Francesca Gino: una docente di Harvard è la fata madrina di noi “Cervelli Ribelli”
Da un paio d’anni stiamo lavorando sul concetto di “CERVELLI RIBELLI”. Lo abbiamo fatto inizialmente partendo da questa area di discussione dedicata all’esperienza di Gianluca Nicoletti nella graduale scoperta di suo figlio autistico Tommy. Successivamente la sua analisi dell’autismo è andato orientandosi verso una più ampia osservazione della società contemporanea culminata nel suo libro “Io figlio di mio figlio” in cui la neurodiversità è da lui vista come segnale premonitore di una nuova fase dell’evoluzione umana, che prevede una necessaria mutazione del cervello porterà a una società condizionata da una diversa modulazione delle attuali tipicità cognitive e relazionali.
“Nella porzione di storia che sto vivendo nel mio paese mentre scrivo, mi viene da dire che viviamo nel tramonto del rischio di un forte pensiero antagonista che possa creare disordine e confusione nei valori che trasmette, o dovrebbe trasmettere, la scuola. Gli unici a esprimere un dissenso, seppur quasi sempre muto, o non articolato in un comportamento condiviso tra persone affini, sono proprio i neurodiversi, unici cervelli ribelli rimasti a testimoniare un punto di vista costruttivamente sovversivo, nel panorama omogeneo provocato da un unico frullato di tutte le ideologie passate che oggi è rappresentato dalla politica. Un mix di frutta mista le cui possibilità di divergenza tra ottiche opposte è rappresentata dalla percentuale di zenzero presente nel beverone.” (Io figlio di mio figlio)
A questo punto entra in gioco Michela Paparella una straordinaria manager della comunicazione che gestisce da anni Kulta che è un’agenzia specializzata nell’ideazione e creazione di soluzioni digitali e multicanale, dalla progettazione allo sviluppo, fino alla realizzazione di contenuti originali e applicazioni innovative e Scuola Channel, una piattaforma di edutainment e CSR. Assieme a Nicoletti e la sua Onlus Insettopia fondano CERVELLI RIBELLI, che si pone come scopo di realizzare, attraverso progetti altamente valoriali, il concetto comune di diversità come sintomo dell’ “EVOLUZIONE IN CORSO”.
Detto questo, proprio oggi su Mornig Future abbiamo letto un’interessante intervista a Francesca Gino, docente all’ Harward Buiness School che ha come suo specifico campo di ricerca l’applicazione della scienza comportamentista all’organizzazione aziendale. La professoressa Gino è stata onorata da Thinkers 50 come una dei migliori 40 professori del mondo al di sotto dei 40 anni e uno dei 50 più influenti pensatori manageriali del mondo. In questo periodo ha pubblicato “Talento Ribelle” , un libro che sembra essere in perfetta linea con il nostro MANIFESTO DEI CERVELLI RIBELLI. Siamo felici di aver aver perseverato su questa nostra intuizione, oggi che “Cervelli Ribelli” inizia ad essere una realtà conosciuta anche nel mondo delle grandi aziende e i suoi progetti stanno prendendo corpo e concretezza, siamo felici di scoprire in Francesca Gino, una delle più autorevoli voci nel mondo dell’innovazione, la nostra splendida fata madrina.
VOLETE INNOVARE? CERCATE TALENTI RIBELLI
I ribelli hanno sempre avuto una cattiva reputazione. In verità, spiega Francesca Gino, docente all’Harvard Business School «i ribelli sono maestri dell’innovazione e sempre più aziende si sono messe sulle loro tracce»
I ribelli hanno sempre avuto una cattiva reputazione. Pensiamo a loro come a colleghi, amici e familiari che complicano decisioni apparentemente semplici, creano caos e non sono d’accordo quando tutti gli altri lo sono.
In verità, spiega Francesca Gino, docente all’Harvard Business School, autrice di Talento ribelle. Perché infrangere le regole paga (Egea, 2019), i ribelli sono coloro che cambiano il mondo in meglio con le loro prospettive non convenzionali. Invece di aggrapparsi a ciò che è sicuro e familiare, e ricadere nella routine e nella tradizione i ribelli sfidano lo status quo. Sono maestri dell’innovazione e della reinvenzione e le aziende si sono accorte di loro.
La maggior parte delle imprese – spiega Gino – «chiede di seguire le regole, non di infrangerle. Che si tratti di procedure standard attraverso cui svolgere un determinato compito, di una catena di comando dettagliata o persino del dress code da rispettare sul posto di lavoro, non esiste organizzazione che non abbia le sue regole. Ignorarle comporterà seri problemi, se non il caos più totale. I ribelli vengono tollerati malvolentieri e messi alla porta, se diventano troppo fastidiosi». Ma le cose stanno cambiando.
