Daniela Mariani Cerati propone alla comunità scientifica una riflessione su psicofarmaci e autismi
Da qualche giorno nei gruppi di discussione on line dedicati all’autismo si discute di un documento redatto da Daniela Mariani Cerati, che tratta nello specifico il tema della prescrizioni di psicofarmaci a persone con autismo. Il tema è quanto mai delicato, è chiaro che potendo tutti faremo a meno di assumere o far assumere ai figli qualsiasi tipo di farmaco.
E’ pur vero che come dice la Marini Cerati a oggi, dicembre 2019, pur non essendo stato approvato nessun farmaco per contrastare i sintomi propri dell’autismo, la quasi totalità delle persone adulte con autismo o con disabilità intellettiva e comportamenti problema (DI) assume psicofarmaci, soprattutto antipsicotici, spesso in associazioni plurime fra loro. Tutti farmaci di cui nei fogli illustrativi non si fa nessuna menzione dell’autismo. Da qui la proposta di lavorare nello specifico con sperimentazioni ad hoc sull’effetto che tali farmaci hanno sulle persone autistiche.
Il tema è impossibile da trattare con superficialità, quindi ci auguriamo che la discussione impegni chi seriamente di questa materia si occupa con il rigore della scienza. Da una parte aprendo questo dibattito c’è il rischio di alimentare la sfiducia congenita per la medicina, sfiducia e scetticismo già è sin troppo rappresentati nel fronte dei genitori di autistici. D’altra parte è sin troppo diffusa la prescrizione “fai da te”, spesso per la difficoltà oggettiva nell’individuare nella propria città o regione medici con specifiche competenze sull’autismo. Ancora più pericoloso è il “passa parola” nei social, chiedendo consigli nei gruppi Facebook moderati dai genitori stessi. E’ frequente leggere on line quesiti del genere: “chi di voi usa questo o l’atro farmaco? Secondo voi funziona?” Citando psicofarmaci anche molto potenti e rischiosi nella somministrazione random.
Abbiamo pensato che la cosa migliore sia dare corretta visibilità alla riflessione della dottoressa Marini Cerati (che qui alleghiamo in PDF ) perché chi, tra i clinici che di tale materia si occupano, volesse su questo dibattere con argomenti scientificamente corroborati abbia modo di farlo con il testo completo a disposizione.
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PSICOFARMACI E AUTISMI
INTERVISTA
Vorrei che leggessero il mio articolo i medici che hanno in cura le persone con autismo di ogni età
Noi abbiamo pure posto alcune domande all’autrice dell’articolo sugli psicofarmaci e l’autismo per meglio contestualizzarne il lavoro e dare maggiori elementi possibili al dibattito scientifico.
Dottoressa Daniela Mariani Cerati, Quale è la sua formazione e quale presupposto l’ha spinta a compilare questo “memorandum” sugli psicofarmaci e l’autismo?
Mi sono laureata in medicina e chirurgia nel 1972. Ho lavorato nell’ospedale universitario S. Orsola Malpighi per trent’anni e ho avuto occasione di partecipare a sperimentazioni cliniche con l’Istituto Mario Negri. Passando dalla medicina internistica alla neuropsichiatria della disabilità ho notato una condizione di arretratezza nell’uso dei farmaci. Quella che dovrebbe essere la base della clinica, ovvero la sperimentazione dei farmaci che dovrebbe precedere l’uso degli stessi nella quotidianità, manca quasi totalmente e, quel che è peggio, manca una programmazione della ricerca, che dovrebbe essere fatta su più fronti: per rivedere, con sperimentazioni ad hoc, l’appropriatezza o meno di ciò che si fa nel presente; per ricercare i fattori patogenetici dei disturbi del neurosviluppo o comunque dei sintomi più disturbanti in modo da avere nuovi bersagli per sperimentare terapie innovative che agiscano in profondità e non solo sui sintomi, migliorandone uno (quando va bene) e peggiorandone altri.
A chi secondo lei è diretto? Non esiste già un panel di studiosi che su questo tema sta lavorando alle linee guida sull’autismo per l’ISS?
Vorrei che leggessero l’articolo i medici che hanno in cura le persone con autismo di ogni età. Faccio notare che io cito articoli già pubblicati, ma alcuni lavori da me citati, che ritengo utilissimi, come quelli del gruppo italiano (De Vreese, L. P., De Bastiani, E., Weger, E., Marangoni, A., Mantesso, U., & Gomiero, T. (2016). La farmacoterapia nella disabilità intellettiva adulta e anziana: risultati di una indagine multicentrica. Psicogeriatria, 2, 33–51) che riguardano disabili intellettivi dai 40 agli 80 anni, sono stati pubblicati su riviste di geriatria, che probabilmente non arrivano ai medici che hanno in cura queste persone.
Il panel che sta lavorando alle nuove linee guida sull’autismo per l’ISS non ha ancora concluso il suo lavoro, ma periodicamente mette in rete delle raccomandazioni per le quali chiede un parere agli interessati: società di professionisti e associazioni di utenti. Tra queste raccomandazioni, sulle quali ancora c’è la possibilità di dissentire, si dice di non prescrivere psicofarmaci per l’autismo in quanto tale, ma di prescriverli quando, insieme all’autismo, ci sono co occorrenze psichiatriche. Questa posizione, sulla quale nell’articolo pongo le mie riserve, è la stessa che è stata espressa nelle linee guida della Società Britannica di Psicofarmacologia del 2018, pur con molte raccomandazioni di prudenza e di vigilanza.
