Gian Antonio Stella racconta i “Diversi” che hanno fatto la storia
L’ultimo libro di Gian Antonio Stella – Diversi – è un viaggio attraverso la storia andando a raccontare le vicissitudini di quella parte di umanità resa fragile da una disabilità. L’immagine di apertura è quella dei freaks, ossia storpi, nani, disabili mentali, una popolazione sofferente che veniva sfruttata per esigenze di spettacolo. Erano di moda tra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento fino a che, al termine degli anni 80, la definizione freak out ha indicato lo sbarazzarsi di modi antiquati, restrittivi di pensiero e di abbigliamento per esprimersi creativamente. Bellissimo esempio di trasformazione di un concetto negativo in un segno distintivo di un’avanguardia artistica.
Sembra che il numero dei disabili nel mondo sia di un miliardo, una cifra esagerata che non spiega perché la loro esistenza sia sempre così complicata. È forse il concetto di scarto, inutile per qualsiasi uso, che li accompagna e che induce ancora a non prendere in considerazione le esigenze di questa parte di popolazione che fatica il doppio per essere riconosciuta e per avere i diritti che le spettano. È sconvolgente il capitolo che racconta la nascita dell’eugenetica nell’America liberale, poi ripresa con forza nel periodo nazista, e, mano a mano che si procede nella lettura, aumenta l’indignazione e non si comprende come politiche, definite democratiche, abbiano potuto appoggiare tale ignominia fino ad arrivare a conferire premi Nobel per la pace a persone che hanno sostenuto tale idea.
La propaganda che era alla base dell’Aktion T4 poggiava sull’uso di immagini ripugnanti e sulle conseguenze di natura economica che l’intera nazione avrebbe dovuto fronteggiare per curare i disabili. È sempre una questione di soldi. Quanto bisogna spendere affinché il disabile possa acquisire una abilità? Gerhard Wagner, capo dei medici del Reich, sciorinò tutte le spese sostenute per curare le persone affette da malattie ereditarie e che quindi sarebbero state sottratte al popolo tedesco e al suo benessere. Motivo sufficiente per eliminare la spesa improduttiva. Un ragionamento rimasto invariato nei secoli per cui, accanto ai soliti, stantii proclami di inclusione sociale, si affiancano politiche che continuano a penalizzare i disabili e le loro famiglie.
Diversi è un libro di storie e, anche a chi si trova dentro la realtà narrata, il racconto smuove un dolore nascosto, ancestrale. Il senso di colpa ha pervaso ogni nascita “imperfetta”, sia che si tratti di difetti fisici che psichici. Non è poi così lontana nel tempo la convinzione che gli angiomi o le macchie cutanee discromiche fossero conseguenza di “voglie” di cibo o di bevande durante le gravidanza, trasposizione neanche tanto larvata di una voglia sessuale trasformata in altro di meno sconveniente al comune senso del pudore.
Ma chi non può cogliere il tutto viene scioccato dall’apparente deformità di una parte, perché non sa a chi si conforma e a che cosa si riconduce. È Sant’Agostino che induce ad allargare lo sguardo (e la mente) per scoprire che nell’immagine globale tale difetto, non solo non viene percepito, ma contribuisce alla bellezza e – aggiungo io – al benessere generale. Anche la Chiesa ha avuto le sue colpe, non riuscendo ad arrestare l’uccisione di massa dei disabili e negando loro, fino al 1983 con il Nuovo Codice Canonico di Giovanni Paolo II, la possibilità di avvicinarsi al sacramento dell’eucaristia. La celebrazione dell’Eucaristia è il centro della vita cristiana, il dono più grande che Gesù ha fatto ai suoi discepoli. Anche il disabile può accedere, dopo adeguata preparazione, a questo sacramento.
C’è poi il racconto di chi è riuscito a ritagliarsi uno spazio nella storia. L’ometto di Norimberga, ricordato non tanto per la sua disabilità fisica, quanto per la sua abilità nei giochi di prestigio, nella calligrafia e nel disegno. Michel Petrucciani, esempio di come sia possibile superare una fragilità fisica con l’energia straripante dell’arte. E poi Henri de Toulouse-Lautrec, Giacomo Leopardi, Frida Khalo. È importante non concentrarsi su ciò che manca, sulla malattia, ma sulle particolari predisposizioni, importanti affinché la persona disabile possa sentirsi riconosciuta come appartenente all’umanità, elemento importante alla crescita collettiva.
Andare oltre i propri limiti è possibile e si deve fare. È un messaggio che deve essere rivolto ai genitori da poco travolti da una diagnosi che apre scenari futuri di solitudine e sofferenza psichica. È proprio quando è più difficile che bisogna pensare in grande, progettare traguardi che sembrano irraggiungibili, ma che possono diventare possibili in presenza di una volontà granitica e impavida.
L’ultimo capitolo è quello che svela la paura profonda di ogni genitore, quel dopo di noi che inizia ad incombere quando si superano i 50 anni. Il futuro di un figlio con neurodiversità è ancora oscuro dal momento che la psichiatria tende ancora a inserire l’autismo tra le psicosi usandone i farmaci, mentre è molto probabile che i meccanismi neurofisiopatologici siano “altro”. Anche la comunicazione non può essere la stessa e certi comportamenti oppositivi potrebbero essere efficacemente risolti con una relazione efficace, più che con i farmaci. C’è ancora tanta strada da fare per favorire la conoscenza e la consapevolezza. Tra i tanti libri scritti in questi anni per raccontare l’esperienza di convivere con una disabilità, Diversi finalmente raccoglie una parte della Storia dell’Uomo, fatta di silenzi, di un mettere a tacere, e che finalmente trova la sua degna espressione.
Gabriella La Rovere