Pensare Ribelle

Tutti autistici? No, però è una graphic novel

La neuro divergenza è istituzionalmente un tema indicibile. Non retrocederò da questo convincimento; troppe volte ho sperimentato l’afasia abissale in chi dovrebbe rispondere alle esigenze basilari di una fetta consistente della popolazione, che rivendica solo il suo diritto a essere considerato alla stregua di ogni altro cittadino, con un cervello in linea con lo standard prevalente.

Il non detto ufficiale però ispira forme di racconto alternative, canali spontanei di narrazione di un dramma che si vive sulla propria pelle o di cui si è diretti testimoni. Nell’ultimo decennio non sono mancati negli scaffali delle librerie memoriali di cronache familiari, scritti da genitori di persone autistiche che trovavano nella scrittura una maniera possibile per elaborare la loro solitudine e il loro desiderio di far sentire una voce alternativa rispetto alle letture ufficiali sull’autismo.

In questo filone, a cui ho in parte  contribuito,  non sono mancate anche le persone autistiche che raccontavano sé stesse, più credibili coloro che possono essere collocati nell’area di alto funzionamento dello spettro, assolutamente non credibili, ma ugualmente celebrati come divergenti prodigiosi, quelli che non sapevano parlare o scrivere il proprio nome, ma ugualmente capaci di produrre libri con un facilitatore dal potere medianico, che guidasse la loro mano su una tastiera, facendo emergere una sorta di coscienza prigioniera, che solo con la scrittura facilitata poteva esprimere concetti di profonda complessità.

Finora non mi risulta che qualcuno avesse provato a raccontare, attraverso lo strumento della graphic novel, un esempio di concreto tentativo di costruire una “città ideale” per persone autistiche. L’esperimento è interessante e potrebbe essere l’avvio di una nuova maniera per dare visibilità ai tentativi, sempre da parte di privati, di dare una risposta reale ai bisogni di chi, prima o poi, dovrà porsi il problema di affidare la sua fragilità a persone che non possono più essere per motivi anagrafici i propri genitori.

 In questo si è cimentato Edo Massa, giovane autore di fumetti e illustratore, nel suo primo libro “Tutti autistici” dedicato a Cascina Cristina, una Community Farm inclusiva dove le persone giovani con autismo, provano a coltivare le loro abilità, in un ambiente il più possibile domestico e non ospedaliero.

In realtà il racconto a fumetti dell’impatto dell’artista con una realtà per lui sconosciuta ha generato un piccolo trattato, quanto mai efficace, di cosa possa essere l’autismo descritto nelle sue quotidiane difficoltà.

L’umiltà nell’approcciare l’indicibile da parte di questo ragazzo che disegna fumetti è esemplare. Intuisce immediatamente quale trappola possano essere gli stereotipi, con il candore che gli permette di impugnare il suo tratto grafico istintivo ed essenziale, in una paginetta riesce a rappresentare quello che nascondono termini complicati del linguaggio clinico come disfunzioni esecutive, disregolazione emotiva, disprassia, problemi di interocezione, iperfocus, ecolalia.

Rappresentano la massa di difficoltà, difficilmente descrivibili, che rappresentano il cammino sui carboni accesi che, ogni persona neuro divergente, percepisce in quello che rappresenta banalmente il quotidiano della maggioranza neuro tipica.

Già sarebbe un passo avanti nella civiltà, se questa graphic novel fosse data come testo didattico ad ogni insegnante di sostegno che ha in carico l’inclusione di uno studente con autismo. Invece di chiamare a casa i genitori a ogni “irregolarità comportamentale” della persona che dovrebbe seguire, saprebbe quale è il giusto protocollo per gestire una crisi, saprebbe che spesso questi ragazzi potrebbero essere “lanciatori di telefoni” (mio figlio lo è di bicchieri). Capirebbe che dietro a un problema di selettività alimentare c’è una sensazione orribile, simile a quella che lui proverebbe se qualcuno gli proponesse di mangiare un piatto di vomito.

Non voglio banalizzare questa opera, di rara leggerezza e altrettanta profondità, non è riducibile a un testo descrittivo dei sintomi dello spettro o al dépliant di un centro di accoglienza.

La parte più intensa del racconto è proprio quella in cui gradualmente prende il sopravvento l’elemento onirico, a mano a mano che l’artista entra in contatto viscerale con il punto di vista autistico sul reale, ogni preconcetto gradualmente tracima in un universo di spontanea sregolatezza che provoca vertigine.

Edo Massa ha assaggiato il peyote che ogni giorno ci somministrano i nostri balzani figlioli, si è reso conto perché veniamo visti come asociali, strambi, anche pesanti alla fine quando vorremmo un mondo a colori, come ce lo fanno sbirciare gli stralunati e amatissimi carcerieri, di cui siamo anche custodi.

 Forse ha persino capito come mai più tutti vorrebbero immaginarci come derelitti, più a noi viene da ridere.

(Gianluca Nicoletti da La Stampa 27/05/2023)

Gianluca Nicoletti

Giornalista, scrittore e voce della radio nazionale italiana. E' presidente della "Fondazione Cervelli Ribelll" attraverso cui realizza progetti legati alla neuro divergenza. E' padre di Tommy, giovane artista autistico su cui ha scritto 3 libri e realizzato due film.

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