Il mascheramento sociale nell’autismo femminile
Autismo al femminile: una revisione sistematica
Il disturbo dello spettro autistico è un disturbo del neurosviluppo con un rapporto di prevalenza maschi-femmine di 4:1. In ambito clinico ciò significa che tale condizione viene diagnosticata circa quattro volte in più nella popolazione maschile rispetto a quella femminile, evidenziando un chiaro bias di genere che rende le ragazze meno inclini a ricevere precocemente la diagnosi o, in alcuni casi, a non riceverla affatto.
A tal proposito la ricerca suggerisce la possibile esistenza di uno specifico “fenotipo femminile di autismo”, che potrebbe incentivare la mimetizzazione dei sintomi. Tale capacità, molto comune nell’autismo al femminile ad alto funzionamento, rappresenterebbe la principale causa dell’alto tasso di diagnosi tardive o addirittura di assenza di diagnosi lifetime in questa popolazione clinica.
Negli articoli scientifici quando si fa riferimento al fenotipo femminile di autismo si parla spesso di “social camouflaging” che letteralmente intende il “camuffamento” e/o il mascheramento di alcuni tratti della personalità, con una funzione adattativa che promuove l’adeguamento a specifiche esigenze ambientali.
Una delle principali cause di questo complesso meccanismo sembrerebbe essere correlata alle aspettative sociali, poiché spesso le donne con autismo sono chiamate a sostenere una maggiore pressione sociale, dovuta al fatto che ci si aspetta che nascondano i loro tratti autistici e soddisfino le aspettative della società in base al proprio loro ruolo di genere, dimenticando spesso l’enorme difficoltà ascrivibile alle caratteristiche del funzionamento autistico (scarsa comprensione delle regole sottese nelle relazioni sociali, forte aderenza e rigidità rispetto alle aspettative sociali di genere, gravi difficoltà nelle capacità socio-comunicative), che ostacolano la loro capacità di interpretare e sperimentare adeguatamente la vita sociale.
Nonostante le caratteristiche sintomatologiche appena descritte, le donne con diagnosi di autismo spesso sembrano stabilire volentieri amicizie con i coetanei, motivo per cui effettuano grandi sforzi per non far notare i propri tratti autistici, copiando i pari o riproponendo modelli di comportamento appresi da personaggi famosi. Nel far ciò, sviluppano parallelamente abilità di empatia e capacità di feedback che gli consentono di essere parte attiva del loro ambiente sociale.
I dati analizzati in una recente review di Settembre 2020 su Journal of Autism and Developmental Disorders di un gruppo di ricercatori di Santiago de Compostela in Spagna ha riassunto le differenze di genere riscontrate nelle persone autistiche in relazione all’interazione sociale, sottolineano maggiori capacità comunicative e competenze sociali nelle femmine autistiche rispetto ai maschi, suggerendo che il desiderio di interazione con gli altri possa essere alla base di una possibile spiegazione del comportamento di mimetizzazione.
A livello globale, gli studi inclusi in questa revisione hanno riportato che le donne con autismo mostrano comportamenti più mimetizzanti rispetto ai maschi e che questa popolazione clinica tende a camuffare i propri sintomi negli ambienti sociali, con i loro genitori e con i loro insegnanti, a differenza dei maschi con stessa diagnosi.
E’ in tal senso rilevante notare che comportamenti di camuffamento mantenuti nel tempo possono portare con se numerose implicazioni cliniche, una tra tutte ricevere tardivamente una diagnosi formale, che non consente di beneficiare in modo tempestivo dell’assistenza medica adeguata alle loro specifiche esigenze.
Inoltre, il fenomeno del “camouflage” essendo intrinsecamente impegnativo, espone le donne con ASD a provare emozioni negative, rendendole più vulnerabili a sintomi internalizzanti (ansia, depressione, scarsa autostima, pensieri suicidari), e aumentando il rischio di comportamenti autolesivi.
Nonostante sia certa la relazione tra autismo e disturbi dell’umore in entrambi i sessi, le evidenze dimostrano una maggiore tendenza dei maschi a riferirne la presenza rispetto alle femmine. Da questo deriva una maggiore frequenza di sintomi depressivi nei maschi: il dato però è falsato dal fatto che, sebbene le donne tendano a provare più emozioni negative rispetto ai maschi, queste tendano a camuffare meglio l’umore depresso, segnalando meno frequentemente i sintomi.
Nel complesso, i risultati di questa revisione supportano l’esistenza di un effetto di mimetizzazione ben consolidato e frequente nelle donne autistiche con buon funzionamento cognitivo, nonostante le conseguenze negative che ne derivano.
In ambito clinico, pertanto, numerose sono le difficoltà che permangono nell’iter valutativo e diagnostico del Disturbo dello Spettro Autistico nella popolazione femminile, dovute tanto alla peculiarità fenotipica, quanto all’assenza di strumenti validati e standardizzati che non consentono ai clinici l’opportunità di osservare più approfonditamente le differenze sintomatologiche presenti nei due gruppi di genere.
Chiarire un possibile fenotipo femminile di autismo e comprendere la sintomatologia ad esso associata è un fattore rilevante per consentire di porre diagnosi precocemente e, di conseguenza, implementare programmi di intervento tempestivi che possano favorire migliori esiti prognostici.
Pertanto, è di fondamentale importanza considerare il ruolo dei comportamenti di mimetizzazione delle donne con autismo in tutta la loro complessità, in modo da poterne monitorare e prevenire le difficoltà che ne conseguono.
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Contributo scientifico da parte del