinna, coordinatrice del servizio, così come del Centro Diurno Progetto Ponte, grazie alla preziosa collaborazione di Laura Balma e Anna Maria Rampello. Per la delegazione cinese sono intervenute: Jia Meixiang, primario dell’ospedale di Pechino e presidente Associazione Autismo del Distretto Chaoyang di Pechino; Sun Daqin, presidente Centro di Riabilitazione di Pechino e Zhu Con, direttore generale Centro di Riabilitazione di Pechino. A presentare il funzionamento del sistema italiano in termini di interventi riabilitativi nei confronti di minori disabili, Antonio Silvio Venuti, direttore di Distretto dell’ASL TO3. Da oggi la Cina è ancora più vicina.
Nello sterminato paese asiatico i bambini autistici vengono chiamati “bambini delle stelle” che è un pò come dire che pur vivendo in questo mondo, ne sono lontanissimi. In Cina il riconoscimento ufficiale dell’autismo risale solo al 1980. Come in altre culture asiatiche molti genitori tendono a nascondere questi figli “diversi” e a considerarli solo un problema “privato” da vivere dentro le quattro mura domestiche. Un fenomeno che è ancora frequente nelle aree rurali. La sabilità mentale èvissuta come una vergogna, una colpa da nascondere. E quindi in un paese con oltre un bilione di abitanti, il numero ufficiale di bambini autistici è stimato tra 600.000 e 1.8 milioni, mentre, più verosimilmente, dovrebbe essere tra i 1.5 e 7.8 milioni, senza contare gli adulti. Le strutture riabilitative e terapeutiche sono limitate, come anche i fondi stanziati dal governo. Le famiglie che non possono permettersi di mandare i figli in una di queste istituzioni vengono lasciate a loro stesse e in certi casi limite è capitato che alcune di esse scegliessero di compiere un suicidio di famiglia. Le cose però stanno lentamente combaindo. La “Beijing stars and rain”, fondata nel 1993 da Tian Huiping, madre di un bambino autistico, è stata la prima organizzazione educativa non governativa riservata agli autistici. Esso attraverso il suo programma educativo ha aiutato migliaia di bambini e anche ha aperto un centro per adolescenti. A questa organizzazione è stata anche dedicato un intero documentario, più volte premiato, chiamato “Children of the stars” (2007), prodotto da Alexander Haase e diretto da Rob Aspey.