Non teme di ingenerare un senso di sfiducia nelle famiglie già spesso in difficoltà nell’individuare punti di riferimento sicuri rispetto ai problemi dei loro figli autistici?
Nelle condizioni di cronicità capita spesso che gli utenti (in questo caso soprattutto i genitori) siano più informati dei professionisti. Si parla ormai anche nei documenti ufficiali di “esperti per esperienza” e i professionisti devono imparare, dialogando con questi utenti informati, ad accettare critiche e suggerimenti. La soggezione del paziente nei confronti del “Dottore” fa parte di altri tempi. Quello che il professionista deve sapere fare oggi è discernere tra quanto gli utenti hanno appreso da ciarlatani venditori di illusioni e quanto hanno appreso da fonti che mettono il dito su una piaga reale.
Quale attenzione si aspetta dalla comunità scientifica italiana rispetto alle sue osservazioni?
Non lo so. Mi pare di non aver detto nulla di nuovo. Ho citato dati della letteratura. Temo che, se non hanno letto e tratto le dovute conclusioni da quei dati, tanto meno leggeranno e trarranno le dovute conclusioni dai miei scritti.
Al momento ha registrato interesse o comportamenti avversi per quanto scrive?
Ho pubblicato un breve post su questo tema sulla mia pagina facebook e, con piacevole sorpresa, la prima persone che ha messo “Mi piace” è stata una psichiatra del Servizio Sanitario Nazionale, responsabile del PROGRAMMA INTEGRATO DISABILITA’ E SALUTE di una importante azienda sanitaria. Tuttavia capisco bene i timori di neuropsichiatri e psichiatri che oggi prescrivono alle persone con autismo psicofarmaci, spesso più di uno in associazione, off label, cioè senza alcuna copertura legale, quella delle indicazioni contenute nei fogli illustrativi dei farmaci. Infatti le indicazioni si attengono, giustamente, alle sperimentazioni fatte sulle psicopatologie degli adulti senza autismo, quelle che esordiscono dopo l’adolescenza, sulle quali i farmaci hanno decenni di monitoraggio dietro le spalle. Le sperimentazioni su persone con autismo sono pochissime e di breve durata. Per di più nessuno ha mai valutato con una ricerca scientifica un trattamento che inizia da bambini e si protrae per la vita. Nelle persone con autismo poi alcuni risultati negativi sono ben noti: l’effetto paradosso, cioè l’effetto contrario a quello atteso, classicamente un aumento dell’agitazione in risposta a un tranquillante; gli effetti negativi a lunga distanza come il parkinsonismo, l’aumento di peso, la scialorrea e il declino cognitivo. Si tratta perciò di valutare insieme con i genitori il bilancio fra gli effetti positivi attesi e quelli negativi, di chiedere il consenso informato, pronti a sospendere i farmaci quando i risultati non sono quelli desiderati. In questo modo i colleghi sarebbero sollevati dalle responsabilità legali senza bisogno di ricorrere all’artificio di porre una diagnosi di co-occorrenza anche su casi nei quali la diagnosi non è possibile per l’incapacità della persona di esprimere il proprio vissuto.
Aggiornamento delle ore 21.30
RISPONDE ROBERTO KELLER: SARA’ UNO DEGLI OBIETTIVI PRIORITARI NELL’UTILIZZO DEI PROSSIMI FONDI NAZIONALI
Il problema dell’uso dei farmaci nell’autismo è un problema serio e complesso.
I farmaci non devono essere la prima risposta ai problemi di comportamento e vanno in primis escluse le cause organiche, gli aspetti di ipersensorialità, le variazioni di routine e di dettagli, etc.
Quindi una valutazione medica e una analisi funzionale e un intervento cognitivo-comportamentale e educativo devono precedere ogni altro intervento.
Al tempo stesso le famiglie non vanno abbandonate a un fai da te di fronte a gravi gesti auto lesionistici o aggressivi senza un supporto professionale.
La mancanza di studi scientifici seri non aiuta né le Famiglie né le persone autistiche né i professionisti, e le indicazioni nelle schede tecniche che non contemplano indicazioni nell’autismo non sono di aiuto…
Per questo motivo in cabina di regia ministeriale per l’autismo, di concerto con l’Istituto superiore di Sanità abbiamo ritenuto questo tema uno degli obiettivi prioritari nell’utilizzo dei prossimi fondi nazionali.
Roberto Keller: Psichiatra, neuropsichiatra infantile e psicoterapeuta, è direttore del Centro regionale piemontese per i disturbi dello spettro autistico nell’età adulta, Torino, Italia; è Professore a contratto di Psichiatria presso il Dipartimento di Psicologia, Università di Torino, Italia; è membro del National Guidism Guidelines Panel del National Higher Health Institute – ISS. Dal 2000 lavora come psichiatra presso l’Unità Sanitaria Locale di Torino, Dipartimento di Salute Mentale. È anche membro della Società Italiana di Psichiatria (SIP) e della Società Italiana di Malattie dello Sviluppo Neurologico (SIDIN). Il Dr. Keller ha pubblicato più di 90 articoli su riviste nazionali e internazionali ed è editore di un libro in lingua italiana sulla diagnosi e il trattamento dell’ASD negli adulti e insegna in diversi Master di autismo.