Nei quindici anni di studio che ha dedicato alle imprese, nel tempo trascorso nei diversi ambienti di lavoro e a contatto con i dirigenti, racconta Gino, «mi è capitato di tanto in tanto di incontrare gente che non ha paura di infrangere le regole quando queste costituiscono un freno. Gente capace di mettere in discussione anche gli assunti e i principi in cui crede fermamente, oltre che le norme ampiamente accettate, per identificare invece strategie più creative ed efficaci attraverso cui raggiungere l’eccellenza dei risultati. Così mi sono ritrovata a chiedermi: che cosa potremmo imparare tutti da queste persone? Qual è il loro segreto?».
Il neurolinguista Noam Chomsky ha distinto tra due tipologie di creatività: la rule-governed creativity e larule-changing creativity. La prima è creatività governata da regole, la seconda è creatività che cambia le regole. Il ribelle di talento è chi, non potendo innovare a causa di regole che ostacolando la messa a valore aziendale della sua creativity, rompe regole obsolete e si apre a un cambiamento.
GIno spiega che «i ribelli sono persone che infrangono le regole per esplorare nuove idee e creare cambiamenti positivi. Sono persone che stanno facendo del bene nel mondo». Ogni azienda ha bisogno di loro, se vuole crescere e innovare.
Il rapporto fra innovazione ed esecuzione, si impara dal lavoro di Francesca Gino, prevede sempre un grado di creatività determinata dal contesto e dall’autonomia di chi agisce. È oramai sempre più chiaro alle aziende che la qualità di una performance è legata a dinamiche “ribelli” di rule-changing creativity.
Vivere una vita da ribelli è energizzante
Benché ogni ribelle sia unico, condivide con gli altri una serie di qualità: novità, curiosità, prospettiva, diversity e autenticità. Non soffocare queste qualità è cruciale per il well being aziendale.
Potremmo sintetizzare la vision di un talento ribelle lungo due direttrici:
Cercare il nuovo. «È facile cadere nelle routine e seguirle senza pensare, giorno dopo giorno. Ciò che questo principio ci permette di fare, anche in situazioni in cui esistono routine e tradizioni, è rompere con esse e trovare nuova ispirazione», spiega Gino.
Incoraggiare il dissenso costruttivo. «Come esseri umani, spesso ci concentriamo su una sola prospettiva, e generalmente è la nostra». I ribelli si sottraggono a questo istinto, incoraggiando la diversity.
Ma, soprattutto, i talenti ribelli non si devono nascondere. I talenti ribelli si concentrano sui loro punti di forza, ma sono onesti sulle loro debolezze e si sforzano di riflettere su entrambi. «Non nascondono chi sono, o fingono di sapere, o di essere qualcosa che non sono», conclude Gino. Questa onestà di fondo è il motore del loro successo.
Certe abitudini consolidate ci spingono verso tutto ciò che è familiare e confortevole. Dobbiamo imparare a rompere queste abitudini
«Uno dei più grandi motivi di sorpresa emersi dalla mia ricerca – conclude Gino – è stato scoprire quanto possa essere importante e significativo il talento ribelle nella vita personale. Ho iniziato a interessarmi a questo progetto con l’intenzione di capire che cosa comporti infrangere le regole nel lavoro. Ma infrangere le regole, come ho scoperto lungo il cammino, arricchisce ogni aspetto della nostra esistenza. Vivere una vita da ribelli è energizzante».
Gino confida di essere «sempre alla ricerca di tutti quei modi positivi di stare al mondo che a prima vista possono sembrare sbagliati, se non addirittura distruttivi. Certe abitudini consolidate ci spingono verso tutto ciò che è familiare e confortevole. Dobbiamo imparare a rompere queste abitudini, come fossero altrettante urne della dinastia Han. Solo allora saremo pronti a trasformarle».
Quando pensiamo ai ribelli, pensiamo ai guai. I ribelli rompono le cattive abitudini. Ci appoggiamo a ciò che è comodo e familiare, fallendo facilmente nella routine. Preferiamo la certezza al dubbio. Accettiamo i ruoli sociali che ci vengono trasmessi, quasi senza domande, e seguiamo il punto di vista della maggioranza piuttosto che attaccarci al collo. I ribelli fanno domande con curiosità e guardano lo stesso problema o situazione da più punti di vista. I ribelli non hanno paura di esprimere opinioni sul lavoro o di rendersi vulnerabili di fronte agli